Spaccavento: l’ospedale del Nord Barese c’è già, basta organizzarlo senza spreco di risorse e in tempi brevi
L’idea è geniale nella sua semplicità: rinunciare a qualcosa tutti a beneficio di tutta la comunità. L’idea è balenata al dott. Felice Spaccavento all’indomani della tragedia del 12 luglio (scontro dei treni fra Andria e Corato). Medico molfettese anestesista in servizio nell’Ospedale di Corato, il dott. Spaccavento fu tra i primi ad accorrere sul luogo della tragedia ove si recò anche il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Sotto il sole cocente di luglio, e col frinire assordante delle cicale, ebbe luogo la più straordinaria manifestazione di solidarietà da tempo immemore: medici, operatori della sanità, volontari si ritrovarono uniti nell’obiettivo comune di strappare alla morte vite umane il cui destino sarebbe stato legato indissolubilmente a quella data funesta. Ma se da un lato si rilevarono adesione e solidarietà straordinarie, dall’altro non si poté fare a meno di registrare una disorganizzazione che causò lungaggini e problemi dovuti principalmente alla collocazione dei pazienti in strutture specifiche in base al trauma subito. Felice Spaccavento chiese al Presidente Emiliano un incontro al fine di analizzare il piano di riordino ospedaliero già oggetto di discordia e per proporne uno nuovo, il suo, la sua idea di riordino, una richiesta che doveva essere esaudita, come da lui stesso affermato, prima dello spegnersi del frinire delle cicale. Il dott. Spaccavento il giorno successivo alla richiesta fu convocato da Emiliano. “Quindici” ha rivolto alcune domande al dott. Spaccavento. Dottore, come nasce questa proposta? «L’idea si è palesata circa un anno fa, quando si è iniziato a parlare di piano di riordino ospedaliero, un piano che vede ‘‘declassati’’i nosocomi delle città di Molfetta, Terlizzi e Corato che avrebbero perso reparti, dei quali alcuni di eccellenza, perdita che sarebbe stata compensata dalla costruzione di un ospedale unico di primo livello a servizio delle suddette città. Conosciamo benissimo la tempistica che avrebbe portato alla costruzione di un nuovo ospedale, basti ricordare che, per costruire l’ospedale a servizio dell’utenza delle città di Gravina di Puglia ed Altamura sono stati necessari venticinque anni e nel frattempo i cittadini di Molfetta, Ruvo e Corato sarebbero stati costretti a ricorrere a più grandi nosocomi come il Policlinico di Bari, intasando ulteriormente strutture già al limite con ricorso inevitabile a strutture private». Ci spieghi come cambierebbe l’assetto ospedaliero per le città di Molfetta, Terlizzi e Corato. «A seconda della presenza di alcuni reparti, ci sono ospedali di base, ospedali di primo livello e ospedali di secondo livello. Con il piano di riordino ospedaliero, l’ospedale di Molfetta, perdendo i reparti di urologia, cardiologia e nefrologia, sarebbe stato declassato a ospedale di base. La medesima situazione sarebbe stata vissuta dai cittadini di Corato il cui ospedale, perdendo i reparti di ginecologia, pediatria e cardiologia, sarebbe stato declassato ad ospedale di base. Viene prevista la chiusura dell’Ospedale di Terlizzi invece. La proposta che ho presentato ad Emiliano prevede l’istituzione di un ospedale di primo livello, per diventare il quale l’ospedale dovrà necessariamente prevedere, secondo il D.M. 70/2015, i reparti di ginecologia, pediatria, rianimazione, urologia, cardiologia e banca del sangue e altri servizi. E’ inconcepibile avere un reparto di ginecologia senza un servizio di banca del sangue cui accedere per far fronte in caso di necessità. E’ già successo di dover aspettare, nel cuore della notte, che arrivi a Corato, una sacca di sangue da Molfetta per salvare una vita, lasciando che trascorrano attimi preziosi che possono