Posto fisso o mobilità? Molfetta risponde con poche certezze e tanta precarietà
Il mercato del lavoro come il mercatino delle marionette. «I giovani devono rendersi conto che il posto fisso non è più la prospettiva che devono darsi - ha dichiarato il premier Silvio Berlusconi nella conferenza di fine anno il 23 dicembre scorso - devono darsi da fare, devono farsi imprenditori di se stessi». Eppure, il novello Balaam profetizzava nell’ottobre 2009 che «per noi è del tutto evidente che il posto fisso è un valore e non un disvalore. Il governo è a fianco dei milioni d’italiani che lavorano come collaboratori dipendenti, come a coloro che intraprendono, rischiano e producono ricchezza per sé e per l’Italia». Probabile blocco del turn over nei prossimi anni per il contenimento della spesa e del debito pubblico nazionali, conseguenza di una politica economica e occupazionale molto discutibile, incapace di fronteggiare l’attuale crisi finanziaria. Sollecitazione di Berlusconi a prendere iniziative in proprio, ma i finanziamenti scarseggiano e il fallimento imprenditoriale è lo spettro di ogni azienda italiana: esistono, però, 300milioni di euro per il prestito d’onore e borse di studio per gli studenti, ha annunciato il Premier, provvedimento che ha il sapore dell’ennesima «fregatura». «L´Italia ha tante risorse, sprecate a causa degli interessi di pochi e della mancanza di progettualità e di mentalità dell´investimento - verace commento di un giovane ingegnere molfettese - ciò che avverrà molto probabilmente sarà la limitata qualità del lavoro. E la qualità in molti settori fa la differenza tra sopravvivere e morire nel mercato». Posto fisso o mobilità, cosa preferite? Preferite cercare e/o avere un lavoro fisso, la cui paga mensile sia compresa tra 800 e 1100 euro, o un lavoro in mobilità, con contratto a tempo determinato, a progetto o interinale, la cui paga mensile sia tra i 1100 e i 2000 euro? Quindici ha intervistato 880 cittadini molfettesi, tra cui studenti, laureandi, neolaureati e impiegati: il 60,12% (classe operaia, ceto impiegatizio e autonomo, classe dirigente, come si deduce dai grafici a fianco) preferisce un lavoro fisso, nonostante una paga mediobassa, soprattutto coloro che hanno raggiunto una certa maturità socio-economica. La scelta della stabilità economica si accentua con l’età: oltre i 30 anni (67%) incombono le spese familiari e si preferisce un fisso mensile. «Preferisco avere un lavoro fisso, la cui paga è assicurata mensilmente, foss’anche di 800 euro – ha commentato un’insegnante precaria di 32 anni – per me che ormai pianifico il mio futuro in una vita familiare, la sicurezza mensile rappresenta una garanzia di continuità e stabilità». Anche i laureati preferiscono il posto fisso (67,7%), con una condizione: non meno di 1100 euro al mese. In molti chiedono non solo difesa e protezione dallo Stato, ma soprattutto l’opportunità «spesso negata» di sfruttare le proprie competenze e avere un rendimento adeguato all’investimento in denaro e fatica che la conoscenza e l’istruzione hanno richiesto. Sotto i 20 anni, ben il 56,2% preferirebbe la mobilità e un mensile elevato, a danno della stabilità, di contro a un significativo 11,3%, se la crisi avanza e la sobrietà si sostituisce al mito del denaro facile. Le percentuali restano alte per gli studenti (33,5%), in particolare i laureati (74,4%), quando «non hanno pensieri di famiglia e sono figli di papà». È interessante notare che i ceti medio-alti (impiegatizio, autonomo e classe dirigente) sbirciano con interesse alla mobilità lavorativa, se questa implica un’ottima retribuzione. Riviste o siti internet specializzati preferiti dal 38,5% degli intervistati per la ricerca di un lavoro, soprattutto per coloro che hanno oltrepassato 30 anni: «credo che entrambi i meccanismi possano permettere di ottenere un lavoro che, alla lunga, diventi stabile e continuativo ». «Sceglierei le varie offerte su un giornale di lavoro - la risposta di ingegnere 26enne, molfettese emigrato in Germania - cercando la più idonea alle mie aspettative e al mio curriculum». Concorsi pubblici, laurea e master. Molti ritengono che «i concorsi pubblici siano pilotati », che i magazine o internet «diano più o meno maggior sicurezza». I concorsi restano per gli under 20 uno dei modi migliori per trovare un posto fisso (49,6%): «sicuramente in Italia vige il sistema clientelare e i più meritevoli, se non sono dotati di questo mezzo, devono faticare tantissimo - ha sottolineato una signora - forse, dopo anni di sacrifici, se non si molla l’obiettivo, si potrebbe arrivare al successo». La laurea è il «mezzo migliore» per accedereal mondo del lavoro, «un tassello di un ampio mosaico di titoli plurispecialistici che le aziende richiedono», secondo una professoressa di Molfetta. Tuttavia, «la richiesta di tante specificità serve a prender tempo tra le infinite aspirazioni al posto e l’impossibilità di una risposta positiva»: così la laurea né facilita né ostacola la ricerca del lavoro, «si accetta il lavoro che si trova e, a volte, diverso dal titolo conseguito». Inoltre, «i master sono un´invenzione esclusiva dell´Italia - secondo un emigrato molfettese - all´estero sono formazione di eccellenza, da noi sono percorsi semi-obbligati per essere assunti». Si paga un master per poter poi essere assunti: come comprarsi il lavoro. Giuste o inopportune le misure del governo Berlusconi? «Un po’ troppo restrittive e penalizzanti per determinanti settori», così commenta una ragazza neolaureata le misure statali per affrontare la crisi e sollevare il mercato del lavoro. «Non sono certamente popolari, ma credo siamo arrivati a un punto in cui gli sprechi non siano più tollerabili», secondo un antiberlusconiano. In fin dei conti, «è il sistema Italia che non va». L’approvazione della riforma Gelmini «peggiora anche la situazione, perché non aiuta i laureati a trovare lavoro, anzi ammazza le pur poche possibilità degli anni passati». «Potrei sembrare catastrofica, ma non so quanto queste nuove generazioni di giovani, sempre più immaturi, deboli e bamboccioni, sfornate in questi ultimi anni scolastici, fortemente e in modo preoccupante ignoranti e poco riflessivi e critici, riescano a rendersi conto di quanto poco potranno realizzare di stabile andando avanti di questo passo », secondo una giovane insegnante, entrata in ruolo da qualche anno. «Ragazzi cresciuti a suon di alcol, droga e reality show, quanto hanno a cuore o temono di non poter realizzare le loro aspirazioni in una società sempre più avara di stabilità e sicurezza? A tutto beneficio di una classe dirigente sempre più lungimirante e conscia di poter fondare la propria stabilità di governo sulla mollezza e sulla pacatezza inconscia delle nuove generazioni».
Autore: Marcello la Forgia