Recupero Password
Le “Eroine Pucciniane”, serata musicale all’Aneb di Molfetta
Catanzaro, Lisena, Laudadio, Gaudio
29 marzo 2025

MOLFETTA - Quale modo migliore per onorare la Giornata della Donna che evidenziarne la multiforme e complessa interiorità? Una messa a fuoco del temperamento dei personaggi femminili delle opere liriche di Giacomo Puccini è stato il filo conduttore della serata che si è svolta l’8 marzo nella sede dell’Associazione Nazionale Educatori Benemeriti di Molfetta.

Il Presidente dell’Aneb, prof. Michele Laudadio, presenta gli ospiti di questa manifestazione declinata in diverse forme: l’approfondimento sulla vita e sul “modus operandi” del grande compositore a cura di Marilena Gaudio, l’interpretazione di brani d’opera da parte del soprano Brigida Catanzaro e l’accompagnamento al pianoforte del maestro Vincenzo Lisena.

Marilena Gaudio introduce il tema delle “Eroine Pucciniane” facendo notare che Puccini riesce a delineare i personaggi femminili con maggior efficacia e pathos rispetto a quelli maschili, trascinando il pubblico in un vortice di emozioni e commuovendolo fino alle lacrime. Le figure femminili non sono degli stereotipi, ma creature dinamiche e passionali dietro le quali si celano, talvolta, vicende autobiografie e donne realmente conosciute e frequentate dal musicista, donne dalla personalità complessa, ritratte con i colori più vari, da quelli più delicati ed intimi a quelli più cupi e distruttivi: la vendetta dopo l’abbandono, la spensieratezza della gioventù insidiata dalla povertà e dalla malattia, la gelosia, la speranza del ritorno della persona amata, la gelida insensibilità del cuore, il sacrificio di sé per la salvezza dell’uomo che si ama.

Nell’opera-balletto “Le Villi”, che decretò il successo di Puccini, la protagonista, Anna, saluta il fidanzato Roberto che deve recarsi a Magonza per ricevere l’eredità di una zia e con il cuore pieno di cattivi presagi gli mette nella valigia un mazzetto di “non ti scordar di me” per ricordargli di tornare (Se come voi piccina io fossi…”). Roberto, giunto a Magonza viene irretito da una sirena e dimentica Anna che muore di dolore.

Tornando a casa, povero in canna, Roberto entra nella Foresta Nera e viene circondato dalle Villi, spiriti di donne morte dopo il matrimonio perché abbandonate o tradite, che si vendicano dei fedifraghi facendoli ballare fino allo sfinimento e alla morte. Il fantasma di Anna, animato non più da Amore ma da desiderio di Vendetta, appare e gli chiude la via della fuga, lasciandolo alla mercé delle Villi.

Il bravo soprano Brigida Catanzaro, accompagnata al pianoforte dal maestro Vincenzo Lisena, esegue la romanza  “Se come voi piccina io fossi…”.

La “Bohème”, ambientata nella Parigi del 1830, descrive la vita libera e anticonformista di giovani artisti e letterati che vivono alla giornata condividendo gli scarsi guadagni e cogliendo ogni occasione per divertirsi senza pensare al domani. L’opera alterna momenti di allegria, scherzi, amore, gioia di vivere ad altri di malinconia, ristrettezze, malattia, stenti, proprio come in una realistica rappresentazione della vita.

La vigilia di Natale il poeta Rodolfo sente bussare alla porta: è Mimì che gli chiede di riaccendere il lume che si è spento e poco dopo ha un accesso di tosse, segno della tubercolosi che l’ha colpita. Entrambi i lumi si spengono e Mimì lascia cadere a terra la chiave della sua umile casa; inginocchiati sul pavimento Mimì e Rodolfo la cercano e il poeta, fingendo di non averla trovata, approfitta del buio per prendere la mano della ragazza e riscaldarla. A sua volta Mimì con romantico e delicato abbandono rivela la sua condizione sociale e le semplici gioie della sua vita cantando “Sì, mi chiamano Mimì, ma il mio vero nome è Lucia…”. I due giovani si baciano e raggiungono gli altri Bohémiens con i quali fanno festa al caffè Momus.

Ben presto le incomprensioni, i litigi e la gelosia di Rodolfo rovinano il rapporto dei due amanti, finché Mimì, consumata dalla tisi, chiede di poter tornare nella soffitta dove era sbocciato il suo amore per Rodolfo. Qui gli amici si prodigano in ogni modo per alleviare le sofferenze di Mimì che, ricordando con tenerezza i bei giorni passati, si spegne circondata dall’affetto dei suoi amici, tra le braccia di Rodolfo.

