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Quell'insicurezza sentimento comune nella nostra città
15 marzo 2010

Come valuta la sicurezza a Molfetta? “Pessima”, “inesistente”, “perché, c’è sicurezza?!” queste le risposte che i cittadini molfettesi hanno dato a Quindici quando ha chiesto loro di rispondere a qualche domanda sulla sicurezza. Rapine nei supermercati, scippi, furti d’auto e negli appartamenti, non rappresentano purtroppo una novità, ma l’escalation che si è verificata nell’ultimo periodo è certamente degna di attenzione. Tutti gli intervistati, all’unanimità, hanno manifestato un senso di disagio, se non vera e propria preoccupazione, per la sicurezza cittadina. Ma i cittadini non si accontentano solo di questa, esprimono un desiderio più grande: il rispetto delle regole, delle leggi e, in generale, della legalità. “Il proliferare del numero dei fruttivendoli ha dell’incredibile. Sinceramente penso che la situazione stia diventando insostenibile, ogni angolo di marciapiede è occupato da loro. E’ un’autentica porcheria”. Con queste parole si esprime in modo concitato un signore, ma non è l’unico ad essere di questo avviso, l’amico che gli è accanto rincara la dose: “I vigili, se passano, fanno finta di niente, girano la testa dall’altra parte. Fanno le multe a chi parcheggia a più di 10cm dal marciapiede, ma a chi puntualmente ignora segnaletica non dicono né fanno niente. Mi sembra che abbiano paura di compromettersi”. E’ evidente che il rapporto con la polizia urbana non è idilliaco, ma la situazione non migliora se si tratta dei carabinieri, questa volta, però, la colpa è da ascrivere al numero esiguo di unità: “Cosa pretendiamo dalle due pattuglie che devono gestire non solo la città di Molfetta, ma anche quelle limitrofe? Possono forse essere in due posti contemporaneamente?! Avremmo bisogno della loro presenza in modo più capillare”. Quando di passa all’ argomento ‘ronde’ l’opinione pubblica è praticamente spaccata a metà tra chi è a favore e chi non lo è. I sostenitori asseriscono che potrebbe essere una valida soluzione vista e considerata l’assenza delle forze dell’ordine. Si potrebbero risolvere almeno le “situazioni più semplici, come ad esempio vigilare affinché i padroni dei cani raccolgano le feci di questi ultimi, oppure si potrebbe combattere, almeno in parte, il fenomeno del vandalismo”. La ronda è percepita come un modo per la persona comune di prendersi cura della cosa pubblica, una sorta di volontariato reso in favore dello stato. Chi invece è contrario sostiene che il cittadino responsabile, senza bisogno della ronda, dovrebbe già agire in autonomia per difendere la legalità. Il pericolo è che con “bande di cittadini” si ottenga l’effetto opposto ossia che possano essere prese decisioni del tutto arbitrarie. E non è nemmeno escluso che si possano venire a creare delle situazioni pericolose visto che alla persona comune manca la preparazione di un pubblico ufficiale. “E poi, non tutti sono animati da buone intenzioni, chi mi garantisce dalle ronde? Non ci dovrebbe essere qualcuno ad esercitare una qualche forma di controllo su di queste, non si rischia di sfociare nell’anarchia?”. La percezione della lontananza delle istituzioni, dal Comune alle forze di polizia, lascia il posto ad un diffuso ‘senso di abbandono’. “Ecco perché è possibile che ci sia così tanto vandalismo, quelli che si rendono autori di questi gesti, per la maggior parte ragazzi, sono sicuri che non gli succederà niente. Agiscono così perché sono certi che nessuno oserà cercare di contrastarli, perché ‘chi se ne frega’! E intanto il mio condominio ha dovuto sobbarcarsi di spese extra per fare i lavori”. Le preoccupazioni sono molteplici, ma a nessuno è chiaro come poter risolvere il problema, né, tantomeno, desidera esporsi personalmente ad esempio per bloccare un atto di vandalismo: “quelli che fanno queste cose non sono certo bravi ragazzi, io ho paura, non sono un vigile urbano!”. Quando si passa all’argomento “racket” l’opinione pubblica è più positiva, si è convinti che a Molfetta questo fenomeno non ci sia e, se c’è, che si tratti di una situazione marginale.

Autore: Serena Minervini
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