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Senato, niente riordino della province: sfuma la Città metropolitana, Molfetta resta dov'è Commissione Affari Costituzionali: il decreto non sarà convertito in legge, le possibili conseguenze. 700 emendamenti, 140 subemendamenti. Silenzio politico locale sull'ennesima tempesta di sabbia. Patroni Griffi: le dichiarazioni
13 dicembre 2012

MOLFETTA - Tanto tuonò che non piovve. Montecchi contro Capuleti, centrodestra contro centrosinistra, una vera e propria “guerra di religione” (anche a Molfetta) per il più classico vuoto spinto: il decreto sul riordino delle Province non sarà convertito in legge, adesso è definitivo. Scompare dall’agenda politica l’ennesima tempesta di sabbia estiva di alcuni politicanti locali. Proprio Quindici, negli ultimi articoli sull’argomento, aveva anche sospettato che questo decreto non fosse poi più convertito in legge e si stesse sollevando solo polvere: tanto rumore per nulla.

Questo è stato deciso all’unanimità dai partecipanti ai lavori della Commissione Affari Costituzionali del Senato, conclusasi nella tarda serata di lunedì alla presenza tra gli altri dei ministri Filippo Patroni Griffi (Pubblica amministrazione e semplificazione) e Piero Giarda (Rapporti con il Parlamento).

 

Pare siano davvero poche le possibilità di poter convertire il provvedimento a causa del numero eccessivo dei sub-emendamenti, pari in tutto a 140. In sostanza, in Puglia tutto resterà com’è: Molfetta resterà al suo posto, nella Provincia di Bari, che non sarà trasformata in Città metropolitana (tantomeno finirà nella Provincia di Foggia).

Gli “sciamani” della Città metropolitana o quelli che hanno gridato “al lupo al lupo” su un’improbabile accorpamento di Molfetta a Foggia preferiscono il silenzio, sull’argomento, perché sono state collezionate fin troppe figure barbine da entrambi i fronti.

 

Insomma, la montagna governativa, che sembrava dovesse schiacciare anche il Comune di Molfetta con l’accorpamento coatto alla provincia di Foggia o alla Città metropolitana di Bari, ha partorito solo un piccolo e insignificante topolino. Anzi, neanche quello. Con buona pace di qualche politicante locale che ha alimentato un polverone di vacuità, infestando anche gli organi di stampa, invece di discutere su problematiche serie. I comizi e le tavolate al Corso Umberto, i proclami in Consiglio comunale, le “vuvuzelas” mediatiche si sono dileguati come fumo cancerogeno nel nulla.

Anche i risicati attivisti locali del Movimento Cinque stelle (a livello nazionale sta gettando la maschera, rivelandosi peggio del berlusconismo, con autoritarismo e poca trasparenza del suo fondatore Beppe Grillo di fronte ai dissidenti) portano a casa l’aria fritta, considerata la richiesta al Commissario Prefettizio di un improbabile referendum.

 

Il Pdl ha depositato in aula al Senato le pregiudiziali di costituzionalità (evidenziate da molti organi istituzionali nazionali, tra cui l’Unione delle Province d’Italia) sul Decreto n.174 che prevedeva il passaggio da 86 a 51 Province, cui si aggiungono i 700 emendamenti portati in Commissione e i ricorsi presentati da alcune località sentitesi penalizzate dai criteri alla base del riassetto delle Province.

Un vero e proprio colpo mortale al decreto che scadrà alla vigilia della Befana, il 5 gennaio 2013: troppo poco per ultimare o riavviare questa difficilissima riforma.

«Il governo ha fatto quello che poteva - il laconico commento di Patroni Griffi -, ma la situazione non si poteva sbrogliare come del resto hanno confermato questa sera i capigruppo in Commissione». Con il Parlamento «il Governo ha fatto un buon lavoro fino alla spending review», ha spiegato deluso il ministro, «ma poi si sono imposti alcuni giochi in Parlamento».

 

Inoltre, le annunciate dimissioni di Monti dopo l’approvazione della Legge di Stabilità 2012 (un altro salasso in vista) hanno complicato maggiormente la situazione. È stato ancora una volta sbeffeggiato il Governo centrale (forse non completamente a torto, visto che il decreto era in odore di incostituzionalità), che auspicava una conversione del decreto in tempi brevi, mettendo le mani avanti in caso di mancata approvazione definitiva, con l’elenco di tutti i possibili malus derivanti da uno stop improvviso al riordino, quasi che le riforme fin qui introdotte abbiano avuto l’effetto salutare sperato o dichiarato.

