MOLFETTA – “Se negli ultimi 5 anni... Un tuo parente o una persona a te vicina è stata costretta per lavoro a lasciare Molfetta... Hai sentito rabbia per lo sperpero di risorse naturali, economiche e culturali presenti a Molfetta... Almeno una volta hai pensato che le strade, le piazze, i parchi, le periferie di Molfetta fossero in uno stato di abbandono... Non hai avuto una sola volta la possibilità di decidere su una questione importante riguardante Molfetta... Hai provato insoddisfazione per le solite persone nei soliti posti di comando a fare le solite politiche... allora ti consigliamo la lettura di questo documento”
Questo il preambolo del programma elettorale per le prossime elezioni amministrative del Partito della Rifondazione Comunista che di seguito pubblichiamo.
MOLFETTA AL TEMPO DELLA CRISI
La discussione sul futuro di Molfetta non può prescindere dalla riflessione sulla crisi generale che stiamo vivendo. Una crisi economico-finanziaria che si manifesta anche sul versante sociale e coinvolge la sfera della cultura e della politica. Una crisi che sta cambiando e cambierà la scena del mondo e dell'Europa a cui siamo stati abituati negli ultimi venti anni. Sono arrivati al pettine della verità i nodi delle bugie che in questo ventennio i seguaci del libero mercato, della competitività e della precarietà dei diritti hanno diffuso con la complicità di intellettuali e organi di informazione asserviti. In tutti questi anni ci hanno venduto la favola dello sviluppo globale in cui inserirsi competitivamente per approfittare delle opportunità offerte dal capitalismo, chiedendo sacrifici e rinuncia ai diritti del lavoro e dello stato sociale in cambio di maggiore benessere ed opportunità. Ebbene la crisi oggi è realtà, e la realtà ha la testa più dura di tutte le favole che in questi anni ci hanno raccontato i vari protagonisti della politica, anche qui a Molfetta. È fallito il progetto di uno sviluppo sganciato dai limiti che ogni territorio e le risorse finite impongono. È fallita l'idea che si possa crescere quantitativamente a dismisura senza porsi il tema della qualità del progresso e della coesione sociale delle comunità e della redistribuzione dei rischi, dei guadagni e delle risorse in senso egualitario. È fallito il sogno di una società atomizzata fatta di individui in competizione l'uno con l'altro nella corsa all'arricchimento e ci stiamo risvegliando più poveri, più precari e più esclusi. Ogni alternativa culturale e politica non può che ripartire da questi temi fondamentali, anche qui a Molfetta.
Che relazione c’è tra la crisi e la nostra città?
La crisi non è solo un problema di finanza pubblica, anzi l'indebitamento privato (banche e imprese) insieme a quello della bilancia commerciale italiana sono per certi versi ancora maggiori. La crisi riguarda fondamentalmente quell’idea di sviluppo secondo cui all’interno del mondo globale ogni territorio (locale) doveva mettersi in condizione di lanciarsi nello spazio globale per attrarre occasioni e opportunità. È in crisi l’idea per cui, mettendosi in competizione, i territori si procurano automaticamente il benessere. La crisi è il frutto delle disuguaglianze economiche, il prodotto di un'idea egoista di società, in cui chi ha di meno non merita solidarietà ma solo derisione o tutt'al più compassione. Noi crediamo invece che in questo paese – in cui il 10% delle famiglie possiede il 50% delle ricchezze – sia necessaria una redistribuzione delle risorse, non solo per una ragione di giustizia sociale elementare ma anche per far ripartire l'economia. Ma questa ripartenza non può essere affidata al libero mercato in cui prevale la legge del più forte e del più furbo, senza protezione per i più esposti e i più deboli. Ricordiamo quando negli anni scorsi noi eravamo critici e ci opponevamo agli insediamenti commerciali nella nostra zona industriale e i governanti, insieme a tanti cittadini, cercavano di zittirci dicendoci: “ma se questi gruppi non vengono a Molfetta, andranno a Bisceglie, Giovinazzo,Trani o altrove”, dipingendoci come nemici del benessere di Molfetta.
