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Il Signor refuso episcopello
15 luglio 2010

<p>Diventa sempre pi&ugrave; diffusa la sensazione di vivere la fine di un&rsquo;epoca, il tramonto di un&rsquo;illusione durata 15 anni (per chi ci ha creduto) e, in realt&agrave;, pi&ugrave; di vent&rsquo;anni, comprendendo anche il periodo di Tangentopoli, con una rivoluzione mancata e uno Stato corrotto, decadente, furbo, perennemente in crisi, che ha perpetuato se stesso e ora sembra essere arrivato al capolinea per mancanza di risorse. Non parliamo solo di risorse economiche, che pure sono deficitarie, ma di risorse umane che non siano i soliti imbonitori di turno, ma soprattutto di risorse morali, quando perfino la Chiesa, colpita da scandali e contraddizioni, ha difficolt&agrave; a parlare alla gente e soprattutto ad essere credibile, in una societ&agrave; del mordi e fuggi, dove l&rsquo;alternativa &egrave; il sacrificio che non vuole pi&ugrave; nessuno. Lo strapotere televisivo voluto e imposto al &ldquo;popolo bue&rdquo; incosciente e recettivo, senza pi&ugrave; capacit&agrave; di critica, ha avuto il suo &ldquo;messia&rdquo; in un cavaliere capace di mentire perfino a se stesso, riuscendo a trovare una vasta platea consenziente e plaudente per mero opportunismo. Oggi ci ritroviamo pieni di incertezze, con famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese, mentre sono costrette a mantenere figli senza futuro, che perpetuano, per necessit&agrave;, la dipendenza economica dai genitori, almeno fino a quando il risparmio non si esaurir&agrave; e finir&agrave; la grande illusione. Quel momento ognuno di noi lo avverte sempre pi&ugrave; prossimo e non sa come reagire. Preferiamo non pensarci, sia per evitare di soffrire, sia per allontanare il dolore, sia perch&eacute; non abbiamo una soluzione alternativa. Ma &egrave; giunto il momento di fare i conti col presente, soprattutto quando il grande imbonitore non riesce pi&ugrave; a mentire, perch&eacute; a corto di argomenti. Consentiteci una parentesi letteraria, sempre attuale che, forse, pu&ograve; offrire un quadro pi&ugrave; esaustivo del presente. Tra i romanzi storici che amiamo, un posto prioritario lo occupa sicuramente &ldquo;I promessi sposi&rdquo;, che tutti conosciamo, ma che forse, in pochi, hanno letto come metafora del tempo presente, rivelatore di uno spirito nazionale, di un costume italico, forse dell&rsquo;unica vera identit&agrave; nazionale che ci ha accomunato dal Seicento ad oggi. Viviamo un&rsquo;epoca caratterizzata dalla preponderanza del fattore economico che diventa &ldquo;valore&rdquo; nell&rsquo;era della globalizzazione, generando individui isolati e incapaci di gestire la propria creativit&agrave;. Oggi, complice la tv, si va avanti per modelli precostituiti e offerti come pacchetti gi&agrave; pronti al consumo di massa. Si tratta di modelli sociali senza regole o con regole gi&agrave; prestabilite, di comportamento di massa dove non &egrave; importante il contenuto, ma il contenitore. Insomma, l&rsquo;apparire pi&ugrave; che l&rsquo;essere. La politica nazionale si fa alle cene organizzate da giornalisti di regime, dove si decide del futuro dell&rsquo;Italia, al di fuori del Parlamento, ormai ridotto a consorteria di servi, di finti laudatores di nuove libert&agrave;, che nascondono una reale sudditanza al feudatario di turno. Non fa eccezione il consiglio comunale di Molfetta, dove &egrave; impossibile discutere, dove non &egrave; lecito opporsi al volere del sultano e dove va in scena l&rsquo;ennesimo film di una messa celebrata dal sindaco dove tutti devono annuire in silenzio e nessuno deve interrompere questa celebrazione (blasfema) e chi si oppone &egrave; colpevole di sacrilegio, per aver osato contraddire il &ldquo;Verbo&rdquo; Azzollini che celebra se stesso e il suo potere. Dall&rsquo;altro lato c&rsquo;&egrave; un&rsquo;opposizione timida che non riesce ad esprimere una critica costruttiva e decisa e quando lo fa, con una malcelata timidezza, offre il destro al sindaco celebrante, di aggredirli e insultarli. Il Pd &egrave; sempre alla ricerca di se stesso, incapace di rinnovarsi e trovare una classe dirigente alternativa, accontentandosi di perpetrare se stessa e i suoi dirigenti, con qualche nome nuovo, ma metodi