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Tornano a Molfetta i resti di un soldato morto a Dachau
15 novembre 2003

Una storia nella storia è quella del marò Bartolomeo Spadavecchia, molfettese morto durante la seconda guerra mondiale e seppellito in un cimitero di Monaco. Dopo svariate ricerche da parte dei parenti e inchieste burocratiche, il nome di Bartolomeo è risultato da un elenco di un libro che raccoglieva tutti coloro riconosciuti e seppelliti a Monaco. Panettiere, celibe, licenza elementare, morto a 24 anni, questo è il ritratto di Bartolomeo che lasciò la sua città per inserirsi nel Corpo della Marina Militare durante il conflitto mondiale. Destinazione: Lero. Nella Fabbrica di San Domenico, l'Associazione “Eredi della Storia”, in presenza del sindaco e di molti cittadini, ha commemorato il ritorno in patria, dopo quasi sessanta anni, dei resti di un giovane concittadino, la cui storia è stata oscurata dal trascorrere del tempo. Nel corso della serata si è parlato di una vicenda storica a non molti nota: la battaglia di Lero, alla quale partecipò Bartolomeo come altri molfettesi. Lero fa parte di 12 isole, sottratte dagli italiani ai turchi nel 1912 e considerate ufficialmente propaggini della penisola con il Trattato di Losanna. Caratterizzata da rilievi disordinati, Lero era luogo di esilio per i soldati più disobbedienti. Durante il conflitto la base navale di Porto Lago fu strenuamente difesa dalle pattuglie di soldati e marinai italiani. Con l'arrivo dell'armistizio dell'8 settembre 1943, nell'isola sbarcarono gli inglesi, la convivenza non fu affatto facile ma stava per avvenire qualcosa di molto più tragico. Ormai si pensava che la guerra fosse davvero finita, ma le speranze di ritornare finalmente in patria furono distrutte con l'attacco tedesco violentissimo. Molti rifugi vennero colpiti, così come anche la base navale. L'occupazione tedesca causò la deportazione in lager della Germania di moltissimi soldati inglesi e italiani e tra questi anche Bartolomeo (che durante i giorni difficili dell'occupazione, proprio per il suo fisico robusto, avrebbe trasportato cibo e acqua ai suoi compagni). Molti, sotto pressioni continue vengono fatti lavorare nelle cave, nelle industrie e si pensa che il giovane molfettese sia stato trasportato nel campo di Dachau e che poi lì sia morto. Una vita giovane i cui contorni chiari e netti non verranno alla luce, ma il cui destino può essere paragonato a quella di migliaia di giovani morti in battaglia. Presenti alla serata tre ufficiali molfettesi e il comandante Sergio Spaccavento che ha raccontato, come un nonno ai suoi nipoti, quegli anni tremendi di miserie e sofferenze, la sua deportazione insieme ai suoi compagni, le umiliazioni e le torture inflitte dai tedeschi. Questi uomini hanno ancora voglia di raccontare per non dimenticare e non far dimenticare, perché patria, resistenza e libertà siano ancora valori da trasmettere alle future generazioni. “Senza il nostro passato non saremmo il nostro presente”. Laura Amoroso
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