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Polje, nitriera e viaggiatori al Pulo
15 marzo 2011

Torniamo a parlare di scienza. Luogo di scontri, incontri e ricerca nel sec. XVIII, il Pulo di Molfetta è stato il protagonista del convegno «Vos estis sal terrae. Salnistro, scienziati e viaggiatori al Pulo di Molfetta tra XVIII e XIX secolo», come ha sottolineato Elisabetta Mongelli, presidente dell’Associazione consortile Polje (Archeoclub, Ictius, Legambiente, Pro Loco, Terrae, WWF). Necessaria una gestione integrata tra Pulo, Casina Cappelluti e Fondo Azzollini, secondo il consigliere provinciale Saverio Tammacco (Pdl), per incrementare lo sviluppo culturale e turistico della città. Aumento del +19,4% del turismo a Molfetta tra il 2009 e il 2010, ha evidenziato l’assessore al Turismo del Comune di Molfetta Leo Petruzzella, che ha anche ricordato la prossima apertura del Museo archeologico a Casina Cappelluti. Intanto, la Provincia di Bari ha stanziato nel bilancio 2010 15mila euro per il Pulo di Molfetta e ne dovrebbe stanziare altri 15mila nel bilancio di previsione 2011. Entusiasta anche Mons. vescovo Luigi Martella, perché «l’iniziativa si è svolta nell’Auditorium “A. Salvucci” del Museo Diocesano che punta a essere centro di vitalità e fervore culturale». Pulo, paesaggio culturale italiano. A introdurre gli interventi, la dott.ssa Francesca Radina della Soprintendenza dei Beni archeologici della Puglia. «La ripresa delle ricerche sul Pulo di Molfetta nel 1997, conclusesi nel 2003, ha permesso la riscoperta della fabbrica per la produzione di salnitro - ha spiegato - un progetto di recupero strutturale in equilibrio tra aspetti naturalistici e storici». Del resto, prima del 1997 nessuna ricordava l’esistenza della nitriera, anzi «i pilastri a vista della terza tettoia erano considerati come un pergolato». Continuato il lavoro archeologico nei laboratori della Soprintendenza di Bari con catalogazione, analisi, studio e edizione dei reperti, «abbiamo pensato alla loro valorizzazione, che richiede una serie di costi collettivi per la manutenzione e la gestione del sito - ha aggiunto - ma la ricaduta economica e turistica è di gran lunga maggiore». La riscoperta della nitriera borbonica. Scoperta inaspettata per la conservazione e la complessità funzionale, «questa nitriera è unica in tutta Italia, forse anche nel mondo - ha esordito il dott. Italo Muntoni della Soprintendenza dei Beni archeologici della Puglia - composta da opifi cio, magazzino e vasche». Ritrovate anche le testimonianze degli studi compiuti nel primo ‘900 da Massimiliano Mayer, soprintendente ai Beni Archeologici di Bari. Il sito racconta una storia travagliata per i numerosi interventi: costruzione, ampliamento per il funzionamento non ottimale della nitriera (con la serie di 12 vasche, il fornello a 5 fuochi, il corpo di guardia e l’adattamento del convento dei cappuccini a magazzino-uffi cio) e restringimento, fi no alla chiusura dell’impianto. È anche testimone del lavoro svolto per la produzione del salnitro: dalla lavorazione della terra allo sfruttamento dell’acqua piovana, dalle 12 marne (o medre) per il lavaggio della terra alla cisterna per lo stoccaggio del lisciviato saturo, fi no alla saturazione con la potassa. Interessante l’analisi delle malte, «in cui sono stati ritrovati frammenti litici (roccia vulcanica, ndr) - ha concluso il dott. Muntoni - forse provenienti dalla eruzione del Vesuvio del 472 d.C. per caduta pliniana». Il Pulo e l’Europa. La fama europea della nitriera del Pulo parte da un opuscolo dell’abate padovano Alberto Fortis (1741- 1805), pubblicato nel 1797. «Fino all’inizio dell’Ottocento, del nitro a Molfetta ne parlano testi di chimica e mineralogia in Germania, guide turistiche e enciclopedie nei Paesi anglofoni, alcuni testi di medicina in Francia, perfi no enciclopedie zariste fi no al 1917 - ha spiegato il prof. Francesco de Ceglia, docente di Storia della Scienza dell’Università degli Studi di Bari- per gli scienziati italiani il nitro a Molfetta non esisteva, se ne parla assai poco in geologia e in alcune guide turistiche». L’interesse europeo