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Svelati tutti i “pasticci” e i rischi del nuovo porto. Ma restano i misteri
15 settembre 2013

Il nuovo porto commerciale di Molfetta, a lavori ultimati (se e quando non è dato saperlo) dovrebbe essere in “teoria” la seconda opera infrastrutturale marina più grande in Italia, dopo il Mose di Venezia (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte. La costruzione colossale fiore all’occhiello della ormai ex amministrazione comunale di centrodestra targata Antonio Azzollini dal valore di circa 72 milioni di euro (opera iniziata nel 2006), è un vero e proprio grattacapo per la neo sindaca molfettese di centrosinistra Paola Natalicchio. Sulla questione se ne sono dette di tutti i colori, e per questo Paola Natalicchio assieme all’assessore ai lavori pubblici Giovanni Abbattista ha voluto porre in evidenza le gravi criticità riscontrate e gli interventi che l’amministrazione comunale sta compiendo per permettere il completamento della costruzione del nuovo porto di Molfetta indicendo nelle scorse settimane una conferenza stampa proprio per fare chiarezza su questa vera e propria patata bollente. «Questa è una conferenza stampa che parlerà di una vicenda aperta ormai da anni e che per anni è stata un mistero. È nostro compito riannodare la questione porto con il resto della città». Non ha usato mezze parole Paola Natalicchio nell’annoverare la questione che da anni rappresenta una tenaglia nelle tasche comunali. INIZIO LAVORI I lavori iniziati proprio nell’anno 2006 comprendevano la costruzione di un secondo molo in continuità alla diga Salvucci (già esistente nei pressi della Basilica della Madonna dei Martiri), la costruzione di uno “sperone” radicato all’attuale molo peschereccio S. Vincenzo, il banchinamento della diga Salvucci per il traffico commerciale e le navi Ro-Ro, i dragaggi necessari per l’ingresso delle imbarcazioni in porto e per la navigabilità interna. Inoltre, nel Piano regolatore del porto erano previsti la costruzione di capannoni per lo stoccaggio delle merci, un ponte di collegamento fra il porto e la zona industriale e un sistema di viabilità interna con parcheggi e arredi. Insomma vista così è davvero una grande opera, seppur costosissima. Il nuovo porto aveva come obiettivo primario quello di rappresentare un’opportunità soprattutto per tutte le imprese della Puglia e del Sud Italia: «In una Europa a 25 e in un Mediterraneo che è diventato il nuovo baricentro geopolitico dei traffici con l’Oriente i porti non sono mai troppi e questo grande braccio, rappresenta senza dubbio una sfida decisiva per gli imprenditori di tutto il Mezzogiorno » aveva annunciato all’inizio dei lavori il senatore Azzollini. Sempre il sindaco Natalicchio aveva proseguito: «il nostro porto assieme al porto di Civitavecchia e al Mose di Venezia è la terza opera più grande in fase di realizzazione nella nostra penisola seppur la più problematica. Ad oggi ereditiamo una situazione non facile anche se la nostra intenzione non è quella di interrompere i lavori del porto che figurano in uno stato di avanzamento del 60%». COSTO COMPLESSIVO DEL NUOVO PORTO Il 13 febbraio 2008 viene approvato in Giunta il progetto esecutivo del nuovo porto commerciale per una somma complessiva di 72.000.000 euro successivamente all’esame delle progettazioni posto in essere dall’ormai ex Rup (Responsabile unico del procedimento) Ing. Enzo Balducci (dimessosi e sostituito dall’arch. Lazzaro Pappagallo). Della somma complessiva dei 72 milioni di euro, 58.801.664,41 erano destinati ai lavori a corpo, 1.923.672,59 erano legati agli oneri della sicurezza e infine 11.274.633 erano le somme a disposizione dell’amministrazione per le spese tecniche di progettazione, espropri, prospezioni geologiche e