Qualcuno ha il coraggio di difendere ancora ciecamente le scelte di sviluppo fatte in questi anni? Basta farsi un giro nelle città limitrofe per rendersi conto di come le attività commerciali molfettesi sono state desertificate mentre altri paesi hanno vissuto meno questo impoverimento. La città che oggi abitiamo è una città in cui sono quasi scomparsi come forze trainanti i settori primari tradizionali (agricoltura e pesca), sostituiti da un settore terziario (servizi e commerci) espansosi a scapito di territorio agricolo e altre attività tradizionali. In misura minore vi è stata espansione artigianale e manifatturiera, perlopiù riallocata in contesti extraurbani (le zone artigianali). Abitiamo una città che ha immaginato se stessa e il suo avvenire su alcuni assi principali: − l’espansione edilizia; − la creazione di insediamenti produttivi extra-urbani; − la costruzione del nuovo porto commerciale.
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UN BILANCIO DI QUESTI ANNI
Proviamo ad avanzare un bilancio provvisorio e rapidissimo di questa idea di città. In primo luogo, l’espansione edilizia prevista dall’ultimo Piano regolatore approvato nel 2001 (e attorno a cui sono ruotate le vicende politiche degli anni Novanta) ha raggiunto la linea della statale 16bis, consentendo un fenomeno molto limitato di rientro di molfettesi emigrati tant'è che la popolazione è scesa sotto i 60.000 abitanti. Tralasciando per un attimo gli aspetti ambientali e idrogeologici, dopo dieci anni non c'è una maggiore facilità di procurarsi il bene-casa o un sensibile calo dei prezzi. Paradossalmente vi è una offerta sproporzionata di case senza che sia risolto il problema dell’accesso a questo bene fondamentale, con la presenza rilevante di un ceto imprenditoriale legato all’edilizia, ai proprietari di suoli e relativo indotto professionale che hanno rappresentato uno dei punti di forza del centrodestra. In secondo luogo, il processo di creazione di nuove zone produttive extra-urbane hanno prodotto una nuova “città” che nelle intenzioni dei gruppi dominanti di questi anni avrebbe dovuto significare sviluppo e crescita per tutti. Dopo venti anni possiamo riscontrare i dati seguenti: − non è diminuita l’emigrazione (a quella manuale non assorbita nelle costruzioni dell’edilizia locale si è aggiunta quella intellettuale); − la creazione di una zona industriale prevalentemente assorbita da gruppi commerciali della grande distribuzione non ha assorbito la domanda di lavoro, specie giovanile, ma anzi ha prodotto effetti negativi sul tradizionale commercio urbano, senza contare che questi grossi gruppi commerciali in qualsiasi momento potrebbero trovare altrove maggiori convenienze; − le aziende presenti nelle nuove zone produttive – pur registrando settori e realtà positive; – fortemente segnate da un'impronta familiare sono lontane da una logica di consorzio ed essendo inserite in una filiera economica di subappalto e produzione in conto terzi sono esposte perciò all’andamento del mercato intermini di subordinazione a committenze più robuste. L’attuale crisi – come ogni crisi del resto – scarica i suoi costi soprattutto sugli anelli deboli delle filiere e della catena economica: in tale contesto non vale lo stupido motto del “piccolo è bello” molto di moda qualche tempo fa, perché chi “è piccolo” di questi tempi ha meno probabilità di sopravvivere. Infine, l’idea della realizzazione del nuovo porto commerciale. Tralasciando momentaneamente le critiche in ordine alla gestione e ai tempi di realizzazione, concentriamoci sulla portata economica dell’opera e sull’idea in sé.
L’idea di base ancora una volta è stata questa, comune e trasversale agli schieramenti di centrodestra e centrosinistra: nel mondo globale la politica ha il compito di creare opportunità e infrastrutture che consentano al territorio di stare in rete, attrarre flussi e investimenti, “lanciando in orbita” il territorio locale. Proviamo anche qui a fare un bilancio astenendoci da ogni considerazione di carattere puramente gestionale (i ritardi, le penali pagate e da pagare, le opere di bonifica incomplete): i flussi di merci in questa crisi sono dati al ribasso e sembra perdere quota l’idea della Puglia – e di Molfetta – come porta d’Oriente e snodo strategico della movimentazione di merci (e idee).
