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Regioni, Europa e contesto globale. Macroregioni e opportunità. Oggi dibattito della Cisl a Bari con Bonanni, Vendola e il sottosegretario De Vincenti
27 febbraio 2014

BARI - L’Europa rappresenta sfide ed opportunità per le regioni italiane, specie quelle della fascia adriatico-ionica. Per cogliere queste opportunità e discutere delle prospettive con le Istituzioni, la Cisl di Puglia Basilicata organizza una tavola rotonda sul tema ‘Regioni, Europa e il contesto globale. Expo 2015 e Macroregioni europee, eventi e opportunità’ che si terrà a Bari giovedì 27 febbraio, a partire dalle 15:00, presso l’Aula Magna del Politecnico in via Orabona, 4.

Aprirà i lavori il Segretario generale della Cisl interregionale, Giulio Colecchia, e sono previsti gli interventi dei Presidenti delle Regioni Puglia e Basilicata, Nichi Vendola e Marcello Pittella, del vice Presidente Confindustria per il Mezzogiorno, Alessandro Laterza, e del Segretario confederale della Ces (Confederazione Europea Sindacati), Luca Visentini.
Ha assicurato la sua presenza l’attuale Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti. Conclude la giornata di lavori il Segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni.
Il dibattito sarà condotto e moderato dal giornalista economico della Gazzetta del Mezzogiorno, Felice de Sanctis.

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E' proprio la debolezza della società europea (o delle società europee) a spiegare la difficoltà che l'Europa incontra nell'agire come Stato. Le opportunità dell'Europa, cioè, dipendono dalla capacità che avranno i governanti di rispondere agli interessi e alle rivendicazioni dei suoi membri e di essere “rappresentativi”, come lo sono stati i governi democratici nei secoli passati. Tutto, nel metodo seguito fin qui per costruire l'Europa, ha costituito un ostacolo alla crescita democratica dello Stato europeo. L'idea di Europa non è nata dalla volontà popolare o da un gran movimento di opinione; la Commissione è restata pressoché indipendente da un Parlamento che non era percepito da nessun paese come il centro di promulgazione delle leggi: cosa che spiega la scarsa partecipazione alle elezioni europee. Esiste una forte corrente di opinione in favore del rafforzamento dei poteri del Parlamento e anche del suo diritto di rovesciare la Commissione. Ma questa tendenza, che ha già indotto importanti trasformazioni, è intralciata dall'allargamento dell'Europa, che dà l'impressione a tutti i paesi membri che sia sempre più difficile orientare le decisioni di Bruxelles. Il potere della Commissione è diminuito nel corso degli ultimi anni a profitto del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, man mano che l'idea di Europa si allontanava dal federalismo. La costruzione europea presenta moltissimi vantaggi e solo una piccola minoranza vi si oppone, ma è così poco esaltante da ridurre i paesi europei al rango di osservatori della storia mondiale. Questa assenza di motivazione, in un mondo in cui ampi territori si modernizzano imponendosi grandi sacrifici, annuncia un declino, lento all'inizio e accettato senza difficoltà, ma che sarà più rapido in seguito e susciterà crisi interne sempre più gravi. L'Europa non è più un continente di combattenti; si sta trasformando in un continente di pensionati.
Ma è lecito parlare di una società europea? L'Europa è l'esempio più probante di creazione di un insieme politico ed economico sovranazionale, ma la sua realizzazione è stata vissuta dalla popolazione come il frutto di un'iniziativa presa dai dirigenti politici fermamente schierati, durante la Guerra fredda, dalla parte degli americani. I movimenti di base che, facendo leva su una forte corrente di antiamericanismo, hanno denunciato la costruzione europea come una manovra del “grande capitalismo americano e mondiale” e hanno dato voce alla delusione profonda di molti, anche al di là dei partiti, di fronte al regresso delle riforme e delle speranze che erano state sostenute dal Partito comunista, allora molto influente soprattutto in Francia e in Italia. Ma questi movimenti di opinioni non sono mai riusciti a trasformarsi in partiti politici. La costruzione europea è stata perciò recepita come l'opera di dirigenti politici e di alti funzionari che agivano senza la legittimazione della maggioranza popolare. La costruzione dell'Europa non è avvenuta sotto il controllo dell'opinione pubblica; ha solo fornito materia di studio agli istituti di sondaggio. Sta prendendo forma un'Europa senza europei. I progressi dell'Europa sono impressionanti, ma non conferiscono all'Unione europea peso nelle questioni internazionali. In grande passo avanti è stato compiuto con l'idea di una Costituzione europea. Ma questo primo slancio ebbe breve durata. L'idea di una Costituzione venne in seguito riproposta, in modo più pragmatico, al momento di accogliere nuovi Stati membri. Poiché gli Stati cercano di difendere particolarismi e interessi nazionali, questo sforzo è assolutamente necessario. Il successo di quel progetto di Costituzione, ancora incerto, si accompagna, però, paradossalmente, a un progressivo affievolimento del sentirsi europei. E di conseguenza la Costituzione europea si trova ad avere, come unica finalità, la sopravvivenza stessa dell'Unione. L'impotenza europea non si manifesta solo nel campo della politica internazionale: la maggior parte dell'elitè scientifica e industriale mondiale è attratta dagli Stati Uniti per la qualità dei suoi centri di ricerca e delle sue grandi università. Sarebbe tempo che l'Europa, superando le debolezze e l'impotenza di ciascun paese europeo, creasse una rete di istituzioni e di centri di ricerca di eccellenza in grado di rivaleggiare con gli Stati Uniti o di collaborare con le università e i laboratori americani su un piano di parità. Ma è un obiettivo molto lontano, e il maggior slancio impresso alla politica europea della ricerca ha pagato il prezzo di una pesantezza amministrativa che scoraggia tutti coloro che non partecipano a progetti di grande importanza. L'Europa è quindi ancora ben lungi dal costituire un vero e proprio Stato, ma è a questo che tende. All'opposto, è impossibile parlare di una nazione europea e ancor più di una patria.
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