imprevisti. FEBBRAIO 2011 RIMOZIONE ORDIGNI BELLICI DELLA “DRAGA VLANDEREEN XVI” La telenovela legata al porto inizia proprio nel febbraio 2011 e da allora non ha smesso di dar vita a colpi di scena inaspettati. Subito dopo la bonifica di 10mila ordigni bellici la draga Vlandereen XVI della Società Italiana Dragaggi S.p.A. (Sidra) specializzata nella realizzazione di lavori marittimi di grande dimensione si era messa subito all’opera con i lavori di dragaggio per l’approfondimento del fondale marino erano arrivati a 9 metri sotto il livello del mare. Questa prima fase di dragaggio era stata monitorata dai tecnici comunali e dell’agenzia regionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente. Nel contempo proseguirono anche i lavori di realizzazione del cosiddetto «sperone» di accesso al nuovo porto, in corrispondenza del molo San Vincenzo. Già nell’anno 2011 la conclusione dei lavori si prevedeva entro la fine del 2014 (data strettamente collegata dal numero totale degli ordigni bellici). COLPO DI SCENA: ARRIVA LA NICCOLO’ MACHIAVELLI Quando i lavori sembrano andare nella giusta direzione sotto l’accurata gestione dei lavori della draga Vlandereen XVI, arriva il fulmine a ciel sereno. Infatti il 18 settembre 2011 la stessa società Sidra annuncia che in tale data inizieranno i lavori di seconda fase nel bacino portuale di Molfetta, questa volta sotto la gestione della draga aspirante a disgregatore autopropulsa denominata “Niccolò Machiavelli”, di bandiera lussemburghese. Dopo l’arrivo della suddetta draga l’ex sindaco assieme alla sua giunta prepara la delibera n.178 approvata il 20 settembre 2011 e affissa all’albo pretorio del Comune di Molfetta in data 22 settembre 2011. L’oggetto della delibera era il seguente: “Completamento opere foranee e costruzione nuovo porto commerciale. Studio di navigabilità per il canale di accesso del Nuovo Porto Commerciale di Molfetta, mediante simulatore di manovra a pilotaggio manuale nell’ipotesi di mancato dragaggio del canale di accesso. Presa d’atto rapporto tecnico del Centro per gli Studi di Tecnica Navale CETENA Spa di Genova.” Ma la delibera rappresenta la zappa sui piedi della stessa giunta azzolliniana annoverando nella premessa: “I fondali, interessati dai dragaggi e dalle opere infrastrutturali, a seguito di prospezioni e ricognizioni subacquee accurate, sono risultati infestati di ordigni bellici di quantità di gran lunga superiore a qualsiasi previsione pessimistica, a tal punto da causare un pesante ritardo nella esecuzione dei lavori che ha indotto l’impresa appaltatrice a fare richiesta di maggiori oneri per i danni subiti; la controversia insorta è stata risolta addivenendo ad una transazione fissando al 31 dicembre 2011 la bonifica di tutte le aree interessate dai lavori fossero rese disponibili; L’entità degli ordigni è tale per cui non è possibile bonificare tutte le aree interessate dai dragaggi entro suddetta data, per cui si è ritenuto di stralciare dall’appalto in corso il dragaggio di alcune zone tra cui il canale di accesso”. Dopo tanto baccano mediatico e non solo, dopo una brevissima sosta nel molo San Michele che fine abbia fatto la draga, non è dato saperlo. FONDALI POCO ADEGUATI? Dopo una serie di studi relativi alla navigabilità ed accessibilità nautica del nuovo scalo commerciale che il Comune di Molfetta aveva affidato all’Istituto Cetena S.p.A. di Genova era emerso che nel nuovo porto di Molfetta potranno accedere navi mercantili con una lunghezza fino a 160 metri e pescaggio di 7,2 metri in immersione. Lo studio era reso necessario a causa dei soliti ordigni bellici risalenti alla Seconda Guerra Mondiale. Non ve neppure dimenticato che prima dell’inizio dei lavori di dragaggio, fu emessa un’Ordinanza della locale Capitaneria di Porto, con la quale si