determinare la sopravvivenza di una persona. Ecco perché occorre fare un passo indietro e rinunciare a qualcosa. Tutti vorremmo l’ospedale con tutti i reparti nella nostra città, ma con questo progetto non sarà più necessario percorrere forse centinaia di chilometri per trovare un posto in rianimazione, lo avremmo nella struttura che sarà individuata in base a valutazioni di ingegneria gestionale e non di scelte politiche». Cosa sarà delle strutture esistenti che subiscono il depotenziamento? «Rispondo con un dato. Nella nostra ASL BA ci sono migliaia di malati di terzo livello, i più gravi, secondo una scala dal primo al terzo, malati che non dovrebbero recarsi in ospedali, ma essere seguiti domiciliarmente, come gli anziani o i malati terminali. L’idea è quella di riqualificare le strutture ospedaliere esistenti in hospices, poliambulatori, ospedali territoriali conditio sine qua non, senza la quale non potremmo ottenere l’ospedale unico di primo livello». Cosa ne pensano i suoi colleghi? Ritiene sia che la sua sia una proposta che verrà accettata, in primis dai cittadini e in secundis dal presidente Emiliano? «Ho dovuto confrontarmi con colleghi scettici, ai quali ho dovuto ricordare, mio malgrado, che siamo anche tutti potenziali pazienti. Mi sono scontrato anche con l’ostilità di una parte del personale sanitario. Viaggio spesso per lavoro, mi confronto con colleghi di altre regioni dai quali ricevo consensi e ci tengo a sottolineare e a ripetere continuamente che non siamo stupidi ma disorganizzati rispetto al Nord Italia. L’idea dell’ospedale unico deve essere associata al potenziamento della rete sul territorio, al miglioramento dell’assistenza domiciliare, a dare dignità al malato terminale, basti ricordare il triste caso del malato terminale oncologico morto dopo 48 ore di agonia in un ospedale romano, senza dignità e privacy. Dobbiamo essere uniti e condividere un concetto: in ospedale ci si reca solo per necessità, non si deve andare per una visita specialistica, o per portare un paziente che potrebbe essere benissimo seguito a casa e comunque, in caso di criticità, occorre chiamare il 118, il che presuppone anche un potenziamento di questo servizio». Quando, secondo lei, potremmo usufruire dei servizi dell’ospedale unico di primo livello come da lei immaginato? «Sono fiducioso nella possibilità che questo progetto possa realizzarsi entro il 2017. Il nuovo reparto di rianimazione dell’ospedale di Bisceglie è stato ultimato in soli 9 mesi. Di fatto il piano di riordino come da me ipotizzato esiste già, si chiede ad Emiliano un’attuazione formale. Mi spiego con un esempio: come per altri reparti, anche quelli di chirurgia degli ospedali di Molfetta, Corato e Terlizzi sono diretti da un unico primario, il quale, se fosse accolta questa proposta, si troverebbe a coordinare tutti i chirurgi e ad operare in un unico nosocomio, con grande beneficio per il paziente sottoposto ad un intervento durante il quale si alternano, in alcuni casi, diversi specialisti». Il prossimo step è l’incontro aperto alla cittadinanza a Ruvo di Puglia alla presenza di Emiliano martedì 11 ottobre. Cosa si aspetta? «Auspico la presenza massiccia della cittadinanza. Dobbiamo abbandonare sterili campanilismi che non portano a niente, al fine di creare una coscienza condivisa comune sull’utilità dell’ospedale unico. Ascolteremo proposte di tutti, siamo un gruppo apartitico con l’obiettivo comune del miglioramento della rete sanitaria». Un auspicio che facciamo nostro. Resta da chiedersi come mai si sia cercato di portare avanti l’idea di costruire una nuova struttura per la quale sarebbero necessari anni e sperpero di denaro pubblico e non di potenziare quelle esistenti come il dott. Spaccavento ipotizza. Ma questa è un’altra storia. ©
Autore: Beatrice Trogu