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Tommaso, sindaco dimezzato CORSIVI
15 maggio 2005

A guardarlo ora, seduto da solo tra i banchi della Giunta con una mano sulla fronte e gli occhi smarriti mentre assiste sconsolato al penoso spettacolo del disfacimento della sua maggioranza in Consiglio Comunale, non ha davvero nulla di quel piglio autoritario, di quella postura impettita, di quello sguardo austero puntato verso l'orizzonte a scrutare “il sol dell'avvenir”, con cui appariva sui megamanifesti non più di tre anni e mezzo fa durante la campagna elettorale che lo portò, con un vero e proprio plebiscito, a diventare sindaco di Molfetta. E sembra aver perso anche quella sua sicumera talvolta brusca, quel suo sorriso sarcastico, a mezza bocca, solo accennato tra la barba ispida, o quei modi risoluti e teatrali di cui diede subito prova quando, nel giorno del suo insediamento, per placare le proteste delle opposizioni in Consiglio, si alzò in piedi di scatto, strappò letteralmente di mano la fascia tricolore ad un addetto e recitò la formula di rito, cogliendo tutti di sorpresa, anche i fotografi, ma scatenando l'applauso convinto dei suoi sostenitori. Ha perso tutto questo e forse anche il rispetto di chi invece dovrebbe sostenerlo se oggi qualche consigliere di maggioranza, nelle consuete lunghe ore di attesa dovute alle interminabili pause del Consiglio chieste dal centrodestra per cercare di mettere insieme i cocci di una coalizione ormai alla deriva, è disposto anche a confessare tra i denti che “quello, Tommaso, ha solo una paura matta di tornarsene a lavorare nel carcere e farebbe qualunque cosa per restare lì”. Già, lì, su quella poltrona da sindaco per cui lui, Tommaso Minervini, socialista da quando aveva i pantaloncini corti, ha rinnegato le sue idee, la sua storia, i suoi maestri. Ricordo ancora quando, durante una intervista tesissima svoltasi nella redazione del nostro giornale pochi giorni dopo l'ufficializzazione della sua candidatura per la Casa delle Libertà, Minervini vaneggiava, ispirato, di fantomatici “progetti civici” ed improbabili “governi a rete”, replicava duramente quando gli si obiettava che ormai era a tutti gli effetti il candidato della destra, teorizzando il superamento degli schemi tradizionali ed il suo posizionamento al di sopra della dialettica destra-sinistra (e forse pensava anche a quella bene-male), ed accusava noi, poveri inetti, di non comprendere il senso della sua scelta ed (addirittura…) il corso della storia. E noi davvero non comprendevamo ma di sicuro non eravamo i soli se anche Beniamino Finocchiaro, tra i padri nobili del socialismo italiano e pugliese, di cui Tommaso era l'allievo prediletto, pubblicamente tuonò contro il suo delfino dicendo che “io al suo posto mi dimetterei dall'umanità” e tacciando la compagnia con cui si apprestava a vincere le elezioni “una accozzaglia di accattoni e voltagabbana”. Ci aveva visto giusto, ma Tommaso tirò dritto per la sua strada fino all'effimero tripudio elettorale e al successivo lento logoramento della sua personalità politica. Perchè è proprio su questo piano che Minervini ha miseramente perso la sua battaglia, sulla politica. Ha amministrato come ha potuto nelle difficili circostanze in cui si è trovato (per noi malissimo, ma c'è anche chi sostiene che sia stato il primo sindaco di sinistra dopo Finocchiaro…), attorniato solo da opportunisti ed incapaci, ma ha rinunciato presto a svolgere un ruolo di leadership politica, piegandosi prima malvolentieri e poi sempre più docilmente ai diktat del vero manovratore della coalizione, il sen. Azzollini, fino ad arrivare al punto da contare poco più di niente negli equilibri della maggioranza. Ed anche questa volta, per l'ennesima crisi che paralizza il Consiglio Comunale e l'attività amministrativa con danni enormi per la città, altri, non lui, troveranno l'ennesimo compromesso al ribasso, accontentando qualche personaggio sfrattato dalla Regione ed elargendo prebende ed incarichi ai “soliti noti”, e al buon Tommaso sarà generosamente concesso di andare avanti per un altro anno, purché continui a fare il bravo e a non dare troppo fastidio. L'amministratore sfiduciato di un condominio riottoso, questo appare oggi il Tommaso Minervini caduto in disgrazia che vede come sempre più improbabile la sua ricandidatura a sindaco per il centrodestra e torna a rispolverare i suoi trascorsi socialisti ammiccando al centrosinistra, magari “traghettato” dal Nuovo Psi e dal neo consigliere regionale Franco Visaggio, l'unico che oggi sembrerebbe potergli offrire una qualche prospettiva politica. E chissà se per una volta, dopo tre anni, sarà capace di uno scatto di orgoglio e di responsabilità, di una dichiarazione pubblica in cui sancisca il fallimento del suo Progetto Civico, denunciando lo stato di degrado politico e morale in cui versa la sua maggioranza alle prese con quotidiane ripicche e minacce. In fondo ha coronato la sua ambizione, è stato sindaco di questa città ora ha l'opportunità di farsi da parte dignitosamente. Non la sciupi. Giulio Calvani
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