Salvapoltrone, il governo cerca di mantenere ad Azzollini la carica di sindaco
Improponibile un emendamento del decreto milleproroghe sull’abolizione delle condizioni d’ineleggibilità ai sogli di Camera e Senato. La partita parlamentare non è ancora fi nita, almeno fi no al 31 marzo. In caso di approvazione, questa correzione legislativa, predisposta nel silenzio, avrebbe una risonanza politica anche a Molfetta: con elezioni anticipate, il sindaco-senatore Antonio Azzollini, come altri suoi colleghi politici, avrebbe la possibilità di ricandidarsi al Senato, senza dimettersi dalla carica di sindaco. E il governo di Silvio Berlusconi in un’ultima delle sue “porcate elettorali” (come le chiama il leghista Roberto Calderoli) cerca di salvare Azzollini e altri esponenti del Pdl che rischiano l’incompatibilità: insomma, garantire l’arraff atutto e il salvapoltrone. Nel silenzio delle feste natalizie dello scorso 29 dicembre è stato approvato il Decreto legislativo n.255. Stregati dall’approvazione della Riforma Gelmini, nessuno ha badato al calderone del milleproroghe: distrazione massima a ridosso del Natale, si «uccide» senza essere visti. INELEGGIBILITÀ A CAMERA E SENATO Governabilità sul fi lo del rasoio in Parlamento, un eventuale voto anticipato farebbe scaldare la sedia di sindaci e presidenti provinciali, deputati e consiglieri regionali, che ricoprono il doppio incarico. Proprio come il sindaco Azzollini, eletto nel 2008 anche come senatore, da maggio dello stesso anno presidente della Commissione permanente V Bilancio. Il Decreto del Presidente della Repubblica n.361 del 30 marzo 1957, con le modifi che introdotte dalla Legge n.270 del 21 dicembre 2005, dichiara all’art. 7 la ineleggibilità al Senato e alla Camera di presidenti provinciali e «sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti» e la decadenza dalla carica in caso di candidatura. Una situazione che la città di Molfetta ha vissuto nel 2008, quando il sindaco Azzollini si dimise dalla carica di sindaco per ricandidarsi a quella di senatore Pdl, senza dimenticare la poltrona appena lasciata. Ineleggibilità rafforzata dall’art. 62 del Testo Unico delle leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali (D.Lgs. n.267/00): «fermo restando quanto previsto dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 e dall’articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l’accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte ». CASO D’INCOMPATIBILITÀ Già risolto nell’ottobre del 2002 dalla Giunta delle elezioni della Camera, che ha dichiarato compatibile il mandato parlamentare e la carica di sindaco di Comune con popolazione superiore a 20mila abitanti o di presidente di giunta provinciale, perché non esiste una norma esplicita in merito. Anche se l’incompatibilità eviterebbe un oggettivo confl itto d’interessi tra cariche e uffi ci pubblici, legato alla cura degli interessi locali e nazionali. Secondo la consueta interpretazione (estensiva), la carica comportante ineleggibilità determina incompatibilità se assunta dopo l’elezione parlamentare: una lettura, discutibile per alcuni, che traspone le cause d’ineleggibilità in ipotesi di incompatibilità, trasformando un istituto in un altro «avente presupposti e ragioni del tutto diverso ». La ratio dell’ineleggibilità (evitare la captatio benevolentiae nella competizione elettorale) non può sussistere se la carica di sindaco o presidente provinciale è assunta dopo quella parlamentare. GENNAIO 2010 IL TENTATIVO DI TIDEI D.P.R. n.361/57 non più attuale, si legge nella proposta C.3153 presentata alla Camera dei Deputati dal senatore Pietro Tidei (Pd), componente della Commissione permanente II Giustizia e Giunta per elezioni, il 27 gennaio 2010 (cofi rmatario il senatore Paolo Corsini del Pd, Componente Commissione permanente III Aff ari Esteri). «Nell’ottica di una riforma federale dello Stato e di un sempre maggior peso istituzionale da riconoscere alle autonomie