Interessante nella “Bohéme” è “la tecnica delle reminiscenze” che consiste nel creare dei brevi motivi conduttori che vengono introdotti all’inizio dell’opera, quando trionfano amore, gioia e spensieratezza, e ripresi durante e alla fine della stessa come ricordi di un tempo felice che non c’è più. In questo modo il cerchio si chiude e l’inizio e la fine dell’opera si ricongiungono.

Mimì è una giovinetta povera, dall’animo gentile a cui la vita non ha offerto molte possibilità di scelta e, come molte ragazze giovani e povere della Parigi dell’Ottocento, “indotta” a concedere le proprie grazie a uomini facoltosi che danno loro la possibilità di condurre una vita lussuosa, fintanto che dura la loro freschezza e la salute.

Segue l’intermezzo musicale della soprano e del pianista col canto dell’aria “Mi chiamano Mimì “e l’ascolto della registrazione di “Che gelida manina” interpretata da Mario del Monaco.

Il sentimento dominante della “Tosca” è la gelosia che induce la protagonista a compiere dei gesti sconsiderati che porteranno alla morte il suo innamorato Mario Cavaradossi, il rivoluzionario Cesare Angeletti e lei stessa.

L’opera è ambientata a Roma, dopo la caduta della Repubblica Romana nata sull’onda del bonapartismo: giunge nella città la notizia (rivelatasi poi falsa) che Napoleone è stato sconfitto a Marengo, perciò riprende vigore la caccia ai rivoluzionari condotta dalla spietata polizia pontificia, capeggiata da Scarpia, uomo di specchiata moralità all’apparenza, ma nella sostanza corrotto e sadico. Dopo l’arresto di Cavaradossi, Scarpia che ama in modo morboso Tosca, per far sì che ella si conceda, usa come arma di ricatto le grida strazianti del suo innamorato sottoposto a tortura. La donna fa prima firmare a Scarpia un salvacondotto per sé e il suo amato, poi finge di cedere ma, stretta in un amplesso dal suo sadico persecutore, lo uccide con un coltello preso da una tavola imbandita.

Questo è il passaggio di maggiore intensità drammatica della “Tosca”, dove il pathos raggiunge l’apice grazie ai continui colpi di scena ed alla musica che diventa essa stessa protagonista e motivo di angoscia e turbamento.

Già dalle prime note della partitura, il personaggio di Scarpia è introdotto da tre accordi abbinati, che formano il cosiddetto “tritono diabolico” usato nella tradizione per annunciare l’arrivo di satana. Infatti Scarpia come un demone tesse una tela malefica in cui cadono tutti i protagonisti della storia: inganna Tosca facendole rivelare il nascondiglio di Angeletti e credere di poter fuggire con il suo amante grazie ad un salvacondotto; inganna Cavaradossi dandogli l’illusione che la sua fucilazione sia solo una messinscena; inganna se stesso, divenendo vittima della sua stessa macchinazione.

Nel secondo atto la tensione drammatica che percorre tutta l’opera viene stemperata da una melodia dal grande impatto emotivo, “Vissi d’arte” che viene interpretata con maestria da Brigida Catanzaro e il pianista Vincenzo Lisena.

Eroina della fedeltà, dell’attesa e della speranza è Cio Cio San, geisha giapponese di 15 anni, protagonista di “Madama Butterfly”. Ambientata ai primi del Novecento, la storia comincia a Nagasaki dove Pinkerton, tenente della Marina Americana, si innamora di Cio Cio San e la sposa secondo la legge giapponese che gli dà il diritto di abbandonare la moglie già dopo un solo mese di matrimonio. Una volta sposata, in segno di fedeltà al marito, la ragazza prende il nome di Madama Butterfly e si converte al cristianesimo.

Il matrimonio che per la geisha è un legame indissolubile che suggella un grande amore, per Pinkerton è solo un capriccio, una formalità a cui pensa di contravvenire già prima della cerimonia nuziale: “Bevo al giorno in cui mi sposerò con vere nozze, a una vera sposa…americana “. Subito dopo le nozze, Pinkerton parte promettendo di tornare presto, ma si fa vivo solo dopo tre anni con la nuova moglie americana e con lo scopo di prendere con sé il figlio nato da lui e da colei che considera un’avventura del passato.

