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Servizi sociali la moltiplicazione dei pani e dei pesci?
15 novembre 2012

È un altro fronte semi-occulto della polveriera amministrativa del Comune di Molfetta quello dei Servizi Sociali, soprattutto per il servizio di erogazione dei contributi sociali a nuclei familiari e cittadini indigenti o in difficoltà economiche. Senza dubbio, il contributo straordinario comunale può alleviare le sofferenze di questi soggetti bisognosi nell’attuale fase di crisi economica, cercando di limitare gli effetti negativi complessivi sulle condizioni socio- economiche della cittadinanza. Ma è necessario rispettare le prescrizioni della normativa nazio-regionale e comunale vigente. Infatti, secondo il Regolamento comunale per l’accesso alle prestazioni, gli uffici comunali devono sempre assicurare «la massima trasparenza dell’azione amministrativa nella concessione di finanziamenti e benefici economici ai soggetti destinatari», puntando «alla normalizzazione delle situazioni eccezionali affrontate e al reinserimento sociale e produttivo delle persone assistite». In pratica, occorre evitare il mero assistenzialismo di facciata che nel tempo potrebbe assumere i connotati della “prebenda politica”, dannosa anche per lo stesso beneficiario: il Comune non può surrogarsi ad un bancomat a erogazione continua e illimitata a danno dei contribuenti, rinunciando alla concreta assistenza del cittadino veramente in difficoltà. Nel 2012 il Comune di Molfetta ha erogato quasi 60mila euro di contributi straordinari (poco meno di 150 determine pubblicate), cui si aggiungono 223mila euro per i contributi ordinari (nuclei familiari indigenti inseriti in un apposito elenco dei beneficiari redatto dagli assistenti sociali). Un aumento spaventoso rispetto agli anni precedenti: poco più di 7mila euro di contributi straordinari nel 2011 (quasi 93mila euro per gli ordinari), 15mila euro nel 2010 e meno di 5mila euro nel 2009 (56mila euro per gli ordinari). Disoccupazione, inoccupazione, cassa integrazione, retribuzioni tagliate, aumento delle imposte nazionali e comunali, le tante legittime motivazioni: ma le determine del Settore Socialità potrebbero anche raccontare un’altra terribile realtà. È giusto non pubblicare i dati sulla sfera privata e il tipo di condizioni di vita dei beneficiari per la privacy personale, come sancito per legge, ma non è del tutto giustificato utilizzare la formula «omissis» senza nemmeno indicare nella determina le iniziali dell’interessato, riportate, però, sull’oggetto della delibera per la pubblicazione sull’albo pretorio online (in questo caso, si potrebbe dubitare che le iniziali possano essere anche “errate”, se non riportate nell’atto amministrativo). Inoltre, l’assenza di un riferimento economico o di un dato informativo sul rispetto dei requisiti per i contributi straordinari potrebbe essere interpretato come assenza di trasparenza (e forse qualcos’altro, l’eventuale anticamera della prebenda clientelare). Stessa considerazione sui contributi ordinari. In questi casi, non dovrebbe essere violata la privacy personale, se del beneficiario mancano i dati sensibili, ma si garantirebbe al comune cittadino la trasparenza amministrativa: conoscere la ragione della richiesta del contributo (pagamento di alcune utenze domestiche o di mensilità di fitti di casa prima dello sfratto, spese funebri da sostenere a seguito del decesso del coniuge, spese straordinarie o sanitarie, cui si aggiungono anche oneri per l’ospitalità presso case di riposo con pagamenti continuativi trimestrali e bimestrali) è un dato poco rilevante. Tra l’altro, in base alle prescrizioni del regolamento comunale, gli uffici comunali dovrebbero eseguire delle verifiche periodiche sulle condizioni socio-economiche degli assistiti, come fissato dall’art. 20: «ai fini dell’accertamento della veridicità delle dichiarazioni presentate dagli utenti, le Amministrazioni effettuano, avvalendosi degli uffici competenti, anche sulla base delle segnalazioni del servizio sociale, controlli a campione composto da soggetti estratti a sorte che interessino annualmente almeno il 5% dei beneficiari delle prestazioni sociali agevolate. I dirigenti potranno altresì predisporre ulteriori accertamenti»). In caso di false dichiarazioni, «fatta salva l’attivazione delle procedure di legge per perseguire il mendace, le amministrazioni, adottano ogni misura utile a sospendere e/o rivedere e/o recuperare i benefici concessi». Ad esempio, potrebbero sorgere delle perplessità di fronte a determine che presentano stesse diciture e stesse motivazioni (con numeri in sequenza e redatte nello stesso giorno o in giorni vicini), quasi fossero ciclostilate, come se in quel modo il contributo complessivo fosse stato frazionato in più parti per ridurne il “peso specifico” (per caso elargito alle stesse persone in un cumulo artificioso). Le stesse Forze dell’Ordine e le varie Procure della Repubblica hanno avviato delle indagini nel 2012 in tutta Italia proprio sull’erogazione di questi contributi, attraverso controlli incrociati su redditi, atti amministrativi, dati catastali e tributari. In molti Comuni italiani, la Guardia di Finanza ha accertato autocertificazioni fasulle: qualcuno risultava nullatenente pur abitando in una villa faraonica e guidando una jeep nuova di pacca. Una vera e propria truffa. Nessuna verifica a tappeto è stata eseguita a Molfetta e non è possibile allo stato escludere sorprese.

Autore: Marcello La Forgia
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