Paolo Fioretti e la scrittura come arte
La rassegna “Parole di fuoco” organizzata dal Carro dei Comici e da Annalisa Gadaleta, mira a indagare, nei margini di attività apparentemente sistematiche, oggettive, le tracce artistiche in cui si esprime quel briciolo di creatività che sfugge ai confi ni del banale. L’arte, così, si insinua fra le maglie dell’anatomia, della scrittura, del cibo e del teatro, per contaminarle di passione e allo stesso tempo di imperfezione, permettendoci di ripercorrere i passi di un cammino umano, fatto di fantasia, unicità, personalità. Questo stesso percorso, così, si macchia di emozioni irripetibili, si nutre di spinte emotive che colorano l’oggetto delle conferenze di qualcosa di forte e allo stesso tempo effi mero, pronto a svanire dietro il sipario, al confi ne fra illusione e realtà, di qualcosa di artistico insomma. Così, dopo il successo di Francesco Paolo de Ceglia nel primo incontro, Paolo Fioretti, Docente di Paleografi a greca e latina presso l’Università degli Studi di Bari, al Teatro del Carro, ha ricercato ciò che di artistico c’è nella scrittura. L’arte può affi ancare la scrittura, istaurando con essa uno stretto legame di infl uenza reciproca, di costruzione del signifi cato, o può penetrare nella lettera informandola, spesso addirittura snaturandola. Anche la scrittura stessa può conformarsi all’immagine artistica. Esiste infatti un modello di scrittura sintetico- fi gurale, in cui la scrittura forma le immagini.“Ma la scrittura è anche la sua concretezza, la sua materialità, è una storia di forme visive”, come dice Fioretti. I segni scritti possono avere signifi cati simbolici, magici, o assumerli a causa della loro incomprensione. Ma anche una comunità alfabetizzata può scrivere libri aventi una valenza simbolica. Il libro sacro ne è un fulgido esempio. Il suo messaggio può essere racchiuso in una semplice visione, nella rappresentazione del libro stesso. Tra il IV e il VI secolo le rappresentazioni artistiche presentano il libro sacro, la Bibbia, aperta. Dal VI secolo, invece, il libro è sempre chiuso, ornato di pietre preziose. Esso è diventato un oggetto prezioso e manifesta in tali raffi - gurazioni la propria inaccessibilità. Con le invasioni delle popolazioni romano-germaniche, infatti, avviene un crollo dell’alfabetismo e del sapere, a seguito del loro impossessamento delle strutture educative. Fioretti concentra la propria rifl essione sui rotoli di Exultet, testi originari dell’Italia Meridionale e risalenti all’Alto Medioevo. I rotoli venivano adoperati dai bizantini per la trascrizione dei testi liturgici. La scelta di una forma antica come quella del rotolo è diretta a conferire solennità alle preghiere, oltre che a fi nalità scenografi che. Il diacono, infatti, dall’alto del pulpito, leggeva il rotolo facendolo pendere dall’alto. Ai fedeli, così, le immagini apparivano diritte e la scrittura capovolta. Anche tale conformazione rispondeva alle necessità dell’epoca, e in particolare al fatto che i fedeli erano in gran parte incolti. L’immagine giungeva in loro soccorso. Le arti visive costituiscono la Bibbia dei poveri, come anche nelle intenzioni di Gregorio Magno. I rotoli di Exultet sono caratterizzati da elementi ornamentali e decorativi straordinari e da una struttura iconografi ca assolutamente innovativa, che Fioretti indaga con cura, off rendo esempi signifi cativi. I rotoli racchiudono anche messaggi di ordine politico-istituzionale, ad esempio i nomi delle autorità del momento, che venivano inseriti fra le annotazioni. Attraverso la lettura da parte del diacono, il popolo veniva a conoscenza del nome dell’autorità del momento. La scrittura si fa strumento del potere, adeguandosi alle esigenze dell’autorità che la produce. Così l’arte si confonde con la scrittura, la sostiene e allo stesso tempo se ne nutre, componendo insieme ad essa i messaggi nella contemporanea destrutturazione dei registri, che si adeguano così a più destinatari. Ma l’arte supera i limiti delle competenze simboliche, per spargere stimoli alla comprensione, per parlare all’anima. La rassegna “Parole di fuoco” si arricchirà, nei prossimi incontri, dei contributi di Mauro Di Giandomenico, docente di Storia della Scienza e coordinatore del corso di laurea in Beni Enogastronomici dell’Università degli Studi di Bari “A. Moro”, che tratterà sabato 12 marzo alle 18.30 “Il cibo come arte”; e di Grazia Distaso, docente di Letteratura Italiana e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofi a dell’Università di Bari, per “Il teatro come arte”, sabato 9 aprile alle18.30, presso il Teatro del Carro, in via Giovene 23.
Autore: Giacomo Pisani