Rifiuti, servita la stangata
La tassa rincara del 15%, ma il sindaco come sempre scarica tutto sui predecessori
Un fulmine a ciel sereno. Una “stangata”, quella della tassa sulla spazzatura, che nessuno si aspettava dopo le tante promesse fatte in campagna elettorale.
Eppure qualche giorno fa un manifesto a firma del sindaco di Molfetta, annunciava ai cittadini un rincaro della tassa pari al 15%: ma, aggiungeva sempre il manifesto, non pensiate che la colpa sia dell’attuale amministrazione, giacché l’impopolare provvedimento risale al commissario prefettizio.
In realtà, prim’ancora di individuare “i rei-responsabili” del provvedimento, sarebbe stato utile indicarne e spiegarne le ragioni, chiarendo che, se rincaro c’è stato, non si è certo trattato di un semplice capriccio di qualche incauto amministratore.
La storia della discarica
Questa storia inizia otto mesi fa, quando, dopo il sequestro della discarica municipalizzata di Trani e dopo una settimana di panico e di totale incertezza sulla destinazione dei rifiuti della città di Molfetta, fu autorizzato l’uso della discarica di Andria.
Fu subito chiaro (e anche dalle pagine di QUINDICI, unico giornale a denunciare la situazione, qualche parola “profetica” fu spesa in proposito), che i maggiori costi dovuti non solo a un trasporto più oneroso, ma anche alle tariffe più elevate imposte dalla discarica andriese, si sarebbero inevitabilmente abbattuti sulle tasche dei cittadini molfettesi. Con un incremento sostanziale della tassa sui rifiuti. Così è stato.
Si ricorderà infatti che diverso e più vantaggioso era stato in passato l’utilizzo della cava di Trani, grazie ad accordi precedentemente intercorsi tra quel Comune e la nostra amministrazione: tre anni fa, infatti, una delibera del consiglio comunale di Trani prescriveva all’Asm di Molfetta il pagamento dei costi di sola gestione corrente della discarica (80.000 lire per tonnellata di rifiuti), rinviando ad un momento successivo la partecipazione del nostro Comune alle spese per i necessari interventi di post gestione dell’impianto.
Ma da marzo la diversa destinazione dei rifiuti, ossia il loro conferimento nella discarica di Andria, è costato al Comune di Molfetta 40.000 lire in più per ogni tonnellata smaltita, con un generale aumento delle uscite alla voce “smaltimento rifiuti” pari a svariate centinaia di milioni.
Lo scorso 30 settembre, l’ennesima svolta. Esaurito quasi del tutto anche il volume disponibile nella cava di Andria, Molfetta con gli altri comuni del bacino, è tornata a depositare i propri rifiuti indifferenziati nella discarica di Trani, dissequestrata ma non ancora del tutto sottratta al contenzioso giudiziario sul nodo della proprietà dell’impianto.
Ora tocca ai cittadini pagare gli errori
Si torna, quindi, alle vecchie tariffe. Almeno fino a quando l’impianto di Trani riuscirà ad accogliere i rifiuti del bacino. Ma non c’è da preoccuparsi, assicurano le autorità: un nuovo progetto, già approvato, prevede che nello stesso sito di Trani una nuova area vastissima (1.800.000 metri cubi) venga destinata a discarica. C’è da stare tranquilli per i prossimi dieci anni, aggiungono.
Nel frattempo, però, ai molfettesi toccherà pagare il costo di una gestione non sempre oculata e tempestiva degli impianti di discarica della regione, oltre che di una “emergenza rifiuti” che in Puglia sembra essere davvero lontana da una vera soluzione. Qui, e non altrove, vanno cercate le responsabilità e le colpe anche della nuova stangata sui rifiuti.
Da tassa a tariffa
Il noto “decreto Ronchi” (del quale i passati governi hanno però più volte prorogato l’attuazione, ritardandone gli effetti enormemente positivi), parla chiaro: oltre ad una gestione innovativa dei rifiuti che dovrà necessariamente passare per il potenziamento della raccolta differenziata, al fine non solo di sostenere la politica del “riciclo”, ma anche di ridurre al massimo la quantità di rifiuti indifferenziati da smaltire in discarica, impone inoltre la conversione della tradizionale tassa sui rifiuti (pagata da ogni cittadino in relazione all’estensione delle superfici abitate), in tariffa: in altre parole, pagheremo in proporzione alla quantità di rifiuti che produrremo, guadagnando peraltro consistenti sgravi in relazione a quanto differenzieremo e ricicleremo.
