Tommaso Amato: priorità alla formazione e istruzione professionale
La necessità di recuperare i valori fondanti dell'impegno politico come “servizio” alla città. E' questa la principale motivazione, da veterano dell'impegno cattolico che ha portato lei ad accettare la candidatura nel Partito Democratico per il collegio di Ponente, chiediamo a Tommaso Amato? «Con lo spirito che mi ha sempre contraddistinto, intraprendo questa esperienza politica, consapevole delle difficoltà di tale scelta, ma anche sicuro di poter dare, attraverso una più attiva partecipazione, un contributo concreto ed attento all'interno di una realtà che, negli anni ho imparato a conoscere e a valutare criticamente. Credo infatti che negli ultimi anni si sia completamente appiattito il valore profondo dell'impegno politico a servizio della città. L'estrema personalizzazione politica di questi ultimi anni ha infatti preso definitivamente il posto a idee e ideali che avevano connotato da sempre l'agire politico di ogni partito. Il mio impegno politico non si fonda certamente sul desiderio di un ritorno nostalgico al passato ma pone le sue radici nel tentativo di recuperare quei valori di solidarietà, di giustizia, di libertà e di compartecipazione che sono stati propri del pensiero politico cattolico-sociale, che tanta parte positiva ha avuto nelle vicende amministrative del nostro Paese. In questo credo che potrà certamente risultare utile la mia passata esperienza di volontariato e associazionismo specialmente nella capacità di saper discernere il “meglio” per ogni singolo cittadino. Realizzare una provincia a misura di ogni cittadino, farla sentire come il proprio “abito” naturale in cui ciascuno possa non sentirsi escluso o peggio sopraffatto da disservizi e ingiustizie, sarebbe già un grande obiettivo da raggiungere. E credo che la scelta di portare a termine tale impegno all'interno nel Partito Democratico non sia casuale ma sia il naturale percorso di approdo di una politica attiva, democratica, libera e responsabile. Un voler coniugare, quindi, l'impegno sociale e politico alla luce dell'impegno cristiano». La Provincia sta assumendo funzioni sempre più importanti nell'ambito della formazione professionale. Crede che per contrastare la crisi economica sempre più grave sia questa la strada che i giovani devono perseguire per potersi garantire una buona occupazione e, quindi, un futuro migliore? «I temi della formazione e dell'istruzione professionale il più delle volte sono ignorati e sicuramente non ricevono la giusta attenzione. Sulla scelta della scuola superiore (e del corso universitario) rispetto alle collocazioni lavorative, specie in questi tempi di crisi, andrebbe fatto un discorso molto approfondito. Sappiamo che i licei dominano nel quadro dell'informazione sulla scuola superiore, il liceo classico occupa tipicamente il primo posto. Nella nostra provincia l'anno scorso, nelle scuole superiori, avevamo in tutto 4051 classi; di queste appena 392 erano nei licei classici e ben 1015 nei professionali. Dunque i professionali servono un quarto della popolazione studentesca. Non si tratta di fare discriminazione al contrario, ma non si può lasciare che l'istruzione professionale rimanga la cenerentola nei discorsi sull'istruzione in Italia e nel mezzogiorno in particolare. Fatti salvi casi sporadici (studenti eccellenti con bassa estrazione sociale che si iscrivono ai licei), nel nostro mezzogiorno il ruolo di “ascensore sociale” è svolto soprattutto dall'istruzione professionale. Questi istituti funzionano, per alcuni studenti, pochi purtroppo, come uno straordinario trampolino verso collocazioni professionali di apice; pensiamo ad alcuni casi nell'Alberghiero. Tuttavia il vero obiettivo è un altro: non si tratta di far compiere a pochi fortunati un grosso balzo, ma di aiutare molti a conquistare almeno un gradino, indispensabile per aspirare, in mezzo a questa crisi, a posizioni lavorative con qualche forma di stabilità. Cosa si può fare per questo settore? anzitutto far aumentare la visibilità e garantire gli standard. Servono standard di istruzione elevati, omogenei rispetto al territorio nazionale. Questo vale tanto per gli istituti professionali, quanto per i corsi di formazione di cui la provincia è direttamente responsabile, per delega ricevuta dalla Regione Puglia (DGR 172 del 26/02/07). Anche le strutture, su cui l'Ente provinciale ha competenza diretta, devono rispondere ad uno standard di qualità. Il degrado delle strutture è sempre un indice del degrado sociale, è il peggior messaggio di disattenzione che la società può inviare ai ragazzi. In definitiva per gli istituti e per i corsi professionali servono attenzioni e risorse. A questo proposito non va dimenticato che questi istituti funzionano come un presidio sul territorio, in senso geografico e in senso sociale. Far salire quel gradino di cui parlavamo, spesso, è una missione impossibile, ma, almeno per un periodo, questi ragazzi saranno stati strappati alla strada, con tutte le devianze che la strada può comportare».