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“Quarantagradi”: io c'ero… Un film realizzato dai ragazzi
15 ottobre 2002

Un film di ragazzi fatto dai ragazzi. E' questo uno dei recenti piccoli gioielli del centro Liberitutti, grazie alla cooperazione dei Comuni di Molfetta, Giovinazzo e Bisceglie. Un laboratorio cinematografico che ha visto impegnati ragazzi dai 13 ai 16 anni nelle fasi di realizzazione di un vero piccolo film: dal soggetto alla sceneggiatura, dalle riprese al montaggio. Qualcosa di nuovo e non comune. Un gruppo eterogeneo di ragazzi (nella foto)ha avuto la possibilità di partecipare ad uno splendido progetto comune, la realizzazione di un cortometraggio “Quarantagradi”, interessante dipinto di un'adolescenza vissuta fra incertezze, amore e dubbi che si specchiano anche nel rapporto con gli adulti. In tredici minuti ci sono le palpitanti emozioni di un ragazzo qualunque e del suo piccolo grande mondo, che, poi, è anche il nostro. Noi oggi. Curiosi del mondo, desiderosi e bisognosi d'esprimerci, abbiamo cercato di trasferire inquietudini adolescenziali in pellicola. Arricchendo il nostro cortometraggio di squarci di vita quotidiana. Un cortometraggio diretto, sincero, in cui, è importante dire, nulla è casuale. C'è qualcosa di vero, di autentico. Dietro quei minuti di pellicola, ora disponibili in una videocassetta, c'è il pulsante lavoro di ore, giorni e settimane. Lavoro fatto di ricerche, di dibattiti, di scontri e anche di momenti in cui avevamo l'impressione di parlare di nulla, di sprecar tempo, di non riuscire a decidere. Non ci interessava creare una specie di irreale pseudo-soluzione di ogni problema del tipo "tutti si vogliono bene", "e vissero tutti felici e contenti" ecc. abbiamo pensato prima di tutto a noi, cosa è più importante per noi, cosa ci interessa, cosa ci infastidisce, cosa ci fa soffrire, come avvengono le prese in giro alla nostra età, verso chi sono rivolte e in quali termini... Ci siamo staccati un po' dall'idea del film e abbiamo provato a ricollegarci alla realtà. Ci siamo misurati con qualcosa non solo di nuovo ma anche di difficile perché il linguaggio del cinema è un linguaggio che viviamo come lontano. Estraneo. Perché recitare in un film non è come recitare in teatro, il risultato non lo tasti subito ma solo dopo il montaggio e poi scrivere per il cinema è qualcosa di diverso dal più comune uso che si fa della scrittura, si deve pensare alle immagini che si dovranno legare inscindibilmente alle parole, che dovranno essere non solo reali ma anche realizzabili. E, infatti, fra le cose di cui andiamo più orgogliosi ci sono proprio le splendide riprese di luoghi della nostra città. Sono, come si dice nello stesso film, fotografie di una città all'inizio di un'estate. La nostra città. Emozionante. Ce la mostra com'è e come forse non l'abbiamo mai guardata. Ce la mostra senza la polvere dell'abitudine che c'è sui nostri occhi ogni giorno quando camminiamo per quelle strade troppo presi da noi. Emilia Favuzzi
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