per il salnitro del Pulo rientra nei progressi della mineralogia nella seconda metà del Settecento, con la scoperta del fl ogisto da parte del chimico e medico tedesco Ernst Stahl (1660-1734). «Secondo Stahl, il fl ogisto è la materia grassa responsabile dell’infi ammabilità dei corpi, che insieme alla terra forma i metalli - ha spiegato il dott. de Ceglia - nella polvere da sparo, il salnitro tira fuori il fl ogisto contenuto nel carbone e nello zolfo producendo la reazione chimica dell’esplosione». Ne parla anche l’abate Fortis, secondo cui il salnitro si compone di una parte acida, l’aria defl ogisticata (ossigeno), e una alcalina. La chimica del salnitro. L’abate Fortis e Giuseppe Maria Giovene (1753-1836) conoscevano solo tre modalità di produzione del nitro: dalle deiezioni animali, dalle terre nitrose attraverso lisciviazione e raffi nazione, dal nitrato di sodio. La scoperta di nitro puro nelle grotte del Pulo innova le conoscenze mineralogiche: l’elemento esiste anche come prodotto minerale. Lo confermano anche i chimici della corte borbonica: «questi prodotti sono superiori a quelli che danno le terre - ha spiegato il dott. Gianluigi de Gennaro, ricercatore del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari - l’operazione di estrazione dal Pulo è molto più facile e meno dispendiosa di quella nelle nitriere artifi ciali». Unico ostacolo al successo della nitriera del Pulo, la produzione e la quantità del nitro. «Nessuno aveva capito il processo di formazione del salnitro nel Pulo, né defi nito la quantità a disposizione - ha continuato - e di questo si preoccupano i Borboni, a tal punto che i chimici napoletani stavano studiando l’origine del nitro per capire se il processo fosse sostenibile». Ancor oggi non si capisce il processo chimico di formazione del nitro, tantomeno il suo deposito sulle pareti delle grotte del Pulo. L’industrializzazione della nitriera del Pulo era senza prospettive e non sostenibile perché non rispettava il principio della rigenerazione. Secondo il Fortis, l’uso dell’acqua salmastra aveva ridotto la nitrifi cazione: «affermazioni inesatte, con cui s’inimica alcuni chimici napoletani, come Giuseppe Vairo - la chiosa del dott. de Gennaro - che, dopo l’analisi delle acque usate per la nitriera del Pulo, le aveva considerate idonee al processo». Il salnitro in Europa nel tardo ‘700. Scoperto il nitro nel Pulo di Molfetta dal Fortis, il re Ferdinando IV di Borbone ordinò ulteriori studi, inviando nella primavera del 1784 il chimico napoletano Giuseppe Vairo e Francesco la Vega, archeologo e soprintendente del Museo di Portici. Secondo il prof. Vairo, il nitro puro di Molfetta oscillava tra i 30mila e i 40mila quintali: quantità sopravvalutata, confermato il valore economico della nitriera. Nel 1785 inizia la diatriba sul tipo di acqua da utilizzare per il processo di lisciviazione: «secondo il Vairo l’acqua salmastra, ottenuta da una sorgente nel Pulo, può essere utilizzata nel processo - ha spiegato il prof. Marco Ignazio de Santis del Centro Studio Molfettesi e illustre collaboratore di Quindici - mentre il Fortis, sospettando che le analisi fossero state condotte su acqua diluita, ritiene necessario l’uso di acqua dolce». Quando il governo borbonico vieta al Giovene di installare delle cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, il Fortis presuppone l’azione contraria dei «nemici della nitriera». Intanto, la notizia del Pulo di Molfetta rimbalza a Vienna. I primi fallimenti scatenano contro il Fortis gli appaltatori, che tentano di demolirne la credibilità scientifi ca. Una disputa feroce, in cui l’abate padovano si difende citando una serie di mineralogisti e chimici francesi che parlano di nitro naturale e minerale. Mentre nel Regno di Napoli infuria la polemica sul nitro del Pulo, nel 1786 in Francia è pubblicata una lettera del Fortis del 1785: la scoperta entra anche negli ambienti scientifi ci francesi. Ancora nel 1786 il Fortis cercava di ripristinare la nitriera, senza successo, come due anni dopo quando, con il mineralogista e geologo inglese John Hawkins (1719-1789) e il geografo e zoologo tedesco