vietava il supero di 2 metri di profondità di scavo (per ovvi timori di trovare, oltre tale profondità, ordigni inesplosi che non si era potuto monitorare, durante le fasi di localizzazione, a suo tempo effettuate, ma non completate, da parte dello S.D.A.I.). Ma la domanda è quanto era il fondale prima del dragaggio e quanto è diventato dopo? Le grandezze, a priori ipotizzate in via prettamente ideale , parlano di fondo di -16 m (ciò che avrebbe consentito la manovra e l’attracco di grosse navi portacontainer); eppure numeri alla mano la profondità (raggiunta, dopo il dragaggio) pare molto inferiore. In altre parole, quale è la vera profondità del bacino portuale? E questa profondità, è adeguato all’uso dell’attività portuale? MOLO DI SOPRAFLUTTO Una delle prime questioni affrontate dalla neo amministrazione Natalicchio riguarda proprio il molo di sopraflutto. Infatti nel gennaio 2013 la direzione lavori richiede l’Adeguamento tecnico funzionale che prevede la traslazione del molo di sopraflusso all’incirca di 10 metri lasciando inalterato l’orientamento che renderebbe possibile l’esecuzione dell’opera all’interno dell’area oggetto di bonifica in corso, evitando in tal modo di finire in fasce larghe 10 metri interessate dalla presenza di ordigni bellici sui fondali non ancora oggetto di prospezioni. Nel marzo 2011 si leggeva nella delibera G.C. n.30 del 18 marzo che risultavano bonificate l’80% delle aree relative allo scavo di imbasamento della banchina di N-W e le aree interessate dal dragaggio in corso fatta eccezione per il molo-martello e parte della zona rossa. La conclusione della bonifica su tutta l’area d’impronta del molo di sopraflutto era infatti prevista non prima del 2014, secondo le dichiarazioni del Nucleo Sdai rilasciate il 1 febbraio 2011 alla Regione Puglia. MANOVRE ALQUANTO ANOMALE? Facendo un passo indietro è proprio nell’anno 2006 che si definisce l’appalto di gara da 69 milioni di euro: qui si realizzeranno le manovre “particolari o meglio occulte”. All’appalto avrebbero potuto partecipare solo imprese che avrebbero avuto a disposizione una draga internazionale: tre erano le draghe di questa tipologia in tutto il mondo e per l’appalto si presentarono ben 11 imprese internazionali. Purtroppo, l’unica che avrebbe potuto partecipare e vincere era la Cooperativa Muratori e Cementisti (CMC) di Ravenna in ATI con la Società Italiana Dragaggi e l’Impresa Pietro Cidonio. Appalto e aggiudicazione hanno assunto, perciò, la forma di un’operazione oscura e successivamente divenuta illegale a tal punto che la stessa Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici ha denunciato il procedimento burocratico alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica. Si era dato atto ad un vero e proprio gentlemen’s agreement, un accordo fra gentiluomini. Del resto, la CMC non era sconosciuta a Molfetta: non solo per alcuni “rapporti politici fra gentiluomini”, ma anche per l’arrivo nel 2005 del «pontone Dante» della stessa impresa per il sondaggio dei fondali. Allo stesso tempo, la partecipazione di una sola impresa all’appalto comunale ha determinato anche un ribasso del 10% invece che del 30%, come sancito per legge, con la perdita per la comunità molfettese di quasi 14 milioni di euro. Somma che si è trasformata in un maxiregalo per la CMC. Per di più, l’amministrazione nel 2006 avrebbe dovuto evitare la sottoscrizione dell’appalto, come richiesto dall’Autorità di Vigilanza: ma il sindaco Azzollini ha preferito tirar dritto dando avvio ai lavori nel marzo 2008. MAXIREGALI ALLA CMC E RISARCIMENTO DANNI Dopo i 14 milioni di euro l’altro maxiregalo alla CMC saranno i 7,8 milioni di euro (transazione) pagati come risarcimento danni all’impresa nel 2010 per il mancato rispetto del cronoprogramma dei lavori a causa