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Quindici anni, diciassette rapine. Fermato l'ultimo componente della banda in azione anche a Molfetta
10 agosto 2009

MOLFETTA - Probabilmente il rapinatore seriale più prolifico della Puglia e non solo: a soli 15 anni di età è stato in grado di compiere, con una freddezza ed una determinazione impressionanti, ben 17 rapine contro banche ed uffici postali nel giro di appena 3 mesi (da fine aprile a metà luglio 2008), "...con una cadenza di 1 rapina ogni 5 giorni...", come scrive il g.i.p. del Tribunale dei Minorenni di Bari nell'ordinanza di custodia cautelare. Il giovane barlettano è stato rintracciato fuori città ed arrestato sabato mattina, alcune ore dopo il blitz che, nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, ha portato in carcere l'intera "banda dei meloni gialli", come è stata definita dai mass media. Il primo colpo del giovanissimo rapinatore, portato a segno alla filiale delle poste di via Canne, a Barletta, è stato l'inizio di una serie interminabile di rapine compiute su tutto il territorio pugliese, armato di taglierino e talvolta addirittura a volto scoperto. Gli obiettivi preferibilmente fuori dalla città della Disfida, dove il riconoscimento del giovane sarebbe stato impossibile. E proprio grazie alla diffusione delle immagini delle telecamere a circuito chiuso delle banche che, giorno dopo giorno giungevano da ogni comando Arma della Provincia di Bari, è stato possibile agli investigatori del Nucleo Operativo dei Carabinieri di Barletta, dare un nome al ragazzo. L'identificazione è stata particolarmente difficile: incensurato, il minorenne era anche privo di carta d'identità e quindi nemmeno tramite gli uffici dell'anagrafe era stato possibile rinvenire la sua effige fotografica. La svolta alle indagini è avvenuta quando, presso alcuni distributori di benzina e di sigarette di Barletta, sono state spese banconote macchiate dal liquido rosso della "mazzetta civetta" esplosa dopo una rapina a Gioia del Colle. Il lavoro degli inquirenti, poi, coordinati dal dott. Barbanente, Sost.Proc. della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Bari, è stato quello di scavare tra le conoscenze e le frequentazioni del giovane. Il ragazzo, secondo quanto ricostruito dalle indagini dei militari, veniva portato sui luoghi dei colpi e poi, a rapina effettuata, riportato a Barletta, dove conduceva una vera e propria "doppia vita": insospettabile studente e rapinatore efferato al tempo stesso. Condotto in caserma dai Carabinieri, è crollato ed ha confessato la commissione delle 17 rapine addebitategli, assumendosene la piena responsabilità. E' stato quindi condotto presso il carcere minorile "Fornelli" di Bari. Mistero invece sulla fine fatta dal cospicuo bottino raccolto dal giovane: circa 100.000 euro, sulla cui spendita il ragazzo non ha fornito una versione convincente.
