MOLFETTA -Eruzione musicale, che arriva dritta al cuore. Suonano una musica senza parole, migliore di qualunque discorso, i polpastrelli del compositore Remo Anzovino, in concerto a Molfetta dopo il successo al «Blue Note» di Milano (nella foto Remo Anzovino, Gianni Fassetta, Marco Anzovino).
Da avvocato penalista a nuova rivelazione della musica strumentale italiana, difficile non essere affascinati dalla complessa semplicità delle sue composizioni, ispirate al cinema muto, puro, senza parole. Ha composto per i maggiori capolavori del cinema muto (più di 30 pellicole), collaborando con le più prestigiose cineteche e partecipando ai principali Festival e rassegne internazionali.
Anzovino, un innovatore, quando insegna con genuinità e naturalezza che il pianoforte non è solo musica classica. Costruisce melodie simili a frasi d’amore, di rabbia e paura, canzoni ricche di suggestioni e immagini, che pulsano in ogni fibra di corpo e anima. Insomma, un viaggio - tema caro allo stesso compositore di Pordenone - nei territori opachi e affascinanti della musica per il pubblico del Cineteatro Odeon.
Compositore amante dell’emozione evocativa, che non percorre strade consuete, ma scrive un pentagramma tutto personale, pieno d’impressioni d’artista, suggestioni e richiami. La sua musica è un fluire di sensazioni che s’impastano e cozzano tra loro, fino a quando una sola domina l’ascoltatore e lo conduce per mano lungo tutto il concerto.
Sensualità, ritmi introspettivi e mediterranei: il concerto. Si spengono le luci in sala, un gioco di pieni e vuoti di grande fascino entra in scena. Note decise, cariche di passione e grinta, mescolate a toni intimisti e di rara dolcezza.
Sensualità quasi carnale, gioco di sguardi e silenzi, la prima parte del concerto. Da rapidi ritmi, quasi strappati alla coscienza dalla sapiente chitarra di Marco Anzovino, a tenere melodie, che stillano gocce di memoria con le note della fisarmonica di Gianni Fassetta. «Deriva», «Sambanero», e «Cammino nella notte», del secondo album «Tabù», oltre a la «La sera», brano blues sperimentale con cui Anzovino cristallizza il momento tra la fine della giornata lavorativa e il ritorno a casa, nel traffico.
«La musica è la chiave per entrare in posti che non conosco, in cui vorrei anche gli altri potessero entrare», preambolo a una seconda parte cinematografia, in cui la proiezione in bianco e nero di vecchi film muti accompagna la musica, rubandole quasi la scena. Immagini e note sembrano un tutto, la narrazione della trama di un film epico: scorrono le pellicole, associano ricordi personali e magnetismi musicali.
Dai brani del primo album «Dispari», «I misteri di un’anima», introspettiva, malinconica patina di angosce, tormenti e paure di un’anima femminile, e «¡que viva Tina», eco sorda e esotica, a «Dove sei» della seconda raccolta, passando per «Son», cascata di suoni di «Igloo», album uscito a aprile 2010, un inno silenzioso alla spensierata bellezza e innocenza dei bambini, eden perduto, inno alla vita, ormai desueta nella società contemporanea.
Sorpreso il pubblico di Molfetta dalla moderna sinfonia di Anzovino, dal suo sapore cinematografico e evocativo, dai pungoli della chitarra del fratello Marco, come fosse la sua amante. Anche quando il compositore friulano ha ricordato la possibile chiusura del Cineteatro Odeon, sperando che una delle sue note potesse evitarlo.
Nata al Festival del Mediterraneo 2009, a Pozzuoli, il ritmo mediterraneo e napoletano di «Rione Terra» (riprende il nome di un rione di Pozzuoli, dove si svolge il festival) ha introdotto «Dispari», brano del primo disco, «Eco di un canto» e «Igloo», quasi glaciale per cristallizzare il tempo nell’arco di un attimo, fino a «Orchidea», partorita al Festival di Lisbona, svezzata a Catania qualche mese dopo.
«Igloo», gioiello tra jazz e musica popolare. Ponte ideale tra musica classica e jazz contemporaneo, arricchito dalle collaborazioni di Gabriele Mirabassi, Franz Di Cioccio (PFM), Enzo Pietropaoli, Bebo Ferra, Francesco Bearzatti, Luca Aquino. Innovativo il terzo album di Remo Anzovino - alcuni brani in concerto - quando abbatte le barriere di ogni genere musicale, per accostare in un rifugio creativo suoni e personalità artistiche distanti.
Dodici brani in un andirivieni di duetti e movimenti orchestrali, con Fassetta e il fratello Marco. Un collage di jazz, sinfonismo, piccole miniature con una batteria, un sax, una tromba, una chitarra, un contrabbasso, un clarinetto. Duetti immersi in un substrato profondo in cui provare a disegnare una linea melodica su un correre sinfonico. L’igloo, simbolo di questo sforzo, di questo impegno quasi spirituale, luogo da dove osservare il mondo esterno, per poi uscirne, lasciare che si sciolga e riprendere il cammino nel mondo contemporaneo. Un confronto serrato con la sua stessa musica con una frenesia che costruisce e destruttura temi e linee melodiche.
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