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QUINDICI GIOVANI: Il mio viaggio ideale? Un piacevole ibrido tra sogno e realtà
15 luglio 2006

Spagna, Stati Uniti, Cina, Germania, Francia, Inghilterra. Poi c'è chi si accontenta del Salento o del Gargano, dell'Umbria o dell'Abruzzo. E c'è ancora chi il viaggio non l'ha mai vissuto, chi in albergo non vi ha mai messo piede. Eppure esiste un elemento comune a tutti: volontà di andare via, partire. Giunge l'estate e giunge un inspiegabile desiderio di evasione. Tutt'un affaccendarsi tra agenzie, programmazioni, bagagli. Tutti alla ricerca del relax negato da un inverno di lavoro o studio. Tutti in prega una contagia frenesia, che sussurra ed invita a mollare la routine quotidiana. E così, in queste invivibili notti infuocate, tutti viaggiano, in bilico tra sogno e realtà. Tutti, senza alcuna esclusione, perché per alcuni sognare è l'unico viaggio, l'unica vacanza possibile. E, poiché il sogno non conosce la dimensione del brutto e del male, ma solo quella dell'edonismo, il viaggio che ciascuno s'accinge a progettare tende all'idealismo e alla perfezione. C'è chi sogna luoghi che non esistono, ma la loro mancata esistenza è un dettaglio trascurabile: quel che conta è che siano specchio delle aspirazioni, dei desideri, delle necessità di ognuno. Evadere, allontanarsi, lasciare alle spalle ogni forma di razionalismo. “Scoprire se stessi”, ho sentito dire da qualcuno; forse è questo il viaggio ideale, anche se conoscersi è la più osata volontà. Sì, il viaggio ideale è un sogno: irrealizzabile, perfetto. Io sogno un viaggio tra tradizioni e superstizione, tra piccoli villaggi e città tanto piccole da non comparire sulle cartine geografiche. La grandi città mi infastidiscono con la loro mondanità. Paiono essere state snaturate dalla loro condizione di antica civiltà; paiono un ex voto al dio della tecnologia, della fretta, del progresso cattivo. Elogiamo la lentezza, la naturalezza. Il mio viaggio ideale voglio che sia un ritorno a tempi passati, quando l'uomo non era ancora stato corrotto dai tempi moderni. E poi, sopra ogni altra utopia si erge quella di allontanarsi dall'incessante e inosservato controllo cui siamo sottoposti e di cui solo in questi ultimi tempi di “bufera di intercettazioni” ci rendiamo conto: telefono fissi, cellulari, videofonini, ma anche carte di credito, sistemi di videosorveglianza, tesserini di lavoro. Una rete di controllo in autentico stile orwelliano. Nasce da sé, sotto un clima ostile, il bisogno di sentirsi liberi. Libertà, naturalezza, lentezza. Queste le parole chiave di un viaggio ideale. Poco importa se da sogno possa trasferirsi sul piano della realtà. Buon viaggio a tutti allora.
Autore: Alina Cormio
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