La Puglia e Molfetta come snodi di attraversamento di prodotti altrove realizzati: è qui il punto debole dell’idea di sviluppo di Molfetta che abbiamo sotto gli occhi, un'idea sorpassata dalla realtà della crisi. L’idea degli snodi logistici, dei punti nevralgici della rete derivanti da un’idea dello sviluppo globale immaginato come spazio vuoto in cui ognuno si mette in competizione.
Si sono chiesti e prodotti sacrifici (di diritti e di territorio) per realizzare strutture e progetti finalizzati non a realizzare produzioni materiali (o immateriali) ma servizi, trasporti (connessi al settore commerciale), ovvero attività esposte alle intemperie della congiuntura economica. Altra debolezza è l’assenza di caratterizzazione prevalente della nostra zona artigianale e la sua dipendenza da subappalti e subforniture: in altre parole ciò che si realizza non è chiesto principalmente dal territorio circostante ma da territori più distanti che in qualsiasi momento potrebbero rivolgersi ad altri fornitori o contoterzisti.
Questa è la debolezza del nostro tessuto economico in questa scenario di crisi. Le fortune delle realtà economiche locali dipendevano in periodi di crescita più “dall’esterno” che “dall’interno”, ovvio che questa dipendenza in un periodo di crisi costituisca una debolezza profonda. E mentre le grosse realtà della distribuzione commerciale possono chiudere e cercare altri lidi tale possibilità è fuori dalla portata delle realtà economiche locali. In definitiva e in estrema sintesi, negli ultimi vent’anni Molfetta ha sviluppato attività e settori costitutivamente fragili poiché prevalentemente esposti all’esterno senza sviluppare al contempo filiere e fissare paletti che consentissero una qualche forma di “sovranità” e tutela per le realtà locali del territorio.
La capacità di sottrarsi alla visione ideologica per cui bisognava a tutti costi intercettare investimenti e creare infrastrutture per entrare nei circuiti più grandi aveva basi fragili che oggi la crisi sta rivelando, al di là di tutta la propaganda e le favole che si possono raccontare: − il ciclo del “mattone” non produce vantaggi per i cittadini che domandano casa; − i nuovi insediamenti artigianali e industriali non hanno legami forti con il territorio locale bensì legami subalterni con ciò che sta fuori del territorio locale; − la grande opera portuale, oltre a essere in ritardo, rischia di essere inutile una volta realizzata per via degli scenari futuri in cui i flussi calano e ogni macro-area globale si rivolge al suo interno.
IL CENTRODESTRA E LA CRISI
Quanto detto finora ci fa capire che la forza del centrodestra in questi anni non è stata soltanto la figura e la ricchezza dei mezzi economici messi in campo da Azzollini ma la sua assoluta e perfetta adesione ideologica a questa idea di sviluppo portata alle estreme conseguenze ovvero senza le moderazioni del centrosinistra. In questi anni il centrodestra ha sempre affermato relativamente alla realizzazione del nuovo porto commerciale: “noi realizziamo la stazione affinché i treni passino trovandovi convenienza”. In tempi di vacche grasse chi chiedeva “e se i treni non dovessero trovare convenienza a passarci?” veniva sbrigativamente etichettato come anti-sviluppista, anti-moderno e legato a schemi passati, oggi che la realtà economica è fatta di recessione e di crisi sistemica, la debolezza del modello di sviluppo risalta prepotentemente. Quante volte in questi anni qualcuno avrà pensato: “il sindaco-senatore sarà pure un po’ allergico alle regole, sarà pure un po’ ruspante o cafone, sarà pure uno che in campagna elettorale spende e spande ma Azzollini propone e rappresenta lo sviluppo delle zone produttive extra-urbane e il nuovo porto”.