 

Infatti, secondo un documento governativo, la mancata conversione del decreto di legge «potrebbe anche implicare un periodo d’incertezza per l’esercizio di funzioni fondamentali per i cittadini».

Anzi, «porrà una questione finanziaria legata dal problema dei mutui contratti dalle province con banche e soprattutto Cassa depositi e prestiti: a questi dovranno subentrare Regioni o Comuni o dovranno essere frazionati, altri problemi riguarderanno il trasferimento del personale, dei finanziamenti, dei beni immobili» (dipartimento delle Riforme del ministero della Funzione Pubblica).

Le città metropolitane restano istituite solo sulla carta, ma la loro operatività sarebbe ostacolata, secondo il Governo, da una serie di fattori, come la mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano (è emerso il difetto di legittimità democratica di tale astruso organismo solo ora), l’incertezza sui rapporti tra sindaco del Comune capoluogo e sindaco metropolitano, le incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari. Nessuno ha ora il coraggio di dire ulteriori sciocchezze a Corso Umberto sull’argomento, compresa la follia dell’adesione alla provincia di Foggia o la creazione della nuova provincia di Molfetta. La tempesta di sabbia sembra passata.

 

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Autore: Nicola Squeo
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Povero Gaudio!Alla tua età ancora credi alle favole?Tu veramente hai creduto che in Italia,i nostri viscidi e squallidi parlamentari avrebbero rinunciato a una parte dei loro privilegi come ad esempio ridurre il numero di provincie e quindi di poltrone sulle quali fare i propri comodi?Sei un illuso!Tu sei convinto che esista un partito migliore dell'altro?Non c'era bisogno di un "esperto" di politica come me per capire che il progetto della riduzione delle provincia sarebbe finito nel cesso!Poi ammesso che questa cosa andasse in porto,immagini quale "casino" all'italiana sarebbe successo?Pensa all'8 settembre del 1943!Da un giorno all'altro siamo passati dai tedeschi agli americani,lasciando senza informazione e quindi spiazzati milioni e milioni di italiani che non sapevano da che e chi difendersi rispetto al giorno prima.Una cosa del genere,ripeto tipicamente italiana, succederebbe col cambio o abolizione delle provincie.Te lo immagini oppure no?Cambiare provincia da un giorno all'altro o diventare città metropolitana avrebbe portato le istituzioni al collasso di competenze!Già ora le varie istituzioni burocratiche si scaricano le responsabilità l'una con l'altra...figurati cosa succederebbe se si abolissero le provincie!Sei mai stato in "certi uffici" dove gli addetti ti "rimbalzano" da uno sportello all'altro e tu alla fine ti rompi le palle e maledici la burocrazia?Moltiplica per 100 questa situazione se venissero abolite le provincie!La verità è che siamo stati presi per le chiappe ancora una volta da politici che sono nati per creare disordine e incertezza,e nel disordine e nell'incertezza vince sempre e solo chi ha una poltrona sotto il culo.In quanto ai contributi intellettuali...non mi interessano!La politica è furbizia e non ha nulla a che fare con la cultura e l'intellettualità!E se si vuole sopravvivere ci si deve adeguare!


