BARI - È compatibile con un proiettile tracciante e proverebbe che l'esplosione è stata preceduta da un attacco armato, un foro trovato su uno dei 23 reperti recuperati sul fondale davanti alle coste del Montenegro dove si trovano i resti del peschereccio Francesco Padre. Il battello esplose, per cause mai accertate, il 4 novembre 1994 e provocò la morte di cinque pescatori di Molfetta (Bari).
Si era nel pieno della guerra nei Balcani e in Adriatico era in corso l'operazione Nato Sharp Guard, cui per mesi parteciparono centinaia di mezzi aero-navali dell'Alleanza. Secondo indiscrezioni, l'ipotesi formulata dai 4 periti delle parti civili è ora all'esame della Procura di Trani che nel febbraio 2010 ha riaperto le indagini ipotizzando
l'omicidio volontario. La ricostruzione scientifica rafforza la tesi dell'attacco, con armi da fuoco, al peschereccio, seguito dallo sparo di un razzo o di un missile che lo mandò a fondo.
L'importanza di cosa abbia determinato il foro sul reperto, riportato alla luce nell'ottobre 2011, è fondamentale per stabilire le circostanze e le modalità che portarono all'esplosione del Francesco Padre e ad accertare le responsabilità. A quanto si è saputo, la perizia fatta dai Ris di Roma, su disposizione dei magistrati inquirenti, pur considerando l'eventualità che il foro sul reperto di legno chiamato falchetta potesse essere stato causato da un agente balistico, aveva optato in fine per uno svitamento di un chiodo.
Sul prossimo numero di Quindici, in edicola il 15 novembre, un primo piano di approfondimento sui nuovi importanti sviluppi sulla vicenda del Francesco Padre.
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