locali, appare ormai anacronistica la scelta di privare il Parlamento […] della presenza dei sindaci delle città medie e grandi e dei presidenti di realtà territoriali quali le province »: la motivazione adotta dall’on. Tidei per questo disegno di legge bipartisan, che codifi ca la «più recente giurisprudenza parlamentare che, a partire dalla XIV legislatura, esclude l’incompatibilità per i deputati e per i senatori che abbiano assunto le cariche in oggetto succes-sivamente alla loro elezione al Parlamento rappresenta già un segnale nella direzione da ultimo richiamata». Evidente disparità di trattamento, continua la relazione, perché «per i sindaci di città con popolazione superiore ai 20mila abitanti e per i presidenti delle province […] l’ordinamento prevede l’ineleggibilità, mentre per i presidenti delle regioni si limita soltanto a fi ssare una mera incompatibilità»: lesione del principio di eguaglianza dei cittadini nell’accesso alle cariche elettive sancito dall’art. 51 della Costituzione. Piuttosto, una mistifi cazione politica dello stesso articolo costituzionale. Inoltre, la disciplina sull’ineleggibilità sarebbe stata valida con la legge elettorale proporzionale e con il sistema maggioritario uninominale, mentre «con l’introduzione di un sistema elettorale di tipo proporzionale a liste bloccate, senza voto di preferenza […] l’elezione dei deputati e dei senatori è affi data alle scelte insindacabili di ciascun partito politico – continua la relazione dell’on. Tideo – e ciò ha attenuato […] le ragioni giustifi cative della previsione dell’ineleggibilità fondata sulla ratio di evitare la captatio benevolentiae degli elettori». Chiesta, dunque, l’abrogazione delle lettere b (i presidenti delle Giunte provinciali) e c (sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20mila abitanti) dell’art. 7 del D.P.R.n.361/57. Possibile modifi ca all’art. 63 del D.Lgs. n.267/00 (compatibilità tra le cariche di sindaco e presidente di provincia e quelle di parlamentare nazionale ed europeo), abrogazione dell’art. 62 del citato testo unico (accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta la decadenza dalla carica di sindaco o di presidente della provincia) e della Legge n.18/79 (incompatibilità tra la carica di parlamentare europeo e le cariche di presidente di provincia e di sindaco di un comune con popolazione superiore a 15mila abitanti). Presentata alla Camera, questa proposta di legge dev’essere ancora approvata. GENNAIO 2011 E M E N D A - MENTO 2.630 Per ovviare alle possibili dimissioni a cascata di sindaci e presidenti di fronte alla caduta del Governo Berlusconi, il senatore Pdl Giuseppe Esposito (tra i 5 incarichi parlamentari, quello di componente della Commissione permanente V Bilancio) ha proposto il 31 gennaio 2011 l’emendamento 2.630, con cui sostituire all’art. 7 del D.P.R. n.361 (VII comma) le parole «in caso di scioglimento della Camera dei deputati » con «in caso di scioglimento della Camera dei deputati, che ne anticipi la scadenza di oltre trecentosessantacinque giorni, le cause di ineleggibilità anzidette non hanno eff etto; in caso invece di scioglimento della Camera […]» (foto a fi anco). L’approvazione avrebbe permesso a presidenti e sindaci con il doppio incarico di proseguire senza interruzione la gestione dell’ente provinciale o comunale e la carriera politica a Roma, se rieletti. Invece, nell’VIII seduta dell’1 febbraio le commissioni V Bilancio e I Aff ari Costituzionali hanno dichiarato «improponibili» una serie di emendamenti, tra cui il 2.630 (foto a fi anco, dal sito del Senato della Repubblica). Un colpo al cuore per quei parlamentari che contavano su questo emendamento, semisconosciuto al pubblico, per il mantenimento del doppio incarico, nato, a quanto pare, per «arrotondare lo stipendio». La calendarizzazione del milleproroghe termina il 31 marzo: c’è sempre tempo per un ennesimo emendamento che abolisca le condizioni di ineleggibilità-incompatibilità.