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I "quindici anni" - escludendo qualsiasi generalizzazione e demonizzazione -, fanno pensare ai "figli del dio minore": la TV. Da uno studio e ricerca di Francesco Gusmano. Un leggero estratto - La crescente sofisticazione dei processi comunicativi e, d'altra parte, la loro stessa capillarizzazione - fenomeni, questi, entrambi attribuibili agli sviluppi tecnologici - hanno creato una situazione che, considerata in modo ottimistico, potrebbe apparire quasi ideale. Ma si tratta di un'apparenza ingannevole. Comunicare, lo dice la parola, vuol dire "mettere in comune", "condividere con altri" qualcosa; "partecipare insieme ad altri" al godimento di un bene. Nella fattispecie, il bene che qui ci interessa è l'informazione o, più generalmente, il sapere. Lo sviluppo tecnologico incrementa cospicuamente il potenziale sistematico della comunicazione, ma tutto questo avviene senza alcun riguardo per i contenuti. Il rischio che deriva da questa singolare distorsione evolutiva è quello di trovarsi in una situazione in cui si comunica tanto senza scambiarsi nulla (o quasi). La TV, negli ultimi decenni, ha conosciuto uno sviluppo tecnologico sorprendente, ed è tuttora al centro di un processo di radicale rinnovamento (l'introduzione generalizzata del segnale digitale). A queste importanti trasformazioni sul piano tecnico non sembra però corrispondere un'altrettanto significativa evoluzione dei contenuti. La TV, per dirla con Habermas, è "culturalmente regressiva". Essa privilegia, tendenzialmente, la comunicazione vuota. Ma - qualcuno dirà - la TV non ha forse i suoi contenuti? Certo. Ma si tratta per lo più - rispondiamo - di contenuti senza contenuti. Non disconosciamo il valore educativo ed emancipativo del mezzo televisivo. Ci interessa piuttosto analizzare i problemi che esso determina nella società contemporanea. Capire i problemi è, infatti, preparare la via alla soluzione. Nella comunicazione televisiva si verificano con elevata frequenza incomunicabilità dovute cioè alla mancata specificazione del contesto. La velocità di trasmissione delle notizie non permette allo spettatore di capirne il senso. Ogni notizia, specialmente se di carattere politico-economico, presuppone una conoscenza di sfondo, un precedente supporto di in formazione che non sempre lo spettatore ha. Consideriamo un esempio concreto. Un telegiornale ci informa di un progetto di riforma in materia di giustizia, ad esempio la separazione delle carriere dei magistrati, secondo lo schema consolidato (che rappresenta ormai un modello standard per tutti i telegiornali): una brevissima nota informativa del conduttore sul tema in questione e subito dopo parte la girandola di interviste ai politici che, in un tempo esiguo, sono costretti a lanciare slogan piuttosto che a formulare argomentazioni. Poi con rapidità si passa alle notizie successive. E' chiaro che uno spettatore, difficilmente potrà interpretare la notizia collocandola nel suo adeguato contesto. L'inchiesta riguarda soprattutto il mondo giovanile, in particolare i ragazzi di età compresa tra 13 e 17 anni. Per circa quattro anni sono stati intervistati giovani e adolescenti delle scuole romane su questioni riguardanti l'attualità, per valutare l'impatto dell'informazione televisiva. Le conclusioni che sono scaturite non sono molto incoraggianti: sulle notizie diffuse dai telegiornali il 45% dei tredicenni intervistati dimostra di non aver compreso il cuore della notizia; lo stesso dicasi per il 50% dei diciasettenni. I ragazzi dimostrano di aver colto solo aspetti marginali e per di più in modo confuso. Questo dimostra, sostengono gli studiosi, che i ragazzi non hanno gli strumenti per poter cogliere le informazioni essenziali, non utilizzano il legame con l'attualità come criterio interpretativo; sono privi cioè di quelle informazioni contestuali necessarie per comprendere la notizia. Se poi aggiungiamo la crescente spettacolarizzazione dei telegiornali che, al pari di tutti gli altri programmi televisivi, inseguono l'Auditel, allora il quadro diventa ancora più negativo. Le notizie vengono sovente enfatizzate, si cerca l'effetto emotivo, si cerca a tutti i costi di far alzare gli indici d'ascolto. Il tutto, naturalmente, va a detrimento della corretta informazione. L'informazione cioè, per catturare il pubblico, diventa spettacolo. Osservando la struttura dei TG si può notare che sono ormai diventati "un film a lieto fine", pieni di notizie rosa e di inutili curiosità spacciate per fatti di costume, non fanno più