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Rapine col taglierino sempre più frequenti: banda o singoli disperati?
15 febbraio 2008

Sembra impossibile che, nell'età della tecnologia, in cui la tecnica da mezzo è diventata il fi ne primario, un semplice e minuto taglierino possa compromettere le proprietà economiche di centinaia di persone. E' successo e sta succedendo in Puglia, dove un presunta “banda del taglierino” riesce a forare con disinvoltura la fi tta rete che avvolge le banche. E' suffi ciente l'uso arguto del comune taglierino per avere l'accesso alle tanto idolatrate roccaforti del denaro, ad aprire porte che, secondo i più, dovrebbero essere più che sicure. E' sulle banche che si regge il gioco, le vite e anche la gerarchia sociale che, per quanto dialetticamente superata, si presenta in realtà quantomeno stratifi cata. L'apparato così solido e ben defi nito di ricchi signori e povera gente si costruisce a quanto pare su un sistema facilmente raggirabile, di accessi e casseforti, guardie giurate e funzionari, allarmi e sistemi di sicurezza. Tutti minacciati e profondamente colpiti da un taglierino. Proprio quest'ultimo è stato il principale protagonista delle rapine avvenute a Molfetta negli ultimi due mesi nella Banca Nazionale del Lavoro, in via Salepico, nella Banca Intesa all'angolo fra il Corso Umberto e via Vittorio Emanuele, nella Banca di Bari, nei pressi di Piazza Garibaldi, a pochi giorni l'una dall'altra. I ladri sono sempre entrati in due e, una volta dentro, hanno tirato fuori i propri taglierini e minacciato gli impiegati facendosi consegnare il malloppo, di fronte ai clienti resi inermi dalla paura. Un metodo ormai usuale a Molfetta, visto che già nel mese di luglio erano state rapinate nello stesso modo la banca Unicredit in corso Margherita di Savoia (dove la rapina è stata sventata dagli stessi clienti) e la “Arditi Gelati” in Piazza Garibaldi. Ma ciò che sorprende è che questa procedura alquanto bizzarra ma effi cace è stata utilizzata non solo a Molfetta, ma in numerosissime banche in tutta la Puglia, ad Apricena (Fg), Andria, Capurso, Altamura, Barletta, Bari, Modugno, Trani. Le somme che i rapinatori sono riusciti a rubare in ogni banca vanno dai 1.000 euro a più di 10.000 euro. Una tecnologia più che mai rustica e obsoleta di fronte a sistemi ben più adeguati alla nuova era, per rubare. I ladri “multimediali”, computerizzati, tanto da sembrare dei programmatori informatici o degli scienziati, più che i classici loschi dal berretto nero e coaccaduto stume scuro, sono a quanto pare superati. Dopotutto si sa che gli strumenti, di qualsiasi complessità avanzata essi siano, cedono e dimostrano la propria “meccanicità” e rigidità di fronte alla versatilità ed infi nita adattabilità del cervello umano. Così la macchina si è dimostrata davvero poco sensibile ad un arnese pure funesto come un taglierino, e la tecnica sembra allora essersi fermata in sostanza, e aver assunto solo delle vesti più appariscenti e rassicuranti. Oppure la colpa va anche ad una posizione ancora non troppo prevenuta nei confronti di casi di questo genere. Infatti nell'ultimo caso, il 18 gennaio, nella Banca Popolare di Bari, il metal detector avrebbe segnalato qualcosa e le porte si sono chiuse. Ma, secondo alcune ricostruzioni, il rapinatore, prontamente, avrebbe affermato di non avere niente, e il personale non avrebbe badato ad un eventuale rischio, trascurando la disinvoltura con cui questi individui sono abituati ad agire. Ma le testimonianze su questi particolari sono confuse e non verifi cate con certezza. Ma l'episodio serve a dare l'idea del tipo di reazione del pubblico, tenuto conto che, in qualche caso, anche senza taglierino e sulla base di semplici minacce, i rapinatori sono riusciti a farsi consegnare il denaro, senza che nessuno opponesse resistenza. Quasi in tutti i casi, infatti, ad eccezione della rapina avvenuta a Capurso, i fotogrammi dei fi lmati dati dalle telecamere a circuito chiuso non hanno fornito dati suffi cienti per un'identifi cazione dei rapinatori. Il sospetto che essi facciano tutti parte di una banda comune sembra essere molto probabile, data la regolarità delle rapine e la procedura sempre uguale. Certamente anche se un taglierino sembra innocuo o comunque non minaccioso, l'uso che i rapinatori ne fanno lo rende più pericoloso per il fatto che, in una possibile perdita di controllo della rapina, essi possono vedere nell'utilizzo violento di esso l'unica via di uscita. E' ciò che è coaccaduto ad Altamura, dove un impiegato è stato ferito alla gola. Bisognerebbe dunque trovare sistemi di sicurezza più effi cienti, che riescano con sicurezza ad individuare e segnalare anche oggetti metallici piccoli come un taglierino. Ma naturalmente affi nare i macchinari è una soluzione che richiederebbe un dispendio ed un lasso di tempo non indifferenti. Ma se i promotori di questa “campagna di conquista” facessero capo ad un'unica organizzazione, forse sarebbe più semplice individuare il gruppo a cui essi fanno capo e prevenire le conseguenze. Resta il problema che a Molfetta la criminalità, in qualsiasi ambito o sbocco, trova sempre largo seguito. La possibilità di guadagnare molto e in tempi brevi porta molta gente ad affrontare ogni rischio, vista anche l'indifferenza dilagante da parte di tutti gli altri. Il pensare solo a noi stessi e ad una situazione che ci appaga al momento, senza troppa rifl essione all'interno di una visione lungimirante e soprattutto globale, è ciò che porta molti a non preoccuparsi delle conseguenze delle proprie illegalità. Il clima circostante, infatti, resta quasi sempre di ignoranza, se non di accondiscendenza. Solo la coscienza del nostro inserimento in una realtà comunitaria e legata da un destino sociale più o meno comune può aiutare Molfetta ad uscire dalla propria egoistica limitatezza.
Autore: Giacomo Pisani
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