antichi: il nuovo &egrave; pi&ugrave; vecchio del vecchio, senza argomenti, senza una capacit&agrave; progettuale, senza prospettiva politica. Per non parlare di Rifondazione comunista, chiusa nei suoi dogmi, sconfitti dalla storia e ai quali si aggrappa per mancanza, anch&rsquo;essa, di una classe dirigente efficace, invocando vecchie ideologie, dividendosi e frazionandosi a sua volta in modo includente, col risultato di dare l&rsquo;impressione di non esistere se non su qualche manifesto di protesta e su qualche documento di condanna, lontano dalle esigenze delle masse, non pi&ugrave; alla ricerca di valori sociali, ma economici. La coscienza di classe &egrave; stata sostituita da una coscienza economica, il proletariato come consumatore sognante. Avere l&rsquo;ultimo modello di cellulare, in questa societ&agrave; edonistica, materialistica e superficiale, &egrave; diventato il nuovo diritto da difendere. Ecco che Rifondazione, anch&rsquo;essa alla ricerca di un&rsquo;eredit&agrave; e di identit&agrave;, combatte battaglie perdute contro un nemico inesistente, magari inventandosi un nuovo nemico, che serve solo ad illudersi di esistere, incapace com&rsquo;&egrave; di parlare alla gente, ai lavoratori ormai delusi e disincantati perfino dal sindacato. Intanto, per una sorta di legge del contrappasso, lo stesso sindaco, nel ruolo di senatore &egrave; costretto a recitare la parte dell&rsquo;episcopello come relatore della Finanziaria, dove Tremonti gli impone la proposizione di emendamenti impresentabili (insufficienza dei 40 anni di contributi per la pensione, blocco delle tredicesime, tagli ai disabili). Cos&igrave; il senatore azzurro acquista indulgenze per il suo futuro politico quando non potr&agrave; pi&ugrave; fare il sindaco, n&eacute; il senatore, come prevede il regolamento del suo partito, dopo ben 17 anni di mandato parlamentare. Il &ldquo;Signor refuso&rdquo;, in pratica si prepara ad incassare il premio per il &ldquo;gioco sporco&rdquo; di cui si &egrave; fatto carico per il governo di Berlusconi. L&rsquo;episcopello era un&rsquo;antica usanza medievale in occasioni religiose, ma che aveva un carattere profano e licenzioso. Lo sciocco del villaggio (o il bambino pi&ugrave; ingenuo) veniva agghindato come un prete ridicolo (da qui il termine &ldquo;episcopello&rdquo;) e portato in processione fino al un luogo preposto per lo svolgimento di una messa blasfema. L&rsquo;episcopello, esageratamente avvolto in stole clericali, recitava i passi della messa, ma lo faceva parodiando il vero testo, sostituendo i versi originali con altri blasfemi e stupidi. Poi, alla consacrazione dell&rsquo;ostia, l&rsquo;episcopello veniva obbligato a mangiare escrementi e a bere urina, tra le risate dei presenti. Cos&igrave; Azzollini presenta emendamenti sui quali &egrave; destinato ad essere smentito e che saranno prontamente ritirati, dopo le proteste generali. Rileggetevi le pagine dei Promessi Sposi durante queste vacanze, non vi sembreranno un romanzo storico ambientato nel &lsquo;600, ma un saggio dei nostri giorni e provate a sostituire personaggi e situazioni del Manzoni per ritrovare casi di straordinaria attualit&agrave;. E, forse, vi verr&agrave; la voglia di reagire, superando stanchezze e disillusioni, speranze svanite di un possibile cambiamento. Noi come giornalisti stiamo sostenendo una battaglia contro la legge bavaglio, per continuare a informarvi raccontando quello che tutti non dicono e che i politici vorrebbero nascondere: scandali, corruzioni, tangenti, abusi di potere, conflitti di interesse ecc. A Molfetta occorre pretendere che le sedute del consiglio comunale siano riprese con telecamere le immagini diffuse in diretta (come aveva promesso il presidente Nicola Camporeale). Quindici invita tutti, mass media e cittadini a fare pressione in tal senso: sarebbe il primo passo verso quella riscossa della societ&agrave; civile, per dare una spallata alla seconda repubblica che, in realt&agrave;, si &egrave; rivelata solo un prolungamento della prima anche peggiore. Quella riscossa che ci fece urlare un tempo, che sembra ormai lontano: &ldquo;Restituire la citt&agrave; ai cittadini&rdquo;. E&rsquo; un nostro diritto, pretendiamolo!</p>

Autore: Felice De Sanctis
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