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Salvemini all'Università popolare di Molfetta: S.O.S tartarughe e delfini, rischio estinzione
26 gennaio 2014

MOLFETTA - L'emergenza tartarughe e delfini, due specie marine che stanno drasticamente diminuendo di numero, sono state il tema di un incontro all'Università Popolare di Molfetta, presieduta dalla prof.ssa Ottavia Sgherza. A parlarne è stato Pasquale Salvemini, responsabile del centro tartarughe locale, che ha delineato inizialmente le cause che stanno condizionando l'habitat degli "abitatori del Tartaro".

In natura, infatti, vi sono 7 specie di tartarughe marine, delle quali, solo 3 solcano le acque del Mediterraneo. La più diffusa è la cosiddetta "Caretta-Caretta" che è costituita da un carapace, la parte rigida volgarmente definita "guscio", e quattro pinne, le anteriori adoperate per nuotare e le posteriori per direzionare. Il sesso dell'animale è individuabile dalla lunghezza della coda, nonostante la maturità sessuale la raggiungano soltanto dopo il quattordicesimo anno di età. Il viaggio che le tartarughe Caretta-Caretta effettuano abitualmente tocca oltre alle coste dell'Adriatico e del Tirreno anche quella libanesi, non disdegnando, perciò, di nutrirsi non solo di acciughe, ma anche di calamari e meduse.
L'altro esemplare del Mediterraneo è la "Tartaruga Verde", che si ciba sostanzialmente di alghe. La lunghezza di questa tartaruga può raggiungere anche i 125 cm, soltanto di grandezza carapace. In realtà il numero di Tartarughe Verdi è molto esiguo e se si dovesse fare un paragone con le Caretta-Caretta di 1.000 esemplari, della Verde se ne conterebbero al più 10.
L'ultima è la cosiddetta "Tartaruga Liuto", della quale, riprendendo il paragone precedente se ne troverebbero al massimo due elementi. La caratteristica fondamentale di questa tartaruga è il carapace "gommoso", termine tecnico per indicare la capacità di raggiungere profondità anche superiori ai 100 metri. La "Liuto" può raggiungere la lunghezza di 270 cm, con un peso complessivo che si aggira attorno ai 400 kg, nutrendosi principalmente di grossi calamari, essendo una frequentatrice assidua della acque oceaniche.
Dopo aver analizzato le tartarughe, Salvemini si è soffermato ad elencare i vari esemplari di delfini che si possono incontrare nell'Adriatico. Il più piccolo è la "Stenella", caratterizzato da una fascia laterale con sfumature bianco-grigiastre; il secondo è il "Tursiope", il più imponente che può raggiungere i 3m, con l'unica eccezione del "Grampo" che potrebbero superare anche i 5 m.
L'attenta analisi non si è limitata ad una mera caratterizzazione delle due specie, ma ha elencato i vari punti che ne stanno decretando l'inarrestabile declino. Il primo fattore è l'utilizzo delle reti a strascico, nelle quali rimangono mortalmente intrappolate le tartarughe quando tornano in superficie per respirare e i delfini a causa della loro estrema curiosità, loro dote distintiva. La seconda causa scatenante è da ricercarsi nell'utilizzo, da parte dei pescatori, degli ami che molto spesso vengono perduti e ingoiati dagli animali tratti in inganno dalla lucentezza degli attrezzi.
Il terzo fattore è il fenomeno dell'antropizzazione delle coste, che sta gradualmente diminuendo lo spazio disponibile per la deposizione delle uova da parte delle tartarughe che sono costrette a deporre in acqua perdendo inevitabilmente un numero cospicuo di piccoli. Ultimo, non per importanza, è la piaga dell'inquinamento, con i mari ai limiti della vivibilità per la flora e la fauna marina.
E' fondamentale dopo aver conosciuto le cause e il possibile scenario nefasto che si potrebbe prefigurare, adottare una sensibilità nuova per salvaguardare il nostro patrimonio acquatico. Infatti, seppure i centri di recupero svolgano un ruolo di primaria importanza, tutti nel loro piccolo potrebbero evitare che la situazione possa degenerare in maniera inesorabile e consentire a questi due splendidi esemplari di continuare a popolare i nostri mari, dei quali loro sono i giocatori e noi soltanto spettatori non paganti di questo magnifico spettacolo.

© Riproduzione riservata

 

Autore: Alessandro Cincotti
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