della protrarsi della bonifica dei fondali dagli ordigni bellici. La richiesta iniziale era stata di 22milioni di euro. A questi disastri è necessario aggiungere non solo lo stralcio del progetto esecutivo, ma anche il dragaggio economicamente esoso e inutile che ha comportato un aumento dell’appalto a 70 milioni di euro con una perizia di variante e la costituzione nel 2003/04 della società consortile Molfetta Newport (società di gestione che dovrebbe essere regionale e costituita solo dopo il completamento dei lavori). Ma la CMC l’11 giugno 2013 scrive al Comune di Molfetta dichiarando che “la persistente enorme quantità di ordigni e residuati bellici ancora persistenti sui fondali del Porto di Molfetta, ha determinato una situazione di pregiudizio”. Il tutto ha comportato la sospensione dei lavori inerenti l’attività di bonifica dello SDAI fino a settembre. Inoltre dopo la multa di 7,8milioni di euro pagata alla CMC Cidonio per i ritardi nei lavori (a causa dell’inquinamento bellico) e le due varianti al programma costruttivo originario, con la chiusura del 39° stato di avanzamento dei lavori (24 luglio 2013) la CMC iscrive riserve per 21.159.922 euro. IL PORTO SARA’ UN OPPORTUNITA’ IN FUTURO? Sulla questione porto l’assessore ai Lavori Pubblici Giovanni Abbattista sempre in occasione della conferenza stampa ha dichiarato: «Il porto diventerà un opportunità solo quando l’intera comunità sarà partecipe alla stessa questione. Noi non vogliamo scaricare croci addosso a nessuno anzi siamo pronti ad abbracciarcela. Il nostro obiettivo è quello di uscire dagli approcci precedenti soprattutto sotto il profilo del contenzioso. È senza dubbio un contenzioso che sta per esplodere e per questo abbiamo deciso di affidarci ad entità competenti, ovvero una difesa legale adeguata». Senza dubbio non va tralasciato che ogni infrastruttura ha un obiettivo: deve remunerare il capitale investito trasformandolo in occupazione e sviluppo. I porti sono i contabili dell’economia, risentono prima della crisi o addirittura l’anticipano e l’attuale pesante dissesto economico ha colpito e ridisegnato i traffici marittimi. L’obiettivo deve essere quello di avere porti polifunzionali e flessibili cercando di individuare i bisogni della portualità, si devono fare scelte programmatiche, atte a valutare l’impatto ambientale delle opere. È il mercato che decide se il porto ha un ruolo. Sicuramente a Molfetta non si potranno ospitare navi da crociera dato che hanno bisogno di 9 metri di profondità del fondale per attraccare, al massimo ci potranno venire i traghetti, ma tutto questo limita la prospettiva di poter mettere sul mercato questo porto. Quindi dietro questa grande opera qual è il modello di business? ORDIGNI BELLICI Ad oggi sono all’incirca cinquantamila le bombe o residuati bellici della seconda Guerra mondiale ancora presenti sui fondali del porto di Molfetta e impediscono al cantiere del nuovo porto di proseguire i lavori. Si tratta di ordigni chimici all’iprite colate a picco con le navi statunitensi che le trasportavano per impiegarle sul fronte italiano. L’allarme sulla questione bombe viene direttamente dal sindaco della città molfettese, Paola Natalicchio, che ha dichiarato: «ho chiesto alla Regione e alla Marina i fondi destinati alla bonifica e ci doteremo di un legale per chiarire le vicende oscure su questa vicenda: il cantiere rischia di fermarsi». L’attività di sminamento che va avanti dal 2008 e si pensa di terminare nel 2016 vede 48.000 ordigni bonificati e 50.000 da bonificare con 1.2milioni di euro necessari per completare lo sminamento. Ma in assenza di risposte i lavori del nuovo porto di Molfetta, rischiano così di fermarsi.

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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