Hederal Zimmermann, sconsiglia l’uso di acqua salmastra nella lisciviazione della terra nitrosa. Visitato il Pulo nel marzo 1788 da entrambi, lo Zimmermann aveva individuato quattro varietà di salnitro: la pubblicazione del suo «Voyage» consegna la vicenda del nitro del Pulo al dibattito europeo. Ad esempio, secondo Antoine Lavoisier (1743-1794) non può esistere una miniera di salnitro, perché non sussiste il nitro minerale. Altri visitatori del Pulo nel 1789 saranno Giuseppe Capecelatro (1744-1836), arcivescovo di Taranto, e il geologo inglese William Hamilton (1730-1803), che si schiera con il Fortis, di cui naufraga un nuovo progetto di riqualifi cazione della nitriera. Giuseppe Maria Giovine e la sua biblioteca. Figura complessa, a cavallo tra esperienza ecclesiastica e ricerca scientifi ca, tra rivoluzione e restaurazione: stupisce l’intreccio tra atteggiamento illuministico e esperienza ecclesiale. Oggetto di critiche gratuite, il Giovene è esaltato come scienziato naturalista, ma considerato reazionario e oscurantista nel campo teologico e sociale: giudizio contestato da mons. Domenico Amato, secondo cui «solo le fonti d’archivio possono restituirci una visione meno ideologizzata del Giovene». Dalle «Memorie fi sico-agrarie» e dalle «Memorie fi siche», pubblicate postume dal nipote nel 1739- 40, emerge l’interesse per la fi sica, l’agricoltura (cultura dell’ulivo, meteorologia, studio sul salnitro come fertilizzante dei suoli) e la storia (archeologia, paleontologia, numismatica). Mentre, le «Memorie diverse» (1841) rimarcano l’esperienza teologica e la posizione dialettica rispetto ai temi dibattuti nel sec. XVIII. Il «Fondo Giovene», donato al Seminario Vescovile di Molfetta, rispecchia proprio questi interessi: 2722 volumi, alcuni ormai perduti o trafugati, di agraria, fi sica, storia, medicina, opere bibliche e patristiche, pochi testi di teologia. Dunque, un Giovene aperto al dibattito europeo moderno: lo dimostrerebbero i suoi scritti inediti sull’agricoltura, sulla religione, sulla geografi a, sulla storicità della fi gura di Gesù, sull’antievoluzionismo e sull’ecologia. Nessun dogmatismo o fondamentalismo «per un uomo lungimirante, che considera la scoperta scientifi - ca come una possibilità di progresso dell’umanità - ha concluso mons. Amato - e reagisce allo svuotamento della fede, cui conferisce anche un fondamento storico» Scienziati e viaggiatori al Pulo. Tra i visitatori della nitriera del Pulo, il geologo inglese William Hamilton, appassionato di storia e scienza, e il naturalista botanico inglese Joseph Banks (1743- 1820), mai venuto in Italia, ma molto interessato alle vicende del Pulo. I due saranno sempre in contatto, come dimostra una lettera di Hamilton a Banks del 1787, in cui parla della nitriera e del suo fallimento, ha spiegato la dott.ssa Maria Toscano, ricercatore in Storia Moderna dell’Università degli Studi di Napoli «L’Orientale». Sarà il mineralogista e geologo inglese sir Hawkins a convincere nel 1788 Hamilton della grandezza della nitriera del Pulo: dopo averla visitata nel 1789, appoggerà la tesi dell’abate Fortis e invierà a Banks una scatola con delle pietre del Pulo. L’arcivescovo di Taranto Giuseppe Capecelatro portèrà al Pulo di Molfetta lo scienziato inglese John Swinburne (1762-1860), che inserirà questa visita nel suo resoconto «Viaggio delle Due Sicilie». La dott.ssa Toscano ha ricordato anche la fi gura dell’abate Ciro Saverio Minervini (1734-1805), economista e storiografo, maestro del fi sico, biologo e naturalista molfettese Giuseppe Saverio Poli (1746-1825) e del Giovene, di cui la dottoressa sta rintracciando 40 lettere inedite all’abate scienziato Teodoro Monticelli (1759-1845). «Il Minervini puntava sulla ripresa dell’economia attraverso una cultura attiva che non fosse una spugna passiva di quella esterna, anzi pose le basi programmatiche del rilancio della cultura meridionale». Un programma seguito dai suoi allievi, soprattutto dal Poli, che sarà uno dei pochi non inglesi nominato socio interno della «Royal Society».

Autore: Marcello la Forgia
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