La crisi che i cittadini e le imprese molfettesi stanno vivendo smascherano questa promessa e questa idea dello sviluppo di Molfetta. È dunque arrivato il momento di proporre un'autentica alternativa, cambiare radicalmente visione del paese e del suo futuro. Non è sufficiente, per quanto necessario, inchiodare Azzollini alle sue responsabilità sulla gestione e l’attuazione di piani e opere, non ci si più può limitare a ciò in questa fase generale e locale di crisi sistemica. Bisogna chiedere conto al centrodestra, al di là della sua propaganda, di come la sua visione dell'economia e dello sviluppo non abbia risolto i problemi del lavoro e dell'emigrazione dei molfettesi, anzi abbia peggiorato la qualità della vita del molfettese.
Un governo decennale che ha sperperato le risorse del territorio e l'ambiente senza dare nulla in cambio se non il degrado delle strade, dei quartieri, delle regole della civile convivenza.
IL CENTROSINISTRA E LA CRISI
È necessaria perciò una visione di città alternativa che oggi non si ritrova in un centrosinistra inconcludente e ancora attardato sul passato. Non è sufficiente la critica del modo in cui Azzollini ha gestito la cosa pubblica, ma serve una critica dell’idea profonda di città che ha portato avanti.
I partiti del centrosinistra criticano il centrodestra soltanto perché non attua e gestisce efficientemente quel che ha progettato, senza criticare in sè il modello di città del centrodestra, la sua fragilità costitutiva. Questa debolezza di fondo del centrosinistra nasce dall'incapacità di rimettere in discussione il proprio passato, le scelte degli anni Novanta quando anche il centrosinistra ha fatto sue le idee di competizione e di mercato provenienti dal centrodestra. Non si può essere alternativi senza cambiare visione del mondo, altrimenti si finisce per gestire lo stesso programma di fondo e gli stessi processi con il rischio che a sembrare più adeguati nella gestione di questi processi sembrino gli uomini del centrodestra percepiti a volte come più scafati e intraprendenti. È ovvio che in assenza di questo lavoro di revisione la proposta del centrosinistra non può che essere debole, autoreferenziale e destinata al massimo a un'onorevole sconfitta. Si tratta, invece, secondo noi, di demolire l’idea dello sviluppo del centrodestra locale, fare un bilancio pubblico dei fallimenti in campo urbanistico, edilizio, economico e delle opere pubbliche per prospettare una via d'uscita e guadagnare a un nuovo modello di sviluppo i consensi di pezzi d’impresa, del lavoratore dell’edilizia e del precario della zona artigianale o industriale, oltre che del mondo del lavoro dipendente.
LA SINISTRA E LE OPPORTUNITA' OFFERTE DALLA CRISI
Una visione e 30 azioni per voltare pagina a Molfetta Programma per le elezioni amministrative Cambiare il governo della città, inteso come governo dei processi che contano a Molfetta, è possibile ma serve un grosso, lucido e paziente lavoro politico a partire dalla visione di quella che vorremmo fosse Molfetta nel prossimo decennio. Non più la visione del decennio appena trascorso, attardata a inseguire uno sviluppo edilizio con larghe concessioni alla grande distribuzione commerciale oppure una grande opera attorno a cui fare girare tutto il resto, né lo sfregio ambientale e clientelare perpetrato con la politica di “privatizzazione” dei poteri e delle ricchezze pubbliche. È necessario rilanciare la centralità delle istituzioni pubbliche in modo da renderle capaci di risolvere i problemi reali: dalla qualità della vita e dell’ambiente alla mobilità, dall'energia al ciclo dei rifiuti, dalla casa al lavoro, dalla cultura alla democrazia dal basso e alla educazione civica degli uomini e le donne che abitano la città. Non più il pubblico come semplice regolatore del “traffico privato” ma come pianificatore ed elemento attivo di equilibrio per il sistema-città.