vera informazione: sono dei produttori in serie di messaggi senza codice. L'evoluzione della televisione ha visto crescere sempre più il peso dell'immagine a scapito della comunicazione scritta. L'immagine, che avrebbe dovuto fornire un sussidio al messaggio, ai contenuti, è divenuta l'oggetto primario della comunicazione, è divenuta essa stessa messaggio. Lo scrittore Kundera ha parlato di "imagologia": l'immagine ha sostituito l'ideologia diventando essa stessa ideologia. Il nostro spazio mentale è dominato da un vasto e variegato repertorio di immagini, tra cui spiccano sicuramente i fantasiosi logo dei prodotti commerciali. La televisione, sostiene Sartori, è un mezzo di comunicazione ma è anche e soprattutto uno strumento antropogenetico. E proprio in quanto tale ha prodotto un nuovo tipo di uomo: L'homo videns. L'homo videns, a differenza dell'homo sapiens non ha più la capacità di astrazione, la capacità simbolica e quindi ha perso anche la possibilità di un pensiero razionale, del pensiero cioè delle idee chiare e distinte. La televisione ha dunque creato l'homo videns, in cui il vedere domina sul capire, l'uomo che non sa più usare la capacità di astrazione e di rappresentazione mediante il linguaggio. La televisione come abbiamo detto si occupa più di immagini che di parole. L'obiettivo di tutti i programmi televisivi è quello di catturare il più possibile l'attenzione degli spettatori. Il fatto singolare è che la ricerca disperata dell'audience rende gli operatori della TV del tutto irresponsabili nei confronti del pubblico. Si pone infatti il seguente problema: è ammissibile che immagini di una violenza brutale invadano con una frequenza sempre più elevata lo schermo televisivo, costituendo un reale pericolo per i bambini? Non sarebbe più opportuno cercare invece di tutelare i bambini di fronte a questa invasione devastante? Coloro che difendono, spesso in modo acritico, i diritti della TV di usare le immagini liberamente portano a sostegno della loro posizione la tesi che l'immagine non mente, che in fondo non rappresenta altro che la realtà. Ciò è comunque falso. La realtà è molto meno sensazionale delle immagini della TV, che sono sempre costruite ad arte per suscitare suggestione ed un forte impatto emotivo. La TV diventa così a causa del suo eccessivo sensazionalismo molto pericolosa per la civiltà. I bambini passano una parte considerevole del loro tempo davanti al video. Per loro la televisione è una parte importante della realtà. La televisione permette oggi di diffondere la violenza e di fare della violenza una componente essenziale dell'ambiente dei bambini. Essa li educa e quindi li precipita nella violenza. La visione in età infantile di programmi informativi, cioè opportunamente pensati per provocare stimoli cognitivi, sembra aver prodotto un notevole innalzamento del rendimento scolastico. I programmi dalle immagini violente influiscono sull'aggressività infantile e la fase successiva di crescita. Da ricerche condotte negli USA e in tutti i paesi del globo. La televisione è indubbiamente uno strumento di potere per il quale, tuttavia, a differenza del potere politico, non esistono contrappesi, controbilanciamenti che ne limitino l'influenza. Ecco perchè bisogna cercare di crearli. Tutto questo rappresenta anche un rischio per la democrazia. Le campagne elettorali dei partiti si svolgono principalmente in TV. La politica diventa così senza luogo. La politica non ha più luogo. Si registra così un distacco del cittadino dalla domensione pubblica, un ritirato nel privato. Non sono più oggetto di discussione le idee o i programmi di un partito. Si discute piuttosto delle caratteristiche personali (simpatia, eleganza, arguzia, aspetto fisico) degli uomini politici. I cittadini non hanno alcun interesse a valutare le diverse proposte politiche. L'avversario diventa il nemico da abbattere a tutti i costi, anche a colpi di scandali personali e della vita privata. Ma la battaglia decisiva, a nostro avviso, si svolgerà nell'ambito scolastico. E' lì che bisogna gettare le basi perchè accanto alla cultura dell'immagine si (ri)affermi la cultura scritta, la cultura del leggere e del capire. La scuola può infatti fornire quegli strumenti critici utili per decodificare e interpretare i messaggi provenienti dal mondo dell'informazione, per distinguere le opportunità emancipative dalle forme di dominio. Può dare insomma quel necessario outillage mentale indispensabile per orientarsi nelle complesse dinamiche della modernità.
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