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Questa sera al caffè Allèmmérse in Piazza Principe di Napoli a Molfetta Giacomo Pisani di “Quindici” propone un viaggio nel mondo del lavoro ieri e oggi
30 ottobre 2014

MOLFETTA - Questa sera il caffè Allèmmérse in Piazza Principe di Napoli, alle 19.45, a partire dal romanzo di Nanni Balestrini "Vogliamo tutto", propone un viaggio attraverso il mondo del lavoro di ieri e di oggi.

La filosofia, la riflessione collettiva al servizio delle nuove generazioni, di una quotidianità concreta. Specifico obiettivo dei caffé filosofici Allèmmérse è accorciare le distanze tra elitarismo intellettuale e vita vissuta. Tutti possono seguire, tutti possono intervenire, tutti possono contribuire.
Intervengono: Giacomo Pisani, dottorando di ricerca in Filosofia e sociologia del diritto, Università di Torino e redattore di “Quindici”;  Nico Mancini, Lavoratore Exprivia Project - Sindacalista CISL. Modera: Augusto Ficele, co-fondatore de L'orinatoio.

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Cos'è il lavoro se non la “massima espressione dell'uomo”? Invece siamo alienati dal desiderio di avere tutto tramite il lavoro, dimenticando l'essere tramite il lavoro. Scriveva Marx, sintetizzando il concetto di essere e avere: “Meno si è, e meno si esprime la propria vita; più si ha, e più alienata è la propria vita. Tutto ciò che l'economista ti porta in fatto di vita e umanità, te lo restituisce in forma di denaro e ricchezza”. Il lavoro senza regole ci fa entrare in un nuovo Medio Evo. La produzione deve servire ai reali bisogni degli uomini, non alle esigenze del sistema economico; tra gli uomini e la natura deve crearsi un nuovo rapporto, di collaborazione anziché di sfruttamento; il reciproco antagonismo deve essere sostituito dalla solidarietà; obiettivo di ogni attività sociale deve essere il benessere dell'uomo e la prevenzione degli stati di malessere; si deve aver mira, non il massimo di consumo, ma il consumo sano che favorisce il benessere; l'individuo deve essere un elemento attivamente partecipe e non già un oggetto passivo alla vita sociale. La capacità culturale dell'uomo moderno è sminuita dal fatto che le circostanze ambientali lo sviliscono e lo danneggiano psichicamente. L'essere umano dell'era industriale è privo di libertà, incompleto, sottoposto al pericolo di perdere la propria umanità, dal momento che la società con la sua complessa organizzazione esercita un potere senza precedenti sull'uomo, e l'uomo stesso ha quasi cessato dall'avere un'esistenza intellettuale. Molti individui, da alcuni secoli a questa parte, sono vissuti e vivono elusivamente quali esseri lavoranti, non già quali esseri umani. Scrive E. F. Schumacher: “L'economia intesa come il contenuto dell'esistenza costituisce una malattia mortale, dal momento che una crescita all'infinito non è adeguata a un mondo finito. Che l'economia non debba essere il contenuto dell'esistenza, è stato detto all'umanità da tutti i suoi grandi maestri; e oggi risulta evidente che non può esserlo. Per descrivere più particolareggiatamente la malattia mortale, si può dire che si tratta di qualcosa di simile a un'intossicazione, come l'alcolismo o l'assuefazione a droghe: non importa granchè se quest'assuefazione si manifesta in forme egoistiche ovvero altruistiche, se reca la propria soddisfazione soltanto per vie rozzamente materialistiche oppure anche con modalità raffinate, artistiche, culturali e scientifiche.
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