Si tratta in parole povere di restituire a Molfetta “sovranità” economica e politica sul presente e sul futuro, uno sviluppo equilibrato in cui la sorte della città non dipenda prevalentemente da circuiti esterni ma da relazioni interne sempre più coese e vantaggiose, un progresso al servizio degli interessi dei molti contro i disegni speculativi e di rapina dei pochi. Il tessuto civile ed economico per quanto sfregiato dalla arroganza del potere attuale e segnato a volte da un'eccessiva dose di frammentazione e corporativismo dei vari mondi e realtà associative, tuttavia presenta ancora segni di vivacità intellettuale nonché di insofferenza morale per le pratiche politico-amministrative correnti.
Bisogna però recidere con una proposta alternativa quel legame tra pezzi di città che trovano ancora più conveniente e credibile la proposta del centrodestra. Non è sufficiente puntare sul fatto di essere “puliti” e onesti (pur potendo noi vantare questo pre-requisito che altri non possono certo vantare), bisogna battere il centrodestra sul piano della capacità di prospettare un altro futuro, un’altra sostenibilità economico-sociale-ambientale per Molfetta e per quella parte del mondo produttivo e associativo non legato a doppio filo al centrodestra.
Ci candidiamo a rappresentare una proposta che parli a quanti politicamente sono delusi dalle promesse e dell'arroganza del centrodestra nonché dall'inconsistenza strategica del centrosinistra, a quanti disorientati e impauriti dalla crisi iniziata nel 2008. Il fallimento di 12 anni di centrodestra è sotto gli occhi di tutti: c'è chi continua a lasciare la città per lavorare, l’edilizia esaurisce le opportunità di impiego, le “grandi opere” sono al palo, le risorse ambientali e culturali risultano sprecate, i quartieri abbandonati a se stessi, le regole e il senso civico stravolti.
La crisi ci obbliga a un'alternativa radicale per uscire dalla palude, a trovare nuovi schieramenti per rovesciare i rapporti di forza e spostare la partita dal piano dei pacchetti di voti – in cui la destra e il centro sono avvantaggiati – al piano progettuale delle idee e della militanza su cui la destra e il centro sono carenti.
Per noi l’alternativa si basa sull’assoluta discontinuità rispetto a progetti, uomini e pratiche del centrodestra, su una proposta di governo da costruire quotidianamente con quanti condividono le riflessioni precedenti e chiedono di contribuire a rifondare la città, a partire dalle lotte di questi anni, facendone un Bene Comune da tutelare e salvaguardare nelle risorse e nei diritti fondamentali.
Una proposta di governo da costruire nella pari dignità con soggetti singoli e collettivi che vogliano collaborare in questo frangente delicato di crisi della nostra città, per superare l'arroganza fallimentare del centrodestra e l'inconsistenza strategica del centrosinistra. Per questo sentiamo l'obbligo politico e morale di di avanzare responsabilmente questa lettura della città in crisi e di avanzare proposte programmatiche e obiettivi irrinunciabili per un'alternativa reale di governo, seguendo poche ma nette linee guida: Riciclare, Ripristinare, Rigenerare, Riscattare. In una sola parola, Rifondare la città.
RICICLARE
Obiettivo: “rifiuti zero” e autosufficienza energetica delle strutture pubbliche
Azioni
l riattivazione dell'impianto di compostaggio a gestione pubblica;
l raccolta differenziata a domicilio estesa e nuovo sistema premiante di tariffazione (chi più
differenzia, meno paga);
l riduzione della produzione a monte dei rifiuti da parte di privati e soggetti economici;
l riorganizzazione e “ripubblicizzazione” delle aziende partecipate/municipalizzate
“multiutilities” (Asm/Mtm/Multiservizi), anche in una logica consortile o di ambito (Comuni
limitrofi), per avere un braccio operativo che realizzi le azioni precedenti, si occupi di
pianificazione energetica e supporti forme e sistemi di mobilità integrata alternativa
all'automezzo privato (bike e car-sharing).
