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Park & Ride: l'ultimo viaggio noi l'abbiamo provato Fallito l'esperimento di far lasciare l'auto alla periferia della città per utilizzare il bus navetta per andare in centro. Colpa dell'improvvisazione e della fretta: non si può organizzare un servizio dieci giorni prima, senza pubblicizzarlo solo per imitare un'iniziativa del capoluogo. Il risultato: bus deserti, un inutile spreco
15 settembre 2008

Il viaggio della speranza inizia un sabato sera di tarda estate, quando tre cronisti non riescono a credere che un'iniziativa comunale, che pur presentava i suoi vantaggi, sia morta sul nascere. Così, con spirito di intraprendenza e clima da gita scolastica, decidono di testare il famigerato “Park & Ride” (che aveva come obiettivo quello di spingere la gente, e i giovani in particolare, a lasciare l'automobile alla periferia della città e raggiungere il centro con un bus navetta a soli 20 centesimi). Ritrovo, senza pranzo al sacco, presso il parcheggio antistante lo stadio “Paolo Poli” e subito lo schiaffo morale: lo scetticismo del cronista polemico viene punito dall'arrivo puntuale della circolare. Basta però affacciarsi per capirne il perché: il Bus navetta non ha accumulato ritardo alle fermate perché, alle fermate, non c'era nessuno da prelevare. Il comfort offerto dai larghi spazi, al modico prezzo di venti centesimi di euro, aiuta a vincere il senso di solitudine; l'investimento garantisce comunque il lusso di un rapporto tre a uno tra cliente e autista. E' consuetudine che con il conducente non si possa parlare, ma per disperazione è quasi lui che prova a intavolare amene conversazioni. Svolta a destra e si percorre Via Giovinazzo: a non aver scelto la macchina in questo sabato sera estivo siamo solo noi. Rallentati nel traffico viaggiamo fino a Via Tenente Fiorino e, passati alla sinistra della transenna, arriviamo alla Villa Comunale. Giunti al bivio verso Corso Dante, il primo stop: davanti una transenna, a destra e a sinistra le auto nelle consuete doppia e tripla fila, degli avventori del vicino locale in orario da happy hour. L'ora però non è felice per i vigili di turno costretti a spostare le transenne e l'operazione, evidentemente da reinventare ogni sera, crea qualche problema. Conciliabolo tra autista e vigili, scuse del conducente per il quale tre utenti sono un patrimonio da custodire gelosamente, e dopo una decina di minuti si riparte. La circolare prosegue, decisamente più rapida, verso il capolinea, l'ex mattatoio, e ci si rende conto come basti poco, a Molfetta per sentirsi vip: basta salire su un bus di un servizio di trasporto comunale, quasi gratuito ed è garantito che verrai osservato, al di là dei finestrini, come se venissi da un altro pianeta. Accade in corso Dante, quando si avanza a passo d'uomo, e ci si sente tanto Kennedy a Dallas: cinque minuti di celebrità. Arrivo e sosta rapida in uno spiazzo isolato, ma anche qui nessuno ad aspettare, come del resto in tutte le fermate intermedie. Il ritorno ci vede bloccati nel più classico dei punti, via Sergio Pansini, con il lungo serpentone che giunge sino alla villa, attraverso piazza Vittorio Emanuele. L'autista ci guarda sempre con maggiore sospetto: gli avevamo detto, come copertura per le nostre macchine fotografiche, di essere accompagnatori di una turista, alla quale mostrare, lungo il tragitto, le bellezze della città. Ma il suo sguardo perplesso, come a chiedersi cosa ci sia da guardare per un visitatore, a Molfetta, sta diventando pian piano consapevole dell'inganno. Copertura saltata: fortuna che siamo quasi arrivati. Veniamo lasciati di nuovo al punto di partenza, deserto come lo avevamo lasciato. Anzi no: c'è un gruppo di giovani caratteristici del posto, a bere birra. Evidentemente, nessuna intenzione di usufruire del servizio. Scendiamo, e si percepisce come l'autista resista alla tentazione di chiederci una foto autografata: saremo con tutta probabilità i suoi unici compagni di viaggio, nel penultimo weekend in cui il servizio resta attivo: il “Park and Ride” difatti ha chiuso i battenti almeno per quanto riguarda la sua prima estate di vita. Come per un calciatore troppo acerbo “Buona l'idea, meno la finalizzazione”.
Autore: Vincenzo Azzollini
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