Tra arte e solidarietà il successo del giovane Antonello Portento
Antonello Portento, molfettese, 16 anni, liceale dell’Artistico “De Nittis” di Bari, è un ragazzo schivo e cortese, un adolescente di quelli interessanti, sguardo sveglio e argento vivo addosso come ce l’hanno solo quei talenti vulcanici e imprevedibili. Con poche parole sulla sua pagina Facebook ha raccontato senza troppi fronzoli della sua attività per il sociale: “L’arte per me è un abbraccio verso il prossimo, un modo di costruire ponti e raccontare se stessi. Ogni giorno ci sono bambine e bambini che lottano silenziosamente contro un male vigliacco e traditore. A loro va da anni il mio pensiero e grazie alla Marina Militare ho cercato di dare una mano esponendo alcune mie opere. È stata anche per raccogliere fondi per chi lavora nel campo dell’oncologia pediatrica”. Antonello infatti ha esposto le sue opere nell’ambito di una mostra organizzata dalla Marina militare presso la stazione aeromobile di Grottaglie, al cospetto delle massime autorità civili e militari della Regione (tra gli altri presenti il governatore Michele Emiliano, il sindaco di Grottaglie, i vertici militari della Marina, varie autorità locali) per raccogliere fondi per i bimbi malati di cancro. In particolar modo il ricavato sarà devoluto equamente all’Istituto Oncologico Pediatrico di Taranto e ad Aurora, la piccola molfettese affetta da una doppia malattia rara. E non sorprende che sia partito proprio dall’arte. Antonello ha iniziato a dipingere a dieci anni, per caso, a Roma, per evadere da una infanzia segnata da visite mediche, cure sperimentali e corsie d’ospedale. Poi, quando è guarito, non è riuscito più a smettere. Disegno e pittura sono diventati i codici della sua comunicazione, i binari di un impegno civile ed etico che stupiscono per un ragazzo di quell’età ma che soprattutto riempiono il cuore di speranza perché vuol dire che in questi tempi bui c’è ancora di un po’ di luce se ragazzini come lui si volgono indietro e tendono la mano a chi si affanna nelle retrovie di una società sempre più idrofoba ed egoista. Noi di “Quindici” abbiamo conosciuto Antonello nel 2014. Il papà Mimmo con il sostegno del Comune di Molfetta e dell’allora assessore alla Cultura Betta Mongelli e dell’allora sindaco Paola Natalicchio, aveva organizzato una sua mostra nel centro storico. Poteva sembrare una cosa un po’ così, raffazzonata: la mostra pittorica di un bambino di 11 anni! La stampa locale la snobbò. Mentre enti centrali e periferici tagliano assegni, borse di studio, contributi e sostegni di ogni tipo, rendendo quello della cultura un claustrofobico campo minato, a noi invece ci sembrò un piccolo dono che uno studente delle scuole medie, nel suo tempo libero riponesse la play station per abbracciare tavolozza e pennello. Andammo. Le sue tele raccontavano il mondo degli emarginati, degli ultimi, di chi è stato ferito dalla vita, di chi si è speso per gli altri. Profughi, senzatetto, attivisti per i diritti civili, simboli della lotta alle discriminazioni e alle ingiustizie come Muhammed Alì e Gandhi, bambini di colore sorridenti malgrado un passato tragico alle spalle. Un mondo profondo e colorato, “luccicante” di chiaroscuri, incredibilmente vario e rassicurante. Un mondo così sì che vale la pena difenderlo! Dopo la mostra non lo abbiamo più lasciato e abbiamo continuato a seguirlo per tutto il suo percorso di crescita. Dopo essersi affinato presso la bottega del maestro caravaggista Filippo Cacace, è entrato nella scuderia del noto critico Giorgio Grasso, è stato invitato dal padiglione dell’Armenia alla Biennale di Venezia 2017 e lo scorso dicembre inserito nel Catalogo dell’arte contemporanea Mondadori. Nel frattempo Antonello studia, cresce e divide il suo tempo tra tele e solidarietà. © Riproduzione riservata
Autore: Onofrio Bellifemine