RIPRISTINARE
Obiettivo: innalzamento della qualità della vita
Azioni
l completamento delle opere di urbanizzazione nei nuovi quartieri di espansione e apertura
dei parchi chiusi (Parco di Mezzogiorno alla 167, parco di via Einaudi, piazza Mentana)
l redazione del Piano urbanistico generale come occasione di ascolto della comunità e
pianificazione strategica della città futura;
l Piano di riqualificazione bioarchitettonica dell'abitato e del costruito esistente (centro
urbano e periferie) e blocco all’espansione e al consumo di territorio;
l nuova mobilità centro-quartieri, realizzazione di percorsi ciclabili e nuovo Piano del traffico;
l revisione del regolamento per l'installazione di antenne di trasmissione radiomobile e Piano regolatore delle antenne di nuova installazione;
l istituzione di un ufficio comunale per l'energia e redazione del Piano energetico comunale;
l ripensamento e pianificazione delle zone litoranee (D4) e waterfront nel suo complesso,
creazione di una spiaggia cittadina sul lungomare Colonna;
l nuovo Piano dell'agro e realizzazione Parco urbano di Lama Martina;
l approvazione del Piano generale dei servizi e redazione del Piano di protezione civile;
l riorganizzazione canili comunali e Piano di prevenzione del randagismo.
RIGENERARE
Obiettivo: rigenerazione economica della città, senza ricorrere a nuove espansioni urbanistiche (speculazione del “mattone”) con nuovi consumi di suolo o alla grande opera impattante (ad es. nuovo porto commerciale)
Azioni
l riqualificazione delle aree produttive, nel rispetto dei vincoli ambientali ed idrogeologici;
l implementazione di consorzi pubblico-privato nel settore delle produzioni immateriali, ad alto contenuto tecnologico-scientifico e della meccanica di precisione per favorire ricerca e gestione d'impresa, innovazione di prodotto e ricerca mercati in collegamento con l'Università;
l sostegno al commercio urbano strozzato dalla grande distribuzione con la redazione del nuovo Piano del commercio e revisione del Piano del commercio sulle aree pubbliche, riorganizzazione delle strutture mercatali all'ingrosso e revisione convenzioni (mercato ittico e ortofrutticolo);
l inserimento beni naturalistici, storico-architettonici e museali nei circuiti turistici ed enograstronomici attraverso la promozione di un marchio “Molfetta” e la redazione di un Piano turistico;
l favorire relazioni di cooperazione internazionale con l'area mediterranea e programmi di mobilità e scambi formativi giovanili;
l gestione pubblica, socialmente utile ed economicamente remunerativa del patrimonio immobiliare comunale disponibile (ad es. creazione di un albergo diffuso nel centro storico);
l revisione dell'Imu, delle aliquote e tariffe comunali in senso progressivo e favorevoli ai redditi medio-bassi.
RISCATTARE
Obiettivo: favorire metodicamente con sedi, mezzi e istituti giuridici, una partecipazione responsabile alla scelte amministrative impedendo l'arroccamento delle strutture politiche e burocratiche
Azioni
l organismi consultivi per sport e cultura con poteri di co-programmazione nella gestione di eventi e strutture e revisione delle convenzioni di gestione delle strutture sportive comunali;
l bilancio “sociale” trasparente e quota bilancio tramite procedure partecipative;
l ristrutturazione, assegnazione dei beni confiscati alla criminalità e istituzione dell'Osservatorio comunale di monitoraggio dei fenomeni delinquenziali;
l riconoscimento dei comitati di quartiere e istituzione della Consulta dei quartieri;
l revisione della pianta organica, razionalizzazione dei settori comunali, completamento informatizzazione e trasmissione delle sedute di Consiglio comunale;
l ricorso a dirigenti interni assunti per concorso e non più nominati politicamente dall'esterno, meccanismi di rotazione permanente dei dirigenti;
l stabilizzazione progressiva dei rapporti di lavoro precari all'interno della pubblica Amministrazione e delle aziende partecipate;
l ricorso a gare e procedure di evidenza pubblica per affidamento di appalti e servizi e assegnazione di contributi pubblici di assistenza;
l creazione dei centri sociali di quartiere con biblioteche e sale lettura-studio.