Butterfly lascia che il figlio parta per l’America per dargli un futuro e fa harakiri con lo stesso pugnale con cui anni prima si era ucciso suo padre per ordine dell’Imperatore. In questo modo ancora una volta il cerchio si chiude anche grazie all’effetto di temi musicali ricorrenti (leitmotiv) che accompagnano la comparsa in scena dei personaggi o che associano momenti diversi dell’opera, creando un continuo rimando intessuto di ricordi, reminiscenze, nostalgia.

Di “Madama Butterfly” la cantante e il pianista eseguono l’aria più conosciuta e struggente, “Un bel dì vedremo”.

Infine Marilena Gaudio presenta l’opera “Turandot”, la grande incompiuta del Maestro, dominata dai contrasti e dal senso del mistero fin nell‘ambientazione nella remota Cina. La gelida principessa Turandot rifiuta ogni uomo che la chieda in moglie perché una sua antenata era stata violentata e uccisa da un Tartaro e lei ha giurato di vendicarla: ogni pretendente che chiede la sua mano deve rispondere a tre indovinelli, se non ci riuscirà sarà decapitato. Molti giovani aspiranti si erano presentati ma nessuno aveva superato la prova, perdendo così la vita.

Il principe Calaf, figlio di Timur, re spodestato dei Tartari, giunge a Pechino e, in mezzo alla gente che affolla la piazza antistante la reggia, riconosce il padre con la sua fedele schiava Liù.

All’apparizione della bella principessa Turandot, se ne innamora e decide di affrontare le tre prove necessarie per averla in sposa che risolve con grande sorpresa di tutti; poiché la principessa non vuole comunque piegarsi alle nozze, egli le dà la possibilità di sciogliere il patto, se indovinerà entro l’alba il suo nome.

Turandot ordina ai suoi sudditi di setacciare per tutta la notte la città (“Nessun dorma”) alla ricerca di qualcuno che possa conoscere il nome del suo pretendente; vengono fermati il padre di Calaf e Liù che preferisce suicidarsi piuttosto che rivelare il nome dell’uomo di cui è innamorata.

Giunge l’alba, Turandot ha perso e Calaf la affronta e la bacia, sciogliendo il suo cuore di ghiaccio; tuttavia con grande nobiltà d’animo, per non forzarla alle nozze, le confida il suo nome, consegnando la propria vita al suo arbitrio. Davanti all’imperatore suo padre ed alla folla esultante Turandot dirà: “Il suo nome è… Amor”.

A questo punto l’opera rimane incompiuta, si è detto a causa del cancro alla gola che portò Puccini alla morte; si ha però l’impressione che il maestro non abbia voluto terminarla e abbia inteso concluderla con il suicidio di Liù, parendogli questa la più degna delle conclusioni. D’altra parte nei due anni di vita che gli rimanevano il Maestro, che avrebbe potuto completare ampiamente il suo lavoro, sembra fluttuare nella nebbia dell’indecisione.

Il trionfo dell’amore tra Calaf e Turandot, prefigurato in fase progettuale come il finale dell’opera, potrebbe essergli sembrato in stridente contrasto con il sacrificio di Liù, tanto che Puccini non se la sentì di comporlo. Tuttavia siamo nel campo delle ipotesi.

Forse per questo Marilena Gaudio ha deciso di concludere l’evento con l’aria di Liù, il personaggio più vicino alle altre eroine pucciniane, “Tu che di gel sei cinta”, perfettamente eseguita dalla soprano e dall’ottimo pianista. Viene anche fatta ascoltare la romanza “Nessun dorma”, interpretata da Luciano Pavarotti che l’ha fatta conoscere al grande pubblico grazie alle sue frequenti esecuzioni.

Maddalena Azzollini

Nominativo
Email
Messaggio
Non verranno pubblicati commenti che:
  • Contengono offese di qualunque tipo
  • Sono contrari alle norme imperative dell’ordine pubblico e del buon costume
  • Contengono affermazioni non provate e/o non provabili e pertanto inattendibili
  • Contengono messaggi non pertinenti all’articolo al quale si riferiscono
  • Contengono messaggi pubblicitari
""
Quindici OnLine - Tutti i diritti riservati. Copyright © 1997 - 2025
Editore Associazione Culturale "Via Piazza" - Viale Pio XI, 11/A5 - 70056 Molfetta (BA) - P.IVA 04710470727 - ISSN 2612-758X
powered by PC Planet