Presidio del libro contro la monnezza riappropriarsi del territorio
La vita democratica del Paese e il tasso della partecipazione popolare passano anche dalla questione-rifi uti. E’ il grido che si leva, battuta dopo battuta, nel primo dei due incontri promossi dal Presidio del Libro di Molfetta sul tema dello smaltimento dei rifi uti. “Monnezza e democrazia” è un titolo che mette già in chiaro le intenzioni, che sono quelle di andare oltre la “semplice” problematica relativa ai rifi uti, per spingersi all’indagine sui giochi di potere, sugli interessi, sul pendolo tra pubblico e privato che vi sono dietro. La presentazione del libro “Politica e Rifi uti” (Liguori, 2010) di Dario Minervini off re la chance fondamentale per tentare di interpretarli: della costruzione del termodistruttore Fenice di San Nicola di Melfi in Basilicata, dell’iter che ha portato ad essa, delle battaglie ad esso legati e di tutti gli scenari che l’impianto ha comportato si occupa il libro che ha fatto da fi lo conduttore all’incontro in Sala Turtur (il successivo, dedicato alla presentazione del testo “L’ultimo chiude la discarica” di Pietro Santamaria, ha visto la partecipazione di Antonello Antonicelli, dirigente del Servizio Ecologia della Regione Puglia), al quale è intervenuta anche Angela Barbanente, assessore regionale all’Assetto del Territorio. Una storia che è legata a doppio fi lo non solo al concetto di democrazia, ma anche “al riappropriarsi del senso del territorio da parte del cittadino. La ricomparsa dei rifi uti negli spazi urbani”, spiega Antonello Mastantuoni, responsabile del Presidio del libro, “rappresenta il rimosso che ricompare”. La vicenda del termo distruttore Fenice (Melfi ), argomento del libro di Minervini, è ambientata in Basilicata, scenario di una querelle lunga più di dieci anni, fi no alla sua defi nitiva entrata in funzione. “Rappresenta un percorso non solo amministrativo ed economico, ma anche sociale”, racconta Dario Minervini. “C’è chi lo chiama termovalorizzatore, chi invece inceneritore: la nomenclatura è lo specchio di una ambiguità di interpretazione rispetto ai diversi attori della vicenda. E’ un mostro per gli uni, una opportunità ecologica ed economica per altri”. Per anni ci sono state manifestazioni contro l’entrata in funzione dell’impianto, “perché l’interesse locale non si è piegato alle esigenze di un interesse nazionale (la Fiat, che dell’impianto usufruisce, ndr). I piccoli interessi locali, secondo le loro ottime ragioni, si sono opposti alla sua entrata a regime, fi no alla nascita di due grandi coalizioni: quella rappresentata dai Comuni della zona, come Melfi , Lavello e Comuni del Foggiano assieme alle associazioni ambientaliste da un lato, dall’altro i grandi soggetti istituzionali nazionali, per cui la piattaforma Fenice era anche una soluzione per sottrarre il business dello smaltimento dei rifi uti agli interessi mafi osi”. Di qui undici anni di controversie, e anche il succo della faccenda: “la questione rifi uti - continua Minervini - è un fatto democratico, perché tutti vogliono entrare nei processi decisionali. Per sette anni Davide ha bloccato Golia, ma la realtà è che l’alternativa alla Fenice è sempre stata troppo debole. Per questo il vero problema che questa storia rivela è quello di rendere effi cace la democrazia”. E’ soprattutto questo il punto che sta a cuore ad Angela Barbanente, già in passato intervenuta in un altro incontro del Presidio del Libro, sempre legato alla questione democratica, quella volta incentrata su una storia d’oltreoceano, tutta statunitense. Ma anche la vicenda di Melfi raccontata da Minervini dimostra, secondo la prof. ssa Barbanente, come si abbia come consuetudine “un approccio alla soluzione dei problemi che tende ad individuare nella soluzione tecnica un simulacro distaccato dalla politica e dalla vita delle persone”. Secondo l’assessore regionale, cioè, ormai è passato come buono, nel senso comune, che “la soluzione sia l’impianto. La raccolta diff erenziata, ad esempio, è un corollario, non la si reputa anch’essa come una soluzione tecnica, e poco rifl ettiamo su quanto la tecnologia sia impregnata di dinamiche di potere e quanto condizioni i nostri comportamenti”. “Il tema dei rifi uti, aff rontato sul versante della raccolta diff erenziata, è trattato come una questione di sensibilità individuale”, precisa la Barbanente, “e poco come reale soluzione tecnica del problema. Lo stesso vale per la produzione di energia rinnovabile. In realtà signifi - ca occuparsi di una diversa distribuzione del potere: si mette in secondo piano il cuore del problema, e non si coglie invece quanto siano intrecciate la dimensione sociale e la dimensione politica. La responsabilità dell’esercizio del potere dovrebbe essere questa”. Poi, come nel più classico dei cerchi che si chiudono, partendo dalla vicenda dell’impianto la Fenice, dalla sua tribolata storia e dalle problematiche connesse alla sua entrata in funzione, ed estendendo la rifl essione alla teoria, al rapporto tra cittadino, potere e democrazia, Angela Barbanente per fornire l’antidoto alla questione sociale, politica ed etica implicata torna inevitabilmente sulle parole di partenza: “Partecipare. Farlo attivamente e consapevolmente, partendo dalla riappropriazione del territorio”.
Autore: Vincenzo Azzollini