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Privatizzare l'acqua è un delitto
15 febbraio 2010

L’occasione è unica, infatti approfi ttando della conferenza tenutasi presso Palazzo Turtur, abbiamo posto alcuni quesiti a Rosario Lembo, siciliano di nascita, milanese d’adozione, economista, professore presso l’UBC (Università del Bene Comune) sita a Milano e fondata dai componenti del Gruppo di Lisbona, segretario italiano del Contratto Mondiale dell’Acqua, fondatore di Mani Tese». Professore, qual è dal suo punto di vista la situazione sociale che percorre i nostri tempi? «Stiamo riscontrando gli eff etti negativi della competitività, troppo spesso ci troviamo di fronte ad un approccio errato tra “diverse culture”, ci illudiamo così della presenza di un benessere che non esiste, negando evidentemente la necessità di fondare ed allargare la base sociale del nostro vivere su un carattere multietnico». Quali sono le problematiche che si possono presentare se si ovvia a questo principio? «Il danno che si arreca è importante, perché così facendo si consegnano i “nuovi cittadini” alle mafi e organizzate che progredite rispetto al passato, controllano i fl ussi di accesso al territorio al fi ne di poter trarre per se i massimi vantaggi». Le discriminazioni però, sembra siano diverse a seconda dei gruppi etnici considerati? «Sì è vero, tendiamo a considerare i polacchi o comunque i popoli provenienti dall’Est simili a noi, infatti siamo disposti ad esempio ad affi dare loro le cure di un nostro anziano. La stessa cosa non accade con gruppi africani, sbagliando, perché ad esempio quando io sono stato in Africa, essendo ospite, la prima cosa che hanno fatto nel vedermi è stata quella di off rirmi una ciotola d’acqua potabile, un bene prezioso da quelle parti. Inoltre a causa delle numerose guerre esistenti in zona, è facile trovare la presenza di orfani, che in assenza di centri organizzati come qui da noi, diventano “fi gli del villaggio”, dimostrando così quella solidarietà molto spesso ignorata dalle “società evolute”». La scarsa presenza di valori che lei tende a sottolineare, è fi glia della crisi economica che stiamo attraversando, o c’è dell’altro? «E’ come il gatto che si morde la coda, infatti facendo i conti quasi sempre in modo errato, poniamo riparo ai nostri sbagli con sistemi come le sanzioni, i dazi, i visti d’ingresso, avendo l’alibi di proteggere i fatturati, la piena occupazione, la sicurezza interna». Invece lei cosa suggerisce? «Occorre regolare l’utilizzo dei beni che ci off re la natura, partendo dalla condivisione di valori comuni, lasciando gli egoismi individuali, sollecitando l’integrazione sociale, in modo tale che aumenti il livello dei consumi interni, radicando infi ne l’impresa al territorio, al contrario di come oggi si comportano le major petrolifere e le altre multinazionali che impoveriscono i territori in cui operano, adottando la politica del mordi e fuggi, tralasciando ogni concetto di economia etica e solidale». L’assenza di valori condivisi, il mancato rispetto del territorio, sembra quasi che rispetto ai cinque miliardi di abitanti del pianeta terra le decisioni importanti siano in pochi a prenderle? «Sì, è proprio così, lo sviluppo economico che si è avuto all’indomani della Grande Guerra ha creato profi li di degenerazione decisionali come ad esempio le lobby, le Borse, ed un mercato drogato come quello esistente in molti comparti dell’economia mondiale». Mi sembra di capire che se ci affi diamo ad una concezione analitica e non individualista dell’economia, riusciremmo a raggiungere, secondo il suo pensiero, un numero più ampio di abitanti del pianeta, soddisfacendo al meglio i relativi bisogni? «Sì, perché così facendo terremo presente concetti in grado di rielaborare la progettazione di nuove forme di economia, e, affi nando i saperi, agendo di conseguenza, saremo in grado di gestire al meglio le risorse concorrendo così alla creazione di un mondo migliore». Abbiamo imparato che molto spesso le “guerre di religione” celano forti interessi economici. Il ventesimo secolo si è concluso con i confl itti che hanno avuto sullo sfondo il tentativo di soddisfacimento dei beni primari, ossia il cibo e acqua nei paesi che un tempo si defi nivano Terzo Mondo, e la voglia di soddisfare sempre più la crescita ulteriore dei paesi economicamente e fi nanziariamente sviluppati dell’occidente, mi riferisco al petrolio, ed all’energia. Come è possibile raggiungere un punto di equilibrio? «Occorre considerare molto di più di come accade ora il “bene comune”dell’umanità, elaborando una nuova carta di diritti-doveri, riorganizzare il welfare mondiale, individuare e stabilire l’importanza dei beni pubblici, e mettere a disposizione dell’uomo la scienza e la tecnologia ». Per concludere, faccia una previsione da economista, quale sarà la prossima battaglia da aff rontare in sede mondiale? «Intanto dobbiamo condurre delle trattative addirittura sul territorio nazionale sulla gestione dell’acqua, ed aggiungo non si sta legiferando al meglio in questo senso, è infatti assurdo determinare una gestione privatistica di un bene naturale come l’acqua, così come sta avvenendo ora in Italia, e molto presto, aff ermo con certezza, organizzeremo una raccolta di fi rme per sollecitare il referendum che abroghi la legge recentemente approvata in Parlamento il cinque agosto 2009 art. 23 bis del decreto legge numero 112 a fi rma del ministro Tremonti, votata trasversalmente. Anche la Chiesa ha defi nito l’acqua un “diritto fondamentale imprescindibile”, secondo una dichiarazione del Vescovo di Messina Marra, a cui ha fatto eco il Vescovo di Caserta Nogaro, in seguito ad una dichiarazione sul tema rilasciata da Papa Benedetto XVI, con la quale ha aff ermato che “l’acqua ha un proprio fondamento nella dignità umana”, per cui da questa prospettiva bisogna considerare attentamente i comportamenti di coloro che la considerano e la trattano unicamente come bene economico. Poi è chiaro, i prossimi appuntamenti avranno per oggetto l’aria». Sarà la battaglia del futuro? «Sì, Kyoto docet»

Autore: Michele Mininno
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