Hans Petersen ...disarmante! Questo signore sembra godere dei malefici e delle malefatte che una genia di persone dedite a tutt'altri affari che quelli per i quali NOI!!! (ancorché suggeriti, questi individui, dalle stramaledette Segretrie dei partiti - legge elettorale "porcellum", con la quale andremo verosimilmente a rivotare) li abbiamo votati. L'unico contributo dell'ineffabile Hans quale è? Il pavoneggiarsi del fatto che ..."l'avevo detto", ..."la colpa è di tutti", ..."chi disquisiva - con una certa preoccupazione - della eventualità di una inclusione di Molfetta in un aprovincia diversa (Foggia), era un visionario". Bravo caro Hans, tu si che dai contributi intellettuali rimarchevoli su questo BLOG e, penso anche su altri che magari frequenti, dispensando le tue perle di saggezza ...in salsa scandinava. Caro amico, qui non è questione di Destra, Sinistra, Centro, ecc. ecc.. In tutti gli schieramenti vi sono ..."scandinavi" come te, ma penso che i più abbiano almeno un pò di pudore. Ahimé, tu no! Esibisci tutto quello che in te "brilla", secondo il tuo metro, con un candore (spero che sia quello) quasi ammirevole, sadico?. Complimenti. Forse un risparmio (presunto, badiamo bene) di circa mezzo miliardo di Euro - per non parlare di quanta semplificazione e chissà cos'altro - per te, magari ricco sfondato?, quindi che (forse) te ne infischi della situazione attuale - sono bruscolini. Beato te. Anche le tue opinioni sono rispettabilissime; però esibirle, come fai tu, a trofei di una inesistente caccia (a che cosa, poi?), mi sembra il colmo. Saluti caro il mio Scandinavo. Ti faccio i miei auguri, se per ipotesi, non dovessimo più ...parlarci fino alle prossime festività!







Tratto dal sito ilportaborse.com Mi chiama un big del Pdl. Parla di Berlusconi e ride. Se la ride di come il Cavaliere anche stavolta è riuscito ad incartare tutti. Ride. A me non va di essere preso per il culo. Gli faccio: “Scusa, ma ridi per non piangere?”. Silenzio. Berlusconi ha annunciato di volersi candidare. Da qual momento in poi ha preso solo schiaffi. Quasi tutti i pidiellini europei l'hanno mandato a cagare, mezzo partito è in subbuglio, tanti non vogliono finire a picco assieme al Cavaliere. La Chiesa ha usato parole pesanti contro Berlusconi e il suo ritorno e invece a favore di una discesa in campo di Mario Monti. Poi c'è la Lega che non ne vuol sapere. Sono colpi tremendi all'ego di Berlusconi. Colpi mortiferi. Coltellate terribili. L'ex premier sta capendo adesso che fuori da Arcore il mondo è cambiato e nessuno lo vuole più. Facciamo prima a elencare chi lo sostiene: Micaela Biancofiore, Daniela Santanchè, Maristella Gelmini. Punto. Non mi viene in mente più nessuno. Sparito quel coretto di leccaculi che si era sperticato in lodi non oltre una settimana fa. Ecco perché alla presentazione del libro di Vespa è apparso il Cavaliere più naturale, quello che non sa che pesci prendere adesso. Non può dire più che correrà davvero perché non è più sicuro. Minaccia la Lega sperando che torni indietro. Un silenzio disgustato e al tempo stesso eloquente. Ma il (fu) leader del (fu) Pdl richiama in servizio Angelino Alfano come possibile candidato ruota di scorta sperando che la Lega almeno sostenga quello. Oggi l'ex presidente del Consiglio andrà a Bruxelles (ma nessuno è sicuro che davvero ci vada), al vertice del Ppe dove prenderà sberle di tutti i tipi, dove persino il capogruppo Dahl ha fatto sapere che non lo vuole più e si prepara a cacciare dal partito europeo i berluscones. E' la fine dell'impero. Era proprio necessario arrivare a tanto? MORALE: BERLUSCONI : ITALIA = AZZOLLINI : MOLFETTA
vi riporto le dichiarazioni del Vice Presidente Vicario dell'Upi, Angelo Vaccarezza, Presidente della Provincia di Savona. "Se non fosse una tragedia sarebbe quasi una comica e si sta avverando quello che noi avevamo detto qualche tempo fa. Con la mancata conversione del decreto sul riordino si apre una fase di incertezza e confusione che francamente non ci voleva. Bisogna trovare subito una soluzione nella Legge di stabilità: deve essere abrogato l'art. 23 del decreto Salva Italia e devono essere restituite alle Province le funzioni previste dalla spending review. Sulle Province è stato fatto un gran pasticcio - sottolinea Vaccarezza - a partire dal Salva Italia, una norma giudicata anticostituzionale, che ha tolto tutte le funzioni a questi enti. Per questo nella spending review il Governo aveva fatto un passo indietro, restituendo alle province la gestione delle scuole, 5000 istituti superiori, dei 125 chilometri di strade, della difesa del suolo e della programmazione territoriale, con un ruolo primario nel governo dei territori e risorse proprie. Ma ha legato la norma al percorso di accorpamento a livello territoriale. Caduto il riordino, siamo al caos, e sono a rischio servizi essenziali ai cittadini. Per questo ora l'unica soluzione - conclude il Presidente Vaccarezza - è abrogare con la Legge di stabilità l'articolo 23 del decreto Salva Italia, dimezzando il taglio ai bilanci previsto per le Province. Solo così potremo continuare a garantire i servizi" (fonte: NTR24).







