Una “vivace” fine d’anno a Molfetta…
Era la sera del 31 dicembre 1900 e mancava poco all’inizio del nuovo anno. La gente era particolarmente infervorata nell’attendere la mezzanotte perché avrebbe festeggiato, con speranza e fiducia, anche il passaggio al secolo XX°. Per l’occasione il Corpo musicale di Molfetta, ad iniziativa del Sindaco, percorreva le vie della Città e, a rallegrare ancor più l’atmosfera, per un sano divertimento, alla banda si erano uniti alcuni cittadini con una improvvisata fiaccolata. Ad un tratto, in via Borgo, nei pressi del monumento a Mazzini, il fabbro socialista Giuseppe Bozio, alla testa di alcuni suoi correlegionarii1 (tra cui Bartoli e Mancini, che cercarono poi di testimoniare a suo favore) – ai quali si rivolse come un direttore d’orchestra – cominciò a cantare l’inno dei lavoratori (di Filippo Turati) suscitando sconcerto tra i presenti. Ad evitare possibili conseguenze interveniva il Delegato di P.S. il quale, impedendo la prosecuzione del canto, ordinava l’arresto del Bozio il cui contegno aveva creato momenti di disturbo e tensione all’ordine pubblico. Il funzionario, “con modi gentili ma decisi’’ riusciva a calmare la popolazione – che già sembrava abbandonarsi ad una dimostrazione puramente politica – mentre i compagni del Bozio si dileguavano nella folla. Il Corpo Musicale poteva, pertanto, proseguire nel suo giro e, nel giungere in piazza Vittorio Emanuele, mentre i soci del Circolo liberale monarchico applaudivano, tale Muti Nicola profferiva motti offensivi e, con tono arrogante, incitava la folla col dire “prendiamoli a sassate” accingendosi egli, per primo, a farlo; non vi riuscì, perché fera subito afferrato dalle guardie 1. Così in sentenza. municipali e arrestato. Poco dopo, anche il giovane marinaio MANCINI Giuseppe ebbe il “ticchio” di emettere grida sediziose “Viva i Socialisti, abbasso i Monarchici” rimaste isolate e senza conseguenze. Il sopraggiungere della mezzanotte e gli auguri scambiati con l’entusiasmo del momento distoglievano la folla dall’accaduto man mano dimenticato. * * * Spentasi l’euforia per il nuovo anno/secolo, il singolare episodio aveva il suo seguito processuale: per tenuità del reato il giudizio era, infatti, rimesso dal Giudice Istruttore al Pretore di Molfetta il quale, previa provvisoria “escarcerazione” di Bozio e Muti, nell’udienza del 22 marzo 1901 – uditi il Pubblico Ministero dott. Giuseppe Peruzzi nonché il difensore degli imputati avv. Leone Mucci – emetteva la sentenza n. 47/19012 di condanna, con le attenuanti generiche, di: a) Bozio Giuseppe, di anni 28, a mesi 2 e giorni 15 di de- 2. In Archivio Centrale dello Stato. tenzione e lire 41 di multa “per aver incitato all’odio fra le varie classi sociali in modo pericoloso per la pubblica tranquillità’’; b) MUTI Nicola, di anni 23, a giorni 25 di detenzione “per aver istigato a commettere il detto reato”; c) Mancini Giuseppe, di anni 18, a giorni 10 di arresto (anche perché minorenne) “per contravvenzione all’art. 3 della legge di P.S.”3. Tutti erano tenuti in solido alla tassa unica di sentenza e alle spese processuali mentre, per Bozio e Muti, era computato il carcere preventivo sofferto. * * * La motivazione della sentenza sembra propendere, con linguaggio alquanto paludato, per una certa simpatia monarchica. Infatti, più che valutare la effettività del reato ex se (ritenuto scontato), non condi- 3. Legge 23 dicembre 1888, n. 5888 (in G.U. 30 giugno 1889, n. 153). La norma parla di arresto fino a tre mesi per le grida e manifestazioni sediziose emesse nelle riunioni e negli assembramenti in luogo pubblico o aperto al pubblico.