“Un convegno incosciente”. Così l'ha definito Elvira Zaccagnino, presidente della casa editrice “la meridiana”, che ha organizzato la due giorni del 12 e 13 marzo per discutere di formazione, dei suoi dogmi e delle sue inerzie.
Ad aprire l'intervista di Francesco Berto, consulente familiare, a Francesco Saverio Borrelli, che ha indagato nel suo processo di formazione, alla ricerca della risposta ad una difficile domanda: come si fa ad educare quello che una volta di sarebbe definito un “galantuomo”? Proseguendo poi con tre interventi sul tema: “Dove nasce il senso comune”. Si è partiti dal momento storico attuale, dalla capacità di fronteggiare le sfide, per arrivare ai processi di globalizzazione.
Franco Cassano, docente di Sociologia della conoscenza a Bari, ha focalizzato l'analisi sull'idea di interesse generale, concetto che “manca nella politica”. Prevale, invece, un liberismo che abolisce o riduce il pubblico a favore del privato. Bisogna lavorare per la costruzione di un'Europa, ha aggiunto Cassano, che aiuti a “ricostruire” un'idea di interesse comune oggi assente.
Per Daniele Novara, pedagogista, le teorie vengono prima delle pratiche. La “palude” è creata dalle pratiche, ha detto. E' maleducato chi “non si comporta bene”, non chi magari sta davanti alla televisione per tante ore ed è “male educato”. Il vecchio cliché scolastico, lezione- studio-ripetizione, è superato. Dobbiamo ambire, ha proseguito, ad un'educazione come “sviluppo della capacità educativa”, non dimenticando che la conoscenza è conflitto, problematizzazione, nasce dal fare, dall'esperienza…non solo dai libri!
La prima giornata ha visto anche l'intervento di Alberto Zucconi, psicologo, per il quale bisogna puntare a “facilitare il cambiamento sociale”. Dobbiamo resistere, dice, come le piante che sopravvivono a condizioni ambientali avverse. Più responsabili, più umanamente ecologici. Questa capacità di responso (responsabilità) si basa sull'autoconsapevolezza che siamo tutti costruttori della realtà. La scuola sarà efficace quando promuoverà lo sviluppo del potenziale umano attraverso la “responsabilizzazione”, il rispetto per noi stessi, per gli altri, per il mondo in cui viviamo.
La prima giornata si è conclusa con lo spettacolo teatrale “Dimissioni dal sud”, proposto dalla compagnia Koreja di Lecce.
La mattinata di sabato è stata dedicata ai laboratori per proporre esperienze, magari innovative, sull'attività pedagogica e didattica.
E poi, a seguire, altri tre interventi di notevole spessore. Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, ha parlato di adolescenti e di trasgressione, ponendo l'attenzione su quattro aspetti: la corporeità inventata, il progetto futuro, la relazione con i valori e gli ideali, la relazione con gli adulti. Gli adolescenti, ha detto, provvedono a controllare personalmente la propria corporeità, manipolandola, a volte, in maniera cruenta (diete), o in modo indelebile (piercing, tatoo). Anche il doping, il culturismo, i palestrati, i look estremi sono forme di manipolazione corporea. La propria corporeità la si dovrebbe accettare, invece ci si adopera per modificarla (narcisismo), per piacersi.
I ragazzi hanno poi una tendenza ad eternizzare l'adolescenza, ha proseguito Charmet, come fosse il tempo migliore. C'è il futuro, invece. Ci sono i progetti. E tutto ciò che succederà nel futuro, sta già nel presente.
Roberto Farnè, pedagogista, ha esordito affermando: “Il gioco, conquista di dignità”. Un diritto che non deve essere negato, ogni età contempla una dimensione del gioco. E' l'unico campo in cui i bambini “decidono”, si trovano tra di loro e scelgono come giocare, mentre in altri campi per loro decidono altri (scuola-famiglia-parrocchia). Nel gioco i bambini elaborano i conflitti, costruiscono mediazioni, sviluppano rapporti amicali, è un ingrediente essenziale per la formazione. Dobbiamo tutti iniettare nella nostra vita dosi di ludicità, con essa si lavora meglio, si studia meglio.
Infine Giovanna Leone, psicologa, docente all'Università di Bari, si è soffermata sul conformismo che non si vede. Posto che ognuno di noi è esclusivo, ha detto, se una persona valuta da sola o con gli altri, dopo un po' tutte le opinioni convergono. La tendenza alla normalità è un problema di buon senso. La diversità può provocare disagio, per cui si tende a conformarsi agli altri. C'è una sorta di “pressione conformistica”. L'individuo resiste se non è solo. L'isolamento ci rende fragili e conformisti, ha concluso la Leone.
A chiusura del convegno, una tavola rotonda, coordinata da Guglielmo Minervini, su “Cosa resta della coscienza. Per Paola Scalari, psicoanalista, la coscienza è il luogo in lui dire la verità su sé stessi, lo stato in cui ognuno di noi è chiamato a non raccontarsi bugie. Per don Vinicio Albanese, della Comunità di Capodarco, la coscienza è come un pongo (riferendosi ai bambini) o come uno strumento tra emozione ed interessi (riferendosi agli adulti). Giuseppe Moro, sociologo dell'Università di Bari, invece, ha detto che in sociologia la coscienza non esiste. L'uomo è un insieme di maschere, vive il teatro della vita e indossa diversi abiti.
Un convegno riuscito, con presenze da tutta Italia e concetti destinati a rimanere.
Lazzaro Gadaleta