Varato il motopesca Leonardo: fine dell'ultimo cantiere di Molfetta
Il varo di un bastimento nuovo è un evento! Per il Costruttore è il “punto di arrivo” del suo lavoro, della sua perizia; il coronamento di tante fatiche, tanti piccoli, grandi problemi che si presentano nel corso dell’opera, e che devono essere risolti per poter proseguire, conscio del fatto che dalla qualità, dalla sicurezza che la sua opera sarà in grado di assicurare ai marinai, dipende anche la vita dell’Equipaggio. Per l’Armatore/Capitano è invece il punto di partenza per nuove esperienze di lavoro: anche il Capitano più provetto, con più esperienza, ha bisogno di sentire la nuova creatura, instaurare con essa, il feeling che consente al complesso uomo- macchina di interagire proficuamente e soprattutto in sicurezza. E’ un evento felice, gioioso, coinvolgente! Lo è stato anche il varo del M/P Leonardo dei fratelli Carlo ed Emanuele Cassanelli di Bisceglie, avvenuto la mattina del 23 febbraio. La barca è stata costruita, in circa quattro anni di attività – discontinua, per non immediate necessità di disporre della nuova costruzione ed ha sostituito l’omonima barca, più piccola, in legno il cui scafo, svuotato di tutto, sarà demolito. E’ lunga m. 29,70; larga m 7,5; stazza di 107 GT (gross tons); sarà adibita alla pesca volante, che svolgerà in zone dell’Adriatico più pescose delle nostre, per la cattura del così detto pesce azzurro. Infatti è stata concepita ed allestita, con attrezzature di nuova generazione, adatte a questo tipo di pesca. Da anni, con passione, seguo le vicende dello Scalo di Molfetta. Questo ennesimo varo a cui ho assistito, ben lungi da vedermi… assuefatto all’evento, che comunque è sempre spettacolare, mi ha fatto riflettere su quanto accade e accadrà in futuro. La situazione dei Cantieri è stata da me descritta, nella sua criticità, in molte occasioni. La speranza, mia e anche di alcuni degli eroici Imprenditori operanti nello Scalo di Molfetta, è sempre quella del verificarsi di un’inversione di tendenza drastica: che ricomincino ad arrivare ordinativi di nuove barche; che la crisi finalmente smetta di mordere la carne viva di tutti: Lavoratori ed Imprenditori. Che si fermi la… desertificazione dell’area dei Cantieri di Molfetta. Ovviamente, per quel che mi riguarda, non essendo direttamente coinvolto né nell’una, né nell’altra delle categorie, rimane sempre viva la speranza che il rilancio, oltre che dare nuova linfa al settore, riesca a preservare il patrimonio culturale, tecnologico e storico. E’ allora con questo spirito che, nei giorni precedenti il varo, durante la cerimonia medesima, parlando ed osservando i protagonisti dell’evento, credo di avere colto i loro stati d’animo. Ovviamente gli Armatori – i fratelli Carlo ed Emanuele – avendo fermato la loro attività: il vecchio Leonardo giace sulle taccate come una cadavere privo perfino delle viscere (vi assicuro che, guardare una nave in disarmo e sapendo che essa è stata un luogo in cui si lavorava, si viveva, mentre ora è un essere morto, freddo, è un’esperienza spiacevole). La nuova creatura, il nuovo Leonardo, imponente, elegante, fiammante di vernice stesa di fresco, irto di antenne e sensori, in frenetica attività per il completamento di tutte le operazioni tecniche necessarie a far sì che un ammasso di metallo nuovo, pieno di meraviglie della tecnologia e della scienza diventi una barca che si metta a pescare. Erano freneticamente ansiosi di completare tutto e vedere finalmente in mare il Leonardo, per poter riprendere la loro attività di pesca. Atteggiamento simile, ma di segno opposto, i fratelli Gaetano e Luigi Salvemini: i costruttori. Non vedevano (letteralmente) l’ora di disfarsi della loro opera. Consci del fatto che questa barca il cui scafo piuttosto grande, per anni ha fatto mostra di sé sullo scalo, quasi a mantenerlo in vita un po’ come si fa con i corpi in coma profondo, prima possibile avrebbe dovuto lasciare le taccate ed andare in mare: nel suo elemento. Tagliare definitivamente il collegamento con le costruzioni navali e liberare, letteralmente la zona di cantiere di loro gestione, avendo deciso, già da tempo, di convertire la loro attività, perla terza volta – nel mio libro: “Come nasce un peschereccio”, all’atto della prima conversione industriale nel 2005, li avevo indicati come i pionieri delle costruzioni in ferro, nei Cantieri di Molfetta. Erano stati i primi a costruire il M/p in ferro Elena. D’ora in poi si dedicheranno al rimessaggio nautico da diporto! Alle 10,50 circa, dopo la benedizione di rito officiata da mons. Pichierri arcivescovo di Trani- Barletta-Bisceglie, la tradizionale rottura della bottiglia di champagne (si è rotta al primo tentativo, dissipando i timori degli Armatori che, per una leggenda consolidata, vedono segnali non fausti, sulla fallita rottura al primo impatto), in un tripudio di gioia dei presenti, dopo aver consumato un sontuoso buffet messo disposizione dall’Armatore, lo scafo è sceso solennemente in mare: ha galleggiato dritto e perfettamente, come altrimenti non poteva essere.
Autore: Tommaso Gaudio