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XXX Congresso Molfettesi nel Mondo: la città abbraccia i suoi figli lontani
15 settembre 2011

La storia dell’emigrante è antica, trova le sue radici nell’ansia dell’uomo alla ricerca di migliorare la sua condizione e quella della propria famiglia. E col migliorare se stessi, migliorano il loro paese ed il paese in cui sono giunti. L’immagine neorealistica per noi rimane la valigia ed una banchina del porto, le donne con i figli, un fazzoletto svolazzante, la malinconia e la speranza. Sono queste le parole con cui Tommaso Minervini, ex sindaco della città e primo promotore del «Molfetta Day», ha illustrato, durante la cerimonia di inaugurazione del congresso, le condizioni e i sentimenti comuni a tutti gli emigranti costretti a cercare fortuna altrove per far fronte alle necessità proprie e della propria famiglia. Questo l’argomento principale che ha contraddistinto il XXX Congresso dell’Associazione «Molfettesi nel mondo», patrocinato dalla Regione Puglia, dalla Provincia di Bari e dal Comune di Molfetta. Protagonisti gli emigranti tornati a Molfetta, costante il ricordo di dei due padri dell’evento cittadino, Rodolfo Caputi, fondatore dell’associazione, e di don Tonino Bello. Identità culturale, connubio di amore e attaccamento alla propria città, «convivialità delle differenze». Sono stati questi i valori che hanno tenuto insieme, come un filo rosso, tanti molfettesi (definiti come «ambasciatori dei valori della città») residenti in altri continenti e impazienti di tornare a respirare i profumi della loro tanto amata e desiderata città. Il fenomeno dell’emigrazione è fatto dagli emigrati, ha ricordato il vicesindaco Pietro Uva durante l’inaugurazione del Congresso: uomini in carne ed ossa, che con le loro storie, le loro speranze, le loro paure e debolezze, i loro diritti (e i loro doveri), la loro creatività, la voglia di rendersi utili, hanno dovuto affrontare tante peripezie per cercare lavoro e inserirsi in un nuovo contesto sociale, a loro del tutto estraneo. Doverosa la constatazione del tema scottante dell’emigrazione giovanile, che è oggi una nuova piaga sociale, che si potrebbe ridurre «movimentando la ricerca e sfruttando al meglio le potenzialità dei nostri intellettuali». Regalo esclusivo per i 30 anni dell’Associazione «Molfettesi nel mondo», il libro «Il cuore al di là degli oceani», redatto dal giornalista e scrittore Giovanni La Candia, in collaborazione con Luigi Bisceglie, segretario dell’associazione, con la prefazione di Felice de Sanctis, giornalista professionista della Gazzetta del Mezzogiorno e direttore di Quindici. Questa «piacevole fatica», così definita dall’autore, si è resa possibile grazie anche al contributo delle notevoli fonti giornalistiche accumulate nel corso degli anni e ritrovate all’interno di giornali locali e nazionali. E si configura come un doveroso e giusto omaggio all’associazione, la cui attività è stata sempre svolta con dedizione per mantenere un legame sempre vivo e saldo tra la città di Molfetta e le comunità di molfettesi all’estero. Definito una «poesia dei sentimenti» dalla dott.ssa Maria Pia Facchini, il libro sembra quasi rievocare una «pellicola in bianco e nero che racconta la storia di un popolo che non si è mai fatto vincere né dalla fame, né dalla crisi economica», rimboccandosi le maniche e preparando le valige per affrontare un lunga storia di emigrazione. Ma il viaggio nei ricordi non è ancora terminato. La punta di diamante tra tutte le manifestazioni organizzate dall’associazione è il «Molfetta Day». Organizzato in collaborazione con il Comune di Molfetta, questo evento è dedicato ai molfettesi emigrati e residenti in vari Paesi nel mondo. Dolorosa è la scelta che ha portato i nostri concittadini ad allontanarsi in mare aperto all’insegna di un futuro incerto, ma sicuramente migliore rispetto a quello che la Patria poteva loro offrire. Proprio il mare, fonte di ricchezza e attività principale della città di Molfetta, secondo il consigliere Mino Salvemini (Pd), «rappresenta la metafora dell’unione e della divisione tra le comunità di emigranti e la loro Patria», poiché mezzo con cui le migrazioni dei secc. XIX e XX si sono rese possibili. Con il ricordo ancora vivo nel cuore, Michele Pierro (rappresentante degli 8 italo- argentini arrivati in Italia mediante l’interessamento del consigliere comunale con delega agli Esteri, Benito Cimillo), ha sostenuto che «la bellezza della nostra Patria e della nostra città non hanno paragoni. Si può rimanere estasiati dinanzi ad un grande monumento o ad un’opera d’arte, ma quelle piccole pietre delle case della nostra città superano ogni pregio artistico, perché quelle pietre sembrano parlarci e riportare alla mente vecchi ricordi». Anche gli interventi di Mons. Vescovo Luigi Martella e del sindaco Antonio Azzollini, hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza di stringersi intorno agli emigranti molfettesi per non farli sentire mai soli, anche se lontani dalla loro Terra d’origine. La cerimonia si è conclusa con la premiazione dei rappresentanti delle delegazioni degli emigranti molfettesi. La prima targa onorifica è stata conferita a Felice Morolla (rappresentante delle delegazione italiana di Fremantle). A seguire sono state consegnate le stesse targhe anche Antonio Paparella (rappresentante della delegazione statunitense), Salvatore Cafagna (rappresentante della delegazione tedesca) e Giuseppe Cardillo (rappresentante della delegazione venezuelana). Se per l’esule Enea, il viaggio di ritorno a Itaca si compie, per i nostri concittadini emigrati resta solo la malinconia di non poter tornare definitivamente in Patria poiché ormai integrati in nuove città che non hanno scelto di abitare per piacere, ma solo per necessità. La necessità di una vita migliore, lontana dagli stenti che il Paese d’origine poteva offrire loro.

Autore: Angelica Vecchio
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