Non è affatto semplice, si sa, adeguare i passati moduli di gestione ai nuovi, così come indicato dal decreto. Nella nostra regione, il Comune di Palagiano, nel tarantino, pare essere l’unico ad aver già lanciato la “tariffa-rifiuti”.
Quanto a Molfetta, è di molti mesi fa l’idea di installare un’ “isola ecologica” in una zona della città: una serie di “cassonetti intelligenti” in cui conferire il rifiuto differenziato, che saranno in grado di quantificare immediatamente le quantità depositate. Gli utenti, provvisti di tesserino magnetico personale, pesando ciò che hanno differenziato, potranno registrare sulla tessera la corrispondente detrazione sulla propria tassa rifiuti (per il momento ancora legata all’estensione delle superfici), ovvero la possibilità di accedere a premi (abbonamenti gratuiti a trasporti pubblici, per esempio).
Il progetto, per la verità più volte rinviato, sembra essere vicino alla realizzazione. “Abbiamo ottenuto finanziamenti regionali per un progetto, presentato in collaborazione con il Comune di Corato, che prevede l’acquisto e la messa in opera di un’isola ecologica mobile – ha detto Silvio Binetti, direttore dell’Asm di Molfetta – i primi cassonetti intelligenti dovrebbero essere attivi entro pochi mesi”.
Pronto l’impianto di stoccaggio
Pronto e già collaudato, invece, il nuovo impianto di stoccaggio sorto nella zona industriale, nei pressi della sede dell’Asm. L’impianto, la cui realizzazione è stata patrocinata dal ministero dell’Ambiente, consentirà di gestire la prima fase successiva alla raccolta differenziata di cartone, plastica e legno.
Quel che accadeva finora, infatti, era che tutti i processi del dopo-raccolta fossero affidati a ditte esterne, compreso lo “stoccaggio”, termine che in realtà vale per tutte le operazioni necessarie a preparare i rifiuti differenziati, prima di essere effettivamente trasformati e riciclati. Una cooperativa di 23 ex Lpu (Lavoratori di pubblica utilità), alla quale è stato affidato in gestione l’impianto, si occuperà dell’ulteriore selezione manuale dei rifiuti che, una volta pressati e stoccati, saranno pronti per il riciclo che avverrà altrove. “Prossima entrata in esercizio dell’impianto: entro l’anno”, ha prospettato Silvio Binetti. Ed è più che una promessa.
Tiziana Ragno
Massimiliano Piscitelli
Abbandono di rifiuti inerti a Lama Cupa
E’ una denuncia di Legambiente. Da qualche mese, sostengono gli ambientalisti, l’area inondabile di Lama Cupa a valle del ponte Schivazzappa (strada provinciale Molfetta - Bitonto) è utilizzata come discarica abusiva per rifiuti inerti.
Cumuli e cumuli di materiale di risulta sono depositati da giorni nel tratto di alveo compreso tra il ponte Schivazzappa (limite a monte) e la strada (via Berlinguer, limite a valle), dove, per di più, tratti di muro a secco sono stati distrutti per accedere alla lama.
Sarà bene ricordare l’allagamento della lama avvenuto il 13 novembre 1997, quando, per una serie di fattori meteorologici concomitanti e per gli sbarramenti edili e stradali, si verificò la saturazione del bacino a monte dello sbarramento di via Berlinguer. L’esondazione che seguì all’allagamento provocò notevoli danni agli edifici circostanti.
Oggi proprio quell’area è interessata da uno spregiudicato e irresponsabile abbandono di rifiuti con una grave alterazione morfologica di un sito strategico e imprescindibile per la conservazione dell’equilibrio idrogeologico del territorio rurale e urbano. Soprattutto adesso che la “stagione delle piogge” sembra essere alle porte.