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Pulo di Molfetta, due giornate di studio per valorizzare la bellezza naturale e archeologica della dolina
30 maggio 2012

MOLFETTA - «Se la natura è considerata come frutto del caso, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze».Questa la minaccia che incombe sull’ambiente, soprattutto su una delle meraviglie dell’agro e della storia di Molfetta: il Pulo. Per questo motivo, numerose sono state negli ultimi anni le iniziative culturali per la tutela e la valorizzazione del sito, dolina dal rilevante interesse archeologico.
Anche quest’anno
l’Associazione Consortile Polje (ente gestore del Pulo), in collaborazione con la Cooperativa FeArt (ente gestore del Museo Diocesano), ha realizzata un convegno sul Pulo dal tema «Della natura del Pulo – sito magico da “custodire e coltivare”», dal 25 al 27 maggio. Patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia, Regione Puglia, Provincia di Bari, Comune di Molfetta, Pontificio Seminario Regionale “Pio XI”, Università degli Studi di Bari Aldo Moro e Università degli Studi della Basilicata, il convegno si è articolato in due pomeriggi di studio, svoltisi nell’Auditorium “Achille Salvucci” del Museo Diocesano, e in due mattinate di visite guidate al Museo e al Pulo, in cui è intervenuto Gaetano Sasso, autore del libro “La natura del Pulo di Molfetta”.
Tema conduttore della prima giornata del convegno, apertasi con il reading «Il giardino della conoscenza» a cura del Teatro dei Cipis e del Carro dei Comici, è stato la salvaguardia del creato, affrontato negli ultimi anni anche dalla comunità ecclesiale. Sono, infatti, intervenuti nelle due giornate sia padre Alfredo di Napoli, docente di Storia della Chiesa alla Facoltà Teologica Pugliese, sul tema «La presenza dei frati Cappuccini al Pulo di Molfetta», e mons. Luigi Renna, rettore del Pontificio Seminario Regionale Pugliese, sul tema «La natura affidata all’uomo: aspetti di etica teologica».
Nel contempo, si è discusso della mutevole biodiversità del Pulo, della sua bellezza e delle sue criticità, della valenza etica, antropologica e storica di cui questo luogo è carico, come anche la necessità di accostarsi con un senso di responsabilità e rispetto. Sono intervenuti anche il prof. Luigi Forte dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro (dipartimento di Biologia, Museo Orto Botanico) con la relazione sul tema «La Natura del Pulo: biodiversità vegetale e problemi di conservazione», e il prof. Giovanni Scillitani dell’Università degli Studi di Bari (dipartimento di Biologia, sezione di Biologia animale e ambientale) che ha relazionato su «La natura del Pulo: Fauna minore fra scienza e superstizione», coordinati dal prof. Rocco Chiapperini (nella foto con Onofrio Grieco di FeArt, Betta Mongelli di Polje e Trifone Altieri, vicepresidente della Provincia di Bari).
Nella secondo giornata hanno relazionato, invece, oltre a mons. Luigi Renna, il prof. Giuseppe Spilotro, professore ordinario di Geologia applicata alla Facoltà di Ingegneria dell’Università della Basilicata, affrontando il tema «Il Pulo: un momento nell’evoluzione geomorfologica di un’area carsica», e il prof. Liborio Dibattista, docente di Storia della Scienza della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari, discutendo di «Forme d’arte della natura», coordinati dal dott. Italo M. Muntoni della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.
Inoltre, sabato 26 maggio e domenica 27, dalle 9.30 alle 12.30, è stato possibile effettuare visite guidate e accedere al Pulo e al Museo Diocesano con un unico ticket, il “biglietto integrato” (inaugurato nel 2011 come risultato della collaborazione tra la Polje e la FeArt).
Non bisogna dimenticare, però, che per investire nell'attività di valorizzazione di una riserva naturale cosi autentica come il Pulo, è necessario avere un apparato burocratico efficiente e una guida politica sicura, accompagnati (anzi, guidati) dall'amore per la natura.
 
Sul prossimo numero di Quindici, in edicola il 15 giugno, tutti i particolari delle due giornate di studio.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Isabella Cipriani
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«Se la natura è considerata come frutto del caso, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze». -!!!!!!!!! - “In ogni secolo gli esseri umani hanno pensato di aver capito definitivamente l'Universo e, in ogni secolo, si è capito che avevamo sbagliato. Da ciò segue che l'unica cosa certa che possiamo dire oggi sulle nostre attuali conoscenze è che sono tutte sbagliate”. La cosmologia nasce quando l'uomo incomincia a porsi le grandi domande che riguardano la propria collocazione nell'universo e l'origine, ed eventualmente la fine dell'universo stesso. All'alba della civiltà queste domande hanno una risposta di tipo religioso: gli astri sono visti come dei e da essi si attribuisce il potere di influire sui destini umani. L'interpretazione religiosa lascia tracce anche in quella successiva, di tipo filosofico, che si consolida in Grecia con Aristotele: degli dei gli oggetti celesti ereditano caratteristiche come la perfezione, l'immutabilità, l'eternità. La cosmologia diventa scientifica quando, con Galilei, la riflessione sull'universo incomincia a basarsi sull'osservazione. L'attuale concezione evolutiva dell'universo è però molto recente: si afferma soltanto nella seconda metà del Novecento, con l'accumularsi di indizi osservativi a favore del big bang, il grande scoppio primordiale dalla cui energia si sarebbe formata, 15 miliardi di anni fa, la materia prima che, con successive trasformazioni, ha generato tutto ciò che oggi osserviamo. Il nostro universo nacque, secondo le più recenti stime, tra 12 e 15 miliardi di anni fa con la famosa esplosione nota come big bang. Questo straordinario evento, altre alle conseguenze della nascita dell'universo, ha rappresentato a lungo, e rappresenta tuttora, uno dei grandi obiettivi della ricerca scientifica spaziale. Tra le missioni più importanti finora effettuate c'è sicuramente da ricordare quella di COBE (Cosmic Background Explorer), un satellite all'avanguardia, lanciato nel 1989, che aveva come compito principale quello di individuare le tracce del calore rilasciato dal big bang. Il COBE preparò una mappa della temperatura di tutto il cielo rilevando piccole differenze, simili a una sorta di increspature nella radiazione di fondo a micro-onde. Nella mappa si potevano notare regioni in colore blu, e altre in rosso; quelle in blu sono leggermente più fredde della media, mentre quelle in rosso sono più calde. L'interpretazione dei dati raccolti da COBE confermò l'esattezza del modello dell'universo originato dal big-bang.
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