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Sindaco sfiduciato dalla sua maggioranza. Città affidata al commissario Rovinosa caduta della amministrazione guidata da Tommaso Minervini una delle esperienze amministrative più controverse della storia recente della città
15 aprile 2006

Tommaso Minervini non è più il sindaco di Molfetta. Le dimissioni di sedici consiglieri comunali, formalizzate lo scorso 30 marzo e anticipate solo di qualche minuto da quelle dello stesso primo cittadino, hanno ufficialmente messo la parola fine ad una delle esperienze amministrative sicuramente più controverse della storia recente della nostra città. Ma la rovinosa caduta della amministrazione guidata da Tommaso Minervini non è stata altro se non la ovvia e attesa conclusione di una lunga ed estenuante agonia apertasi di fatto, nella coalizione, all'indomani delle elezioni regionali tenutesi nell'aprile dello scorso anno, e andata avanti, con quello che abbiamo definito un vero e proprio “accanimento terapeutico”, per mesi e mesi tra dimissioni, azzeramenti della giunta, duri contrasti e dichiarazioni di incompatibilità politica tra alleati. Una lunga e velenosa resa dei conti all'interno della maggioranza di centrodestra che è terminata nel più inglorioso dei modi, dopo essersi trascinata stancamente per quasi un anno durante i quali l'attività amministrativa, e quella del consiglio comunale in particolar modo, è stata sostanzialmente paralizzata da un quadro politico gravemente compromesso. FINE DI UN'AVVENTURA E così l'avventura amministrativa di Tommaso Minervini alla guida della città è terminata esattamente come era iniziata: con le dimissioni di sedici consiglieri comunali. Ma se nel settembre del 2000 fu proprio l'ormai ex primo cittadino l'ispiratore di quella che venne definita una “imboscata” ai danni dell'altro Minervini, Guglielmo, a distanza di cinque anni è stato il “sindaco del progetto civico” a vedersi di fatto defenestrato da Palazzo di Città, dimissionato in malo modo dai suoi stessi alleati. Corsi e ricorsi storici, verrebbe da dire. Dei sedici consiglieri comunali che hanno determinato l'immediato scioglimento della massima assise cittadina e la contestuale caduta dell'amministrazione, ben dieci appartenevano alla Casa delle Libertà (otto di Forza Italia e due di Alleanza Nazionale), cui si sono aggiunte le sei firme di consiglieri di centrosinistra (Sallustio, Lucanie, De Robertis, Angione, Cataldo e Corrado Minervini) a dimostrazione di come la fine di questa amministrazione sia stata determinate sostanzialmente dalle contraddizioni interne ad una coalizione nata cinque anni fa non su un progetto politico comune e condiviso ma su un mero accordo di interessi particolaristici. Era ampiamente prevedibile che, alla lunga, i nodi sarebbero venuti al pettine e che questo grande equivoco, retto per cinque anni solo grazie alla schiacciante maggioranza dei numeri in consiglio comunale, sarebbe stato svelato. “No, nessun equivoco – precisa Giusi De Bari che in questi anni ha svolto il delicato ruolo di capogruppo in Consiglio per Forza Italia – la caduta del sindaco Tommaso Minervini è il frutto di una evoluzione non prevista di un accordo fatto alla luce del sole nel 2001 che ebbe un grande consenso elettorale e che ha consentito cinque anni di amministrazione. Il sindaco ha voluto rompere unilateralmente questo accordo e le conseguenze non potevano che essere queste”. La scelta assunta da Forza Italia e Alleanza Nazionale di sfiduciare Tommaso Minervini è stata presa all'indomani della decisione dell'ex primo cittadino di riproporre la sua candidatura alla guida della città, rilanciando la sua idea di “progetto civico” e cioè di una coalizione che si ponga come alternativa sia al centrodestra che al centrosinistra. “Non potevamo accettare – ci ha detto Mauro Magarelli, massima espressione di Alleanza Nazionale a livello locale – che rimanesse in piedi una amministrazione guidata da quello che per noi sarà un avversario nella prossima campagna elettorale. E' stata una decisione difficile ma obbligata”. DIMISSIONI DEI CONSIGLIERI DI CENTROSINISTRA Diverse, ovviamente, le motivazioni che hanno indotto i consiglieri comunali di centrosinistra a determinare la caduta della amministrazione: “Le nostre dimissioni – ha detto Nino Sallustio, capogruppo della Margherita in questi anni, nel corso di una conferenza stampa – erano una necessità cui, per senso di responsabilità, non ci potevamo sottrarre. Nell'ultimo anno – ha proseguito – di fatto non c'è stata nessuna attività amministrativa, ma un continuo regolamento di conti all'interno della maggioranza da cui potevano venire solo danni alla città; era per noi un obbligo morale impedire che se ne facessero ancora”. Tommaso Minervini ha commentato con parole molto dure queste dimissioni parlando senza mezzi termini di “inciucio” tra centrodestra e centrosinistra: “Questo comportamento – ha dichiarato l'ex primo cittadino – mi convince ancora di più della necessità di alzare il livello del confronto politico mirando soltanto all'impegno civile che non deve essere asservito alle tattiche di schieramento ma deve sempre tendere al bene di Molfetta”. Ora la città è stata affidata, fino all'elezione del nuovo sindaco, nelle mani di un commissario prefettizio, il dott. Alfonso Magnatta, 52 anni di Bovino, cui spetterà il delicato compito di gestire, da arbitro terzo ed imparziale, questa lunga volata elettorale che si preannuncia già molto accesa.
Autore: Giulio Calvani
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