Una storia che scalda il cuore: Giulio Mastromauro presenta a Molfetta il suo nuovo film, Nuvola
Reduce dallo straordinario successo del suo ultimo cortometraggio “Carlo e Clara” (premiato ai David di Donatello), il regista molfettese Giulio Mastromauro, ci racconta una nuova storia, un vero e proprio omaggio alla sua città natale, Molfetta. Il cast è davvero eccezionale, a cominciare da Mimmo Cuticchio, Giulio Beranek e Virginia Gherardini, fino alla piccola “Nuvola” Marta Stallone, una bambina di appena un anno, dai grandi occhi che parlano. Quindici ha scambiato qualche riflessione sul suo nuovo film e non solo, proprio con il giovane regista che nonostante i numerosi impegni, umile come sempre, ha risposto alle nostre domande mostrando passione e dedizione per il suo lavoro. Innanzitutto raccontami la trama del film, ovviamente decidendo tu quanto svelare. «Le persone sono come le nuvole… di passaggio”. Da questa riflessione concepita in una fredda mattina autunnale è nata l’idea di “Nuvola”. Il film si apre con una donna che, sulla prua di una nave, racconta ad un ragazzo la storia di Filippo, professore in pensione rimasto solo dopo la morte della sua amata: “Il giorno che sua moglie morì, gli sembrò che la morte avesse fatto il lavoro a metà. Per giorni e giorni attese nel suo studio che la Morte ritornasse. Ma niente, questa sembrava essersi dimenticata di lui. Allora pensò, se la Morte non viene a prendermi forse posso andare a prendermela io…”. Mi fermo qui, non vorrei rovinarvi la sorpresa…». Ho letto che questa è una storia che parla di vita e di morte, ma quali sono gli altri temi su cui ci fai riflettere nel tuo film? «Se “Carlo e Clara” era una dichiarazione d’amore degli uomini alla vita, “Nuvola” è una dichiarazione d’amore della Vita agli uomini. Me lo ha fatto notare la mia co-sceneggiatrice. In effetti il film ci insegna che non siamo veramente perduti finché c’è qualcuno che ci viene a cercare e finché abbiamo qualcuno da andare a cercare. E quel qualcuno è la Vita sotto varie forme: un amore, un amico o semplicemente uno sconosciuto che ti tende la mano». Hai già dichiarato che è un omaggio alla nostra città, Molfetta: qual è il tuo rapporto con questa città, con questi cittadini, vivendo per la maggior parte del tempo fuori ormai? «Vivo a Roma dal 2009 ma per preparare al meglio “Nuvola” sono voluto tornare in Puglia alcuni mesi prima delle riprese. Ero desideroso di girare a Molfetta, per me era una sfida artistica e ammetto di aver sentito un pizzico di responsabilità. Il pubblico molfettese è colto ed esigente e volevo sorprenderlo. Ho trascorso giornate intere in riva al mare, al porto e per le strade della città, immerso nei colori e negli odori dell’infanzia. Dovevo disinnamorarmi e nel contempo tornare a stupirmi della mia terra. Poi sono arrivati il freddo e le nuvole che avevo scritto e sperato e ho pensato simpaticamente che Molfetta, come vestita per un’occasione speciale, tifasse per me». Questa domanda non tocca nello specifico il film. In un incontro che hai tenuto un po’ di anni fa presso il liceo Classico “L. Da Vinci” di Molfetta, a cui ero presente come studentessa, hai detto di esserti laureato per far felice la tua famiglia, ma che la tua vera passione è sempre stata quella del cinema. Quanto è stato duro intraprendere questa strada? E cosa ne pensa adesso la tua famiglia che ha perso un avvocato, ma ha guadagnato un artista sempre più consapevole? «I nostri figli non sono i nostri figli…” dice Gibran in un passo de “Il profeta”. La famiglia è importantissima ma ognuno deve ascoltare la propria indole, anche se la strada si prospetta in salita. Sarò sincero, è stata molto dura e continua ad esserlo. Quello che ho voluto trasmettere ai ragazzi durante quell’incontro a scuola è che studio, impegno e costanza sono alla base di tutto. Poi c’è una componente imprescindibile e cioè l’audacia. Senza quella sei confinato in uno spazio sicuro e protetto ma devi saperlo dal principio, deve essere la tua scelta. Io invece ho scelto di spingermi oltre per vedere cosa succede». Abbiamo conosciuto un uomo che nonostante la sua giovane età dimostra maturità da vendere. Maturità che deriva dalla consapevolezza che in questo lavoro bisogna proprio indagarsi dentro ed essere bravi nell’esternare ciò che si prova. E Giulio bravo lo è davvero. Presentato in passato come una giovane promessa oggi penso sia una promessa mantenuta. La sua bravura lo ha portato a grandi risultati e soprattutto a grandi conferme. È uno dei fiori all’occhiello dell’arte molfettese e, per quanto ci riguarda, non si può far altro in questi casi che essere orgogliosi di essere conterranei di un uomo, un giovane padre, che fa della sua passione e del suo lavoro uno strumento di ricerca e crescita personale e perché no, il modo per raccontare storie all’insegna dei buoni sentimenti, dei quali in questo periodo c’è tanto bisogno.