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Si può vivere senza amore? Tony allotta a Molfetta per Malalingua
17 febbraio 2013

MOLFETTA - «La vita davanti. Si può vivere senza amore?» Impegnativo rispondere, ma prova a farlo Tony Allotta nello spettacolo andato in scena all'Odeon di Molfetta per la rassegna «Autori in scena-Storie da me» dell'Associazione teatrale Malalingua. E per farlo racconta una storia, una come tante, che più vera non può essere perché nelle parole di Toto'-Mohammed, il protagonista, senti la stessa voce di mille e mille persone con una storia simile alla sua. Figli della strada o semplicemente di un’immigrazione crudele che genera nuovi paria. 
Una storia che è un misto storie, così vere da sembrare surreali, dove una ex prostituta ebrea scampata ad Auschwitz diventa la “grande madre” che accoglie a pagamento bambini di strada, figli di immigrati, nella Belleville degli anni ‘80. Una storia d’amore, perché questi bambini, e Totò-Mohammed tra tutti, da lei vengono amati e in lei si consuma la loro ricerca d’amore, la ricerca della loro madre, quella vera, che si e' persa chissa' dove.
E poi ci sono i sogni, quelli veri, di bambino, l’amicizia con un ombrello vestito da immaginario compagno di giochi o con un cagnolino abbandonato, l’avventura in uno scantinato che pare un antro misterioso, le forme generose della madre adottiva come scudo e difesa dal mondo. Un racconto di vita, senza retorica. E raccontare una storia,  è l'essenza del teatro, la rappresentazione della vita stessa.
La storia finisce, Toto'-Mohammed cambia voce e diventa Tony Allotta, dal Teatro Valle Occupato. Ne racconta la storia, le ragioni, i sogni, le battaglie che non sono, ci dice, meramente politiche come dai più si dice, ma culturali. Non è più tempo, insomma, per il pubblico di stare a guardare e basta, e non solo a teatro. E non è più tempo per il corpo, di rimanere un mezzobusto che guarda, imbalsamato, disconosciuto.
Alla fine, generale moto di gratitudine e di commozione per questo attore che ha scardinato un bel po' di luoghi comuni, dalla fissità del pubblico-spettatore al ruolo dell'attore e dello stesso teatro come luogo di relazioni, prima che di rappresentazione. E poi un invito a frequentarlo, il teatro, e a portarlo dentro la vita di tutti i giorni, anche in quella della scuola, che così tanto ne avrebbe bisogno.
Lo spettacolo è stato scritto da Tony Allotta e liberamente tratto da Emile Ajar.
 
© Riproduzione riservata
Autore: Lucia G. Binetti
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NESSUNO, NESSUNO PUO' VIVERE SENZA AMORE. - (Tratto da: LA MADRE - Grazia DELEDDA) - “Ma perché i preti non possono sposarsi? Perché Signore, Paulo non poteva amare una donna? Tutti possono amare, anche i servi e i mandriani, anche i ciechi e i condannati al carcere: perché Paulo, la sua creatura, lui solo non poteva amare?” - Chiuse la porta, tornò indietro e sedette sulla scaletta come la madre la notte avanti: rinunziava a risolvere il suo problema, ma aspettava che qualcuno venisse ad aiutarlo. Fu la madre che lo trovò così: nel vederla si alzò subito già rincorato, ma già anche umiliato in fondo alla sua coscienza tanto era certo del consiglio di lei di proseguire per la via scelta. Eppure sulle prime vide il viso rude di lei sbiancarsi, quasi affinarsi nell'angoscia. “Paulo! Perché stavi così? Ti senti male?” “Mamma” egli disse, avviandosi alla porta, senza voltarsi; “non vi ho voluto svegliare, ieri notte. Era tardi. Dunque sono stato là. Sono stato là.” La madre lo guardava, già ricomposta in viso. Nel silenzio breve che seguì alle parole di lui si sentì la campana suonare più rapida e insistente, come sopra la casa. “Ella sta bene; solo è agitata e pretende che io lasci subito il paese; altrimenti minaccia di venire in chiesa e fare uno scandalo denunziandomi al popolo.” La madre taceva, ma egli se la sentiva alle spalle, ferma e dura, che lo reggeva, su, su, come ai primi passi. “Voleva che partissi