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Una iniezione di fiducia
14 novembre 2011

L’Italia è entrata ormai in una fase molto delicata in cui ci sono da risolvere sostanzialmente due problemi. Il primo, quello più urgente, riguarda l’uscita immediata da quella vera e propria tempesta che colpisce il nostro mercato borsistico e i titoli di stato, affossando e declassando l’intero paese. Di seguito, anche se bisogna considerare che nelle vicende sopra esposte permane una forte componente speculativa, precisando che la nostra economia non può sicuramente essere paragonata alla Grecia e al Portogallo, esiste un secondo problema la cui risoluzione è propedeutica anche all’emergenza in atto.
Occorre introdurre, senza mezzi termini e senza ulteriori attese, riforme profonde. Se la Borsa di Milano ha registrato negli ultimi mesi un andamento a dir poco altalenante, con un saldo che da inizio anno è negativo per il 25%, non è perché realmente le imprese italiane hanno ridotto paurosamente fatturato e profitti. È pur vero che le prospettive di crescita si sono ridotte fortemente e la disoccupazione ha raggiunto livelli record, osservando che un giovane su tre non trova lavoro. Tuttavia, ciò che manca nei confronti dell’Italia, nel contesto internazionale, è la fiducia. Fiducia verso un paese che ha sempre promesso o che ha sempre saputo le misure da attuare ma che puntualmente non ha rispettato gli impegni, con una classe politica che ha dimenticato l’interesse della nazione per gestire interessi di parte.

Così come già accennato, se il mondo economico internazionale ci affianca alla Grecia e al Portogallo è perché agli appuntamenti importanti l’Italia è giunta sempre in ritardo o non si è mai presentata. Si è assistito all’alternarsi di governi di differente colore politico ma nessuno di questi, con maggioranze parlamentari anche forti, è riuscito ad introdurre quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno, non da ora, bensì da oltre trenta anni, da quando l’azione politica si è spostata sulla tutela dei privilegi piuttosto che sulla strada della competitività e dell’efficienza. In questi giorni, o ancor meglio in queste ultime ore, il dibattito verte sulla necessità di appoggiare un governo tecnico o di andare al voto anticipato. Forse all’Italia, più che capire chi debba essere il premier o la nuova forza politica di maggioranza, serve capire quando saranno applicate quelle riforme necessarie ad un allineamento del paese agli standard e alle regole che nel resto d’Europa sono realtà da decenni. Regole in cui si premia il lavoro di chi effettivamente contribuisce alla crescita e di chi dimostra, quotidianamente, il valore del proprio operato, senza adagiarsi su posizioni facilitate.
Sulla necessità di riforme strutturali non serve ancora discutere. Servono interventi sul debito e sulla finanza pubblica, sul mondo del lavoro, sulla fiscalità e sulle misure per la competitività. Gli handicap e le frizioni per un rilancio dell’economia e di tutto il sistema paese sono ben note. Serve solo chi, con coraggio, determinazione e forte senso di responsabilità, sappia avviare quel percorso che dia credibilità, prima ancora che all’esterno, all’interno della nostra realtà nazionale.
Il pericolo serio è quello per cui, gli italiani per primi, non diano più fiducia al proprio paese e a quella classe dirigente che, sempre la stessa da decenni, non ha saputo rinnovarsi con l’adozione di una lungimirante e strategica azione politica.     
Autore: Domenico Morrone
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