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Un Contratto di lavoro del 1923 fra armatori e marinai di bilancelle da pesca
15 marzo 2018

Il 10 settembre 1923, nella sede dei Sindacati Fascisti Riuniti di Molfetta, gli armatori aderenti al Sindacato Fascista Armatori di bilancelle da pesca e il Sindacato Fascista Marinai stipularono un contratto di lavoro; si stabilì che i pescatori per fruire del suddetto contratto dovevano essere iscritti al Sindacato Fascista Marinai. Gli Armatori si impegnarono a imbarcare di preferenza i marinai organizzati nel predetto Sindacato. Per le barche grandi superiori a 42 palmi le ciurme dovevano essere composte da 8 a 10 marinai a criterio dell’armatore, a cui dovevano essere corrisposte 14 parti. Per le barche piccole inferiori a 42 palmi le ciurme dovevano essere composte di un numero di marinai variabile da 6 a 8, a scelta dell’armatore, al quale dovevano essere corrisposte 13 parti di utile. Si doveva completare l’equipaggio con un ragazzo per barca. Se, per difetto di personale, le ciurme fossero ridotte ad un numero inferiore a quello soprascritto, la suddivisione delle parti sarebbe restata inalterata. Qualora il Sindacato fosse a conoscenza che sopra alcune paranze c’era esuberanza di marinai e, nel contempo, ad altre mancava il personale necessario, il Sindacato stesso poteva ordinare lo sbarco dei marinai in eccedenza con il relativo imbarco sulle altre paranze, previo il sorteggio. Qualora il marinaio si ammalasse per cause di servizio, gli sarebbe riservata la sua parte sino a guarigione; il medico, espressamente incaricato dal Sindacato, avrebbe evitato le infrazioni ed i soprusi. Qualora per piccole riparazioni (alberature, vele, reti ecc.) le paranze fossero ferme, i marinai avrebbero gratis 3 ore di lavoro; per ogni ora di lavoro in più essi avrebbero avuto una merenda di £. 1,50 all’ora a carico dell’armatore. I pescatori avevano il dovere di tirare le paranze sullo scalo: cessata tale operazione, essi erano liberi. Quelli che restavano al lavoro, per conto dell’armatore, sarebbero stati pagati in ragione di £. 6 al giorno. Per il carenaggio, tiro a secco e concia generale, i marinai impiegati sarebbero stati pure ricompensati con £. 6 al giorno. Le paranze restate a terra, in caso di cattivo tempo, sarebbero state ormeggiate dai marinai di bordo; in loro assenza, da qualsiasi marinaio presente. Per le barche che andavano all’estero, per le quali non era possibile l’applicazione di quanto sopra, dovendosi limitare l’equipaggio al necessario, come qualità e quantità, l’armatore aveva diritto: per le barche grandi con 8 uomini a 13 parti di utili; per le barche piccole con 6 o 7 uomini a 12 parti di utili; per i bragozzi con meno di 6 uomini a 11 parti di utili. In caso di malattie per i marinai all’estero, le spese di rimpatrio dovevano essere prelevate dalla colonna e al marinaio ammalato per causa di servizio sarebbe stata serbata la sua parte sino al termine del suo contratto di ruolo. Qualora il marinaio, prima di detto termine, fosse stato in grado di riprendere il lavoro, poteva imbarcarsi su bilancelle del mare territoriale e dal giorno di tale imbarco, cessava l’obbligo per l’equipaggio all’estero di continuare a serbargli la parte predetta. L’approvigionamento a bordo doveva essere effettuato in natura e nella misura seguente: per le barche grandi, 50 kg di pane biscotto e un litro di olio per barca; per le barche piccole, 40 kg di pane biscotto e un litro di olio per barca. Il vino doveva essere in ragione di 25 litri per barca. Il ragazzo aveva diritto all’intera panatica. Nei giorni festivi la panatica veniva pagata a parte; essa veniva prelevata dalla colonna in ragione del prezzo di costo dei generi forniti. Gli attrezzi da pesca, le cuciture delle vele e la loro manutenzione erano a carico degli armatori; gli utensili da cucina di uso della ciurma ed i barili per l’acqua dovevano essere forniti dall’armatore. La loro manutenzione restava a carico della ciurma. Durante la pesca all’estero era necessario fare per la ciurma, il caldaio, a spesa della colonna. L’Assicurazione infortuni, tanto per la grande come per la piccola pesca, doveva essere effettuata dall’armatore, presso un istituto di assicurazione. La spesa predetta in £. 100 mensili doveva essere corrisposta come segue: 50 £. dall’armatore e 50 £. dalla colonna. L’Istituto assicuratore doveva essere scelto di comune accordo fra le parti. Dalla colonna dovevano essere pure prelevate le spese per l’assicurazione obbligatoria invalidità e vecchiaia. L’applicazione quindicinale delle marchette doveva essere effettuata dall’Ufficio del Sindacato marinaio, che doveva curare in apposito casellario le tessere, divise per paranze, oltre alla regolare gratuita tenuta del libro paga e matricola. L’armatore era l’unico dirigente della pesca: l’equipaggio doveva senza restrizioni eseguire gli ordini del comandatario. Le vertenze per inadempienza al presente patto di lavoro dovevano essere risolte a mezzo di una commissione arbitrale, composta di 2 rappresentanti dei marinai e 2 degli armatori, da nominarsi di volta in volta e presieduta dall’Ill. Sig. Pretore. Il marinaio e l’armatore si obbligavano reciprocamente per un tempo indeterminato: in caso di licenziamento, sia da parte dell’uno, sia da parte dell’altro, doveva essere dato dall’armatore od all’armatore, il preavviso di 8 giorni. La Segreteria Generale dei Sindacati Riuniti si riservava di agire con ogni mezzo per la tutela del contratto di lavoro, che aveva valore esecutivo dal giorno della sottoscrizione; con la durata di un anno, poteva essere tacitamente rinnovato di anno in anno e poteva essere disdettato da una delle parti, mediante preavviso di un mese ai Sindacati Fascisti ed alle Autorità portuali. Il presente contratto avrebbe sempre avuto il suo pieno vigore sino a quando sarebbe sopravvenuto un eventuale lodo arbitrale a modifica delle suddette condizioni. Il 29 dello stesso mese di settembre la stessa Commissione, che aveva stipulato il contratto, apportò alcune modifiche: per le paranze da 42 palmi in sopra, data la mancanza di personale, si cedevano all’armatore 13 parti se l’equipaggio era di 7 uomini; si stabilì che per le stesse paranze quando l’equipaggio invece di essere da 8 a 10 fosse di 7, l’equipaggio aveva diritto alla panatica in proporzione, ossia 44 kg di pane, 1 litro di olio e 25 litri di vino. Le paranze da 42 palmi non potevano avere un equipaggio minore di 7 uomini per barca. Per le paranze da 42 palmi in giù nel caso l’equipaggio risultasse inferiore a quello stabilito, sarebbero spettate all’armatore 12 parti. Per queste paranze l’equipaggio non poteva essere mai inferiore a 5 persone a barca. Per queste barche piccole l’approvigionamento del vino anziché di 50 litri la settimana, sarebbe stato di 40 litri. © Riproduzione riservata

Autore: Corrado Pappagallo
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