questa notte stessa…… E …..disse che altrimenti sarebbe venuta questa mattina in chiesa…..Io non ho paura di lei; del resto credo che non verrà.” Egli si avviò verso la chiesa senza voltarsi; la madre rimase davanti alla porta a guardarlo allontanarsi. D'un tratto salì nella cameretta e si vestì in fretta per andare anche lei in chiesa. Si sentiva mela, sì, il prete: un fiotto di saliva salata gli riempiva la bocca e gli pareva sangue: ma in fondo al suo malessere germogliava una speranza. “Cadrò morto; mi si romperà il cuore, e tutto, almeno sarà finito.” Ridiscese per confessare le donne, e vide sua madre in fondo alla navata, accanto alla porta. Quando si volse per la benedizione, vide Agnese che lo guardava. I loro occhi s'incontrarono, in un baleno di luce. La vide alzarsi con il libro in mano. “Dio mio, sia fatta la tua volontà” gemette inginocchiandosi. Pregava ed aspettava, e gli sembrava sentire il passo di Agnese che si avanzava verso l'altare. Agnese, invece, si fece il cenno della croce, s'alzò e andò verso la porta rivolgendo lo sguardo verso l'angolo della chiesa ov'era la madre del prete: e questa stava immobile, seduta contro la parete, con la testa piegata sul petto, e pareva facesse forza a reggere appunto la parete come avesse timore che crollasse. Una donna si rivolse anche lei a guardare; poi d'un balzo s'accostò alla madre del prete, la chiamò sottovoce,m le sollevò il viso con la mano. Gli occhi della madre erano socchiusi, ma vitrei, e la pupilla era salita in su, scomparsa; il rosario le cadde di mano, la testa si piegò sul fianco della donna che la reggeva. “E' MORTA” gridò la donna. Paulo intanto era già entrato in sacrestia, tremava di freddo e di gioia. Aveva l'impressione di uno scampato da un naufragio. Un rumore di voci confuse lo assalirono, usci dalla sacrestia e vide tutta la gente laggiù ferma in fondo. “La madre si sente male” gli gridò un vecchietto. E si precipitò ancora vestito del camice, e s'inginocchiò, stretto dalla folla, per guardaqre meglio la madre distesa sul pavimento con la testa sul grembo di una donna. “Madre, madre?” Egli intese subito che era morta della stessa pena, dello stesso terrore che egli aveva potuto superare. Strinse i denti per non gridare, quando sollevò gli occhi, nella nuvola confusa della folla che gli si accumulava incontrò gli occhi di Agnese. -
".....questo mi fa venire in mente una cosa, caro” disse lei. “Ricordi che non hai mai voluto interferire con le mie opinioni religiose prima di sposarci? Però io sapevo ugualmente quello che pensavi e credevo in quello a cui tu credevi…..non in seguito a un mio ragionamento, ma perché lo facevi tu. Adesso dimmi, Angel, pensi che ci ritroveremo dopo la morte? Voglio saperlo.” Lui la baciò per evitare di derle una risposta in quel momento. “Oh Angel….ho paura che questo voglia dire di no!” disse Tess, soffocando un singhiozzo. “E io, che volevo tanto rivederti….ma tanto, così tanto! Come…? Neppure tu e io, Angel, che ci vogliamo così bene?” Poi Angel sentì qualcosa dietro di sé, un fruscio di piedi. Voltandosi, si accorse che sulle colonne abbattute c'era un'altra figura; poi, prima quasi che se ne avvedesse, ne apparve un'altra, vicino, a destra, sotto un trilite, e un'altra a sinistra. La luce dell'alba illuminava in pieno la faccia dell'uomo che veniva da occidente e Clare potè notare che era alto, e marciava come se vi fosse stato allenato. Tutti si avvicinavano in cerchio con uno scopo evidente. Dunque la storia raccontata da Tess era vera! Balzando in piedi, Angel si guardò intorno alla ricerca di un'arma, un ciottolo, un mezzo di fuga, qualsiasi cosa. Ma, a questo punto, ormai, l'uomo più vicino gli era arrivato addosso. “Siamo sedici qui sul Plain, e tutta la regione è stata messa in allarme.” “Lasciatela finire il sonno!” li implorò in un sussurro, mentre gli uomini si raccoglievano intorno a loro. Quando videro dov'era distesa Tess a dormire, non sollevarono obiezioni, e rimasero lì fermi, a