Un anno fa ci lasciava Guglielmo Minervini, già assessore regionale e sindaco di Molfetta, speranza per i giovani e artefice del cambiamento possibile
MOLFETTA – Un anno fa, nella notte tra il 1 e il 2 agosto, ci lasciava all’età di 55 anni, Guglielmo Minervini (foto), consigliere e assessore regionale e già sindaco di Molfetta. Uomo della sinistra che credeva nei giovani e nel cambiamento della società, per cui ha speso la sua vita, fedele all’immagine del servizio, appreso negli anni giovanili nella militanza scout. Credeva che i giovani dovevano essere i protagonisti del cambiamento e la sua politica ha avuto sempre loro al centro del suo impegno. Non era un uomo di potere, ma un uomo che credeva nel potere del cambiamento, non nel segno del potere, ma nel potere dei segni, come gli aveva insegnato l’indimenticabile vescovo di Molfetta, servo di Dio, don Tonino Bello.
E la sua assenza si sente ancora di più nell’attuale fase politica confusa, non solo a livello amministrativo con un miscuglio vergognoso di liste che hanno come unico obiettivo la gestione del potere, senza un progetto, né un ideale, né una visione del futuro, soprattutto per le giovani generazioni.
Ma la confusione è ancora più grande in quella sinistra che Guglielmo aveva contribuito a creare e a tenere unita, in un disegno visionario interrotto dopo i due mandati di sindaco e ripreso nell’ultima esperienza di Paola Natalicchio, che lui riuscì ad individuare come sindaco della città, ma che, purtroppo non ha potuto concludere il suo mandato, proprio per colpa di quegli stessi traditori e trasformisti che avevano costretto anche lui a lasciare, aprendo la strada a 10 anni di buio, in cui Molfetta è finita sulle cronache nazionali per fatti negativi: scandali, arresti.
Certamente la storia politica attuale sarebbe stata molto diversa non solo a livello locale, ma anche regionale, soprattutto se ricordiamo la sua avversione profetica all’ascesa di Michele Emiliano alla presidenza della Regione Puglia.
Chi come noi l’ha avuto come amico, oggi sente fortemente la sua mancanza sia sul piano personale, sia su quello politico, anche se il suo insegnamento resta e continua attraverso la Fondazione che porta il suo nome.
Il deputato pugliese Alberto Losacco del Pd, ha ricordato Guglielmo in aula alla Camera dei Deputati. «Testimoniava laicamente la sua fede e credeva fortemente nel riscatto della sua terra e di tutto il Mezzogiorno affidandosi, per dirla con lui, soprattutto ai bollenti spiriti e ai principi attivi delle nuove generazioni. E’ stato un Maestro di più generazioni a cui hai insegnato che la Politica è una cosa bella. Per tutti era Guglielmo, con il suo stile rigoroso e mite. Con la sua sensibilità umana e politica, fatta allo stesso tempo di fermezza e disponibilità al dialogo. Sentiva il rischio che il tempo che viviamo ci avesse abituato ad una politica che spesso riempie il vuoto di idee e di programmi con il surrogato di leadership carismatiche e solitarie. Pensando di poter recuperare il consenso che la politica ha progressivamente perso coltivando il mito di un populismo buono e decisionista che affida al capo, e solo a lui, la responsabilità di guidarci fuori dalle difficoltà. La realtà si è spesso incaricata di fare giustizia di questa illusione».
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