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Vacciniamoci, ma senza fare i furbi
15 gennaio 2021

Cercherò, mi sforzerò, ma i miei 25 lettori di manzoniana memoria, mi perdoneranno se non ci riuscirò, se non sarà questa la prima volta in cui sarò diplomatica”. La mia libertà finisce dove comincia la vostra” e se lo affermava Martin Luther King, questa dichiarazione di tolleranza e di rispetto, dovrebbe continuare ad essere verbo. Abbiamo un vaccino, finalmente, possiamo pensare all’inizio della fine, a cominciare ad assistere alla discesa della parabola del contatore dei morti, dell’indice dei contagi. Abbiamo una soluzione, finalmente, faticosamente, abbiamo la possibilità di proteggerci e di proteggere chi amiamo, i nostri figli, i nostri vecchi, radici che ci tengono tenacemente ancorati a valori antichi, risorse, ossigeno ed humus per generazioni cui lasciamo un mondo brutto, egoista. Non avevamo un vaccino e gli esperti virologi ed epidemiologici con competenze acquisite grazie a lauree conseguite all’università di Google, si sono stretti a coorte, pronti alla morte, pur di diffondere critiche verso un governo, reo, a loro dire, di non saper fare fronte ad una pandemia. Abbiamo un vaccino, e gli stessi esperti che, nel frattempo, hanno acquisito ulteriori specializzazioni su You Tube, hanno voluto diffondere la loro eloquentia: il vaccino è nocivo, produce controindicazioni, ergo… questa vaccinazione non s’ha da fare. Voglio continuare a rimanere educata e ad adire a un aplomb che non mi contraddistingue, ma mi chiedo: chi sono costoro che, arbitrariamente, senza nessuna cognizione ma solo attraverso diffusione di fake, si sentono il dovere di sputare sentenze? Poveri, miseri, inutili, vacui, vani, sterili cercatori di miraggi nella miniera della notorietà, disposti a negare l’innegabile pur di non cadere nell’oblio, per una manciata di likes, unica gratificazione per una vita grama, senza alcun riconoscimento sociale. Ed allora, pronti, via! Parte la lotteria con primo premio alla fake più eclatante, quella che grida al gomblotto delle case farmaceutiche, riunitesi in cartelli massonici per assoggettare sistemi sanitari ai loro biechi interessi economici. Secondo premio alla fake secondo cui il virus è stato creato in laboratorio, lo stesso che detiene il vaccino, la cura, ma che non la diffonde per mantenere uno status di supremazia sulle altre potenze mondiali. Ex aequo per la fake secondo la quale il virus è una forma influenzale leggermente più grave e la fake per la quale il corteo dei mezzi dell’esercito che trasportavano feretri, era solo un video creato ad arte per incutere terrore e costringerci a casa. Smettetela, non è il momento, non lo è mai stato. Finitela di remare contro. E’ l’ora di restare uniti, di incamminarci verso un obiettivo comune: riprendere la vita ante Covid, con quelle libertà che oggi appaiono lussi negati, limitazioni. Vacciniamoci, rispettando la calendarizzazione, senza ricorrere a santi protettori per cercare di arrivare primi rispetto a categorie che hanno pagato tributi altissimi nella lotta al COVID, perché purtroppo, giungono segnalazioni da parte di medici in prima linea, di colleghi che, in sedi meno esposte, in uffici, hanno avuto prioritario accesso alla vaccinazioni. La volontarietà è un atto di rispetto, non è un’imposizione ma deve riportarci a pensieri più alti ma fisiologici: l’amore per il prossimo, la cura verso gli altri. Non è giustificabile e condivisibile l’ideologia no vax secondo la quale gli effetti collaterali sarebbero più deleteri dell’immunità. Deprecabile appare l’attività di chi rema contro, di chi si arrampica sugli specchi adducendo pretesti confutabili. Vaccinarsi è senso di civiltà e senza ricorrere ai massimi sistemi, occorre ricordare la validità dei vaccini e delle scoperte in campo medico. E se ciò non bastasse ancora, vale la pena sottolineare i costi ingenti che la sanità ha dovuto sopportare a causa del COVID, anche a causa di coloro che non sono stati affatto diligenti salvo poi scoprirsi positivi, salvo poi fare come San Paolo e convertirsi. La loro libertà è un nostro limite, una spada di Damocle che pende sulla collettività, su tutti. “Io so questo: chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene” (Pierpaolo Pasolini). Repetita iuvant. Vale sempre. © Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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