MOLFETTA - In occasione della Settimana Santa, la parrocchia San Giuseppe ricorda la Passione di Gesù Cristo questa sera con lo spettacolo «Processo a Gesù» (ingresso libero in chiesa ore 20), opera scritta da Diego Fabbri nel 1955 e snellita dal regista Pasquale Paparella, già artefice di spettacoli come «I Dieci Comandamenti», «Sister Act» e «Scugnizzi», per ricordare i più recenti. Uno spettacolo che ha conservato la sua carica di tensione e di inquietudine, interrogativi e dubbi, oscillando tra storia e leggenda, fede e politica, religione e tradizione.
Si tratta del Processo per eccellenza, l’evento fondamentale della storia cristiana: l’avvenimento su cui si è scritto tanto, anche perché ognuno dei particolari della Passione e Morte di Cristo si è prestato a commenti storici o religiosi, politici e giuridici.
Una compagnia d’ebrei gira per l’Europa inscenando ogni sera lo stesso dramma: il processo al personaggio storico Gesù di Nazareth, sulla cui innocenza s’interrogano. Si tratta di un processo di natura giuridica, anche se nel farlo, Elia, il capo della compagnia, pone al pubblico lo stesso dubbio tormentoso che assilla loro. Accanto ad Elia, c’è Rebecca, sua moglie, Sara la loro figlia, vedova di Daniele, il giudice mancante, e Davide, che denunciò Daniele ai nazisti come ebreo, perché era divenuto cristiano. Elia, Rebecca, Sara e Davide interpretano la parte dei giudici, dividendosi i ruoli, sempre in modo diverso a garantire ogni sera un nuovo andamento processuale e affidando il ruolo di Daniele ad un giudice improvvisato che sale dalla platea. Ai membri della famiglia si aggiungono gli attori-personaggi della troupe: oltre a Caifa e Pilato, gli apostoli, Maria, Giuseppe e la Maddalena. Da queste deposizioni il processo prende una piega imprevista e si umanizza.
Nel secondo atto, il dibattito si sposta in platea animando il pubblico con nuovi attori spettatori: un intellettuale che ha studiato in seminario, un prete, un giovane che ha abbandonato la casa paterna, una prostituta, una donnetta delle pulizie. La coralità del dramma si fa completa: il processo si chiude con la sentenza, che lasciamo alla visione dello spettacolo.
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