guardarla, immobili come pilastri intorno a loro. Angel si avviò verso la pietra e si chinò sopra Tess, prendendo una delle povere manine; adesso il suo respiro era rapido e affrettato come quello di una creatura più piccola, non di una donna. Aspettarono tutti nella luce crescente del giorno, con le facce e le mani che sembravano diventate d'argento, il resto del corpo scuro, le pietre che luccicavano di una sfumatura verde-grigia mentre il Plain era ancora una massa d'ombra. Presto la luce diventò più forte, e un raggio andò a cadere sulla figura addormentata di Tess, filtrandole sotto le ciglia e svegliandola. “Cosa c'è, Angel?” chiese, svegliandosi con un sussulto. “Sono venuti per me?” “ Si amor mio” rispose lui. “Sono venuti.” “E' come doveva essere” mormorò lei “Angel, sono quasi contenta….sì, contenta!Questa felicità non poteva durare. Era troppo grande. Ne ho avuto abbastanza, e adesso non dovrò più vivere fino a sentirmi disprezzare da te”. Si alzò, si diede una scrollatina e avanzò di qualche passo senza che uno di quegli uomini si muovesse. “Sono pronta” disse con voce tranquilla. Pochi minuti dopo che l'ora era scoccata, qualcosa si mosse lentamente su per l'asta, e si allargò alla brezza. Era una bandiera nera. “Giustizia” era stata fatta e il Presidente degli Immortali, come dice la frase di Eschilo, aveva finito di divertirsi con Tess. E i cavalieri e le dame dei d'Urberville dormivano nelle loro tombe, ignari. (Tratto da: TESS - Thomas Hardy) - Nessuno vive senza AMORE -
Una storia d'amore, tratto da : Chesil Beach di Jan McEwan - Finalmente poteva ammettere con se stesso di non aver mai amato nessuna così, e di non avere mai incontrato nessuno, uomo o donna che fosse, che la uguagliasse in serietà. Forse, se fosse rimasto con lei, sarebbe riuscito a concentrarsi di più sulle ambizioni, forse avrebbe scritto quei libri di storia. Pur non essendo affatto il suo genere, Edward sapeva che l' Ennismore Quartet era famoso, tuttora un punto di riferimento nel mondo della musica classica. A concerto non andava mai; non comprava, e nemmeno curiosava tra le raccolte di brani di Beethoven e di Schubert. Non aveva voglia di riconoscerla in fotografia, e di constatare gli effetti del tempo, o di scoprire dettagli sulla sua vita privata. Preferiva custodirla com'era nei suoi ricordi, con il fiore di tarassaco nell'asola della camicetta e il nastro di velluto nei capelli, la sacca di tela sulle spalle, e quella sua faccia dalle ossa grandi e il bel sorriso sincero. Se pensava a lei, si stupiva un po' di aver lasciato andare via quella ragazza con il violino. Ormai ovviamente sapeva che la sua proposta di tenersi in disparte era piuttosto pretestuosa. Le occorreva soltanto essere certa che lui l'amasse, sentirsi rassicurare sul fatto che non esisteva nessuna fretta, avendo un'intera VITA DAVANTI. Amore e pazienza – ah, se solo non se li fosse scoperti in tempi diversi – li avrebbero di certo aiutati a superare ogni cosa. E allora chissà quali figli mai nati avrebbero avuto la loro occasione, quale meraviglia di bambina con la fascetta nei capelli sarebbe diventata il suo tesoro di casa. Ecco come il corso di tutta una vita può dipendere….dal non fare qualcosa. A Chesil Beach, Edward avrebbe potuto richiamare Florance, o seguirla. Non sapeva, e nemmeno avrebbe voluto scoprirlo, che correndo lontano, sicura, nella sua disperazione, di essere sul punto di perderlo, Florence non si era mai sentita tanto innamorata e sgomenta, e che il suono della sua voce l'avrebbe raggiunta come una salvezza, che si sarebbe senz'altro voltata. Edward invece era rimasto impassibile nel suo silenzio virtuoso, in quel crepuscolo estivo, a guardarla correre via sulla spiaggia, mentre lo sciabordio delle piccole onde copriva il rumore dei suoi passi faticosi e Florence si riduceva a un punto sfocato sull'interminabile rettilineo di ciottoli sfavillanti nella luce fioca. - Si può vivere senza Amore?
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