Volevo fare una precisazione all'articolo, che ristabilisce un po' di normalità nel caos mediatico di questi ultimi giorni (evitabile). Vi riporto di seguito la tesi di ITALIA OGGI, una delle più importanti testate giuridico-economiche nazionali. "Le funzioni oggi spettanti alle province resteranno di loro competenza nonostante la mancata conversione del dl 188/2012 sul «riordino», decisa in parlamento. Domenica scorsa, vista la valanga di emendamenti presentati al ddl di conversione del decreto, la pregiudiziale di costituzionalità avanzata dal Pdl e il tempo irrisorio, il ministro Patroni Griffi aveva provato a mettere pressione al 'parlamento e spingerlo comunque a convertire Ideerete. A questo scopo ha elaborato al volo, trasmettendolo ai giornali uno studio, secondo il quale la mancata conversione getterebbe nel caos il sistema. Infatti, resterebbero in vigore le disposizioni del decreto «salva-Italia», che ha ridotto le funzioni delle province solo à quelle di indirizzo. L'inquilino di Palazzo Vidoni ha rilevato che la mancata conversione potrebbe determinare un danno ai cittadini, in quanto le funzioni scuola, viabilità, ambiente, resterebbero senza più un ente titolato a svolgerle. Tanto che comunque, la parte del dl relativa alle funzioni dovrebbe essere inserita, nelle intenzioni del governo, come emendamento al ddl Stabilità. Le cose non stanno come afferma Palazzo Vidoní. Apparentemente, l'articolo 23, comma 14, della legge 214/2011 limita drasticamente le funzioni provinciali: «Spettano alla provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze». Ma il successivo comma 18 precisa che stato e regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, debbano trasferire ai comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle regioni. Dunque, le disposizioni dell'articolo 23 della legge 214/2011 non sono immediatamente dispositive, ma solo programmatiche. Occorre l'intermediazione delle norme statali e regionali, perché le funzioni attualmente spettanti alle province siano attribuite a comuni o regioni. Nelle more della disciplina normativa statale e regionale, le province non possono che continuare a svolgere le funzioni attualmente loro assegnate. Del resto, l'articolo 17, comma 10, della legge 135/2012 ha anche specificato quali funzioni «fondamentali» resteranno in capo alle province, integrando la previsione programmatica dell'articolo 23 del «salva-Italia». Il che significa che Stato e regioni, con le leggi attuative dell'articolo 23, non potrebbero sottrarre alle province le competenze alle funzioni qualificate come fondamentali. Si potrebbe osservare che l'assegnazione alle province delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 17, comma 10, potrà attivarsi «all'esito della procedura di accorpamento», per sostenere, parzialmente, la tesi avanzata dal ministro della funzione pubblica. Ma anche tale, argomentazione non reggerebbe. Infatti, se l'attribuzione alle province di funzioni ulteriori e diverse da quelle di indirizzo e coordinamento dei comuni fosse davvero condizionato all'esito dell'accorpamento, prima di esso vi sarebbe un periodo lungo, quello necessario per completare gli accorpamenti territoriali, modificare i finanziamenti e trasferire beni, contratti e dipendenti, nel quale allo stesso modo nessun ente potrebbe esercitare le funzioni provinciali. Simmetricamente, il comma 9 dell'articolo 17 della legge 135/2012 subordina l'effettivo esercizio in capo ai comuni delle funzioni provinciali regolate da leggi statali emanate nell'esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato, all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse. Il che dimostra come fino al completamento del processo di sottrazione delle funzioni alle province, dette funzioni continuano a spettare alle province. Prescindendo totalmente dalla circostanza che il dl 188/2012 fosse convertito o meno. Per altro, lo studio ministeriale evidenzia i vizi di incostituzionalità del dl 188/2012, in una sorta di confessione della violazione della Costituzione. Resta da chiedersi a cosa sarebbe valso convertire un decreto considerato incostituzionale dallo stesso suo autore". Grazie per la pubblicazione.



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