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Pansini Legnami: esposto alla Procura Un gruppo di associazioni solleva il caso presso Regione, Soprintendenza e Procura
14 luglio 2006

MOLFETTA - Nella riunione di ieri sera indetta da un gruppo di associazioni molfettesi per discutere dei vari abusi edilizi che si stanno verificando in città, era stata preannunciata una lettera da inviare al Sindaco, Antonio Azzollini, all'assessore regionale all'Urbanistica, Angela Barbanente, agli uffici tecnici competenti, oltre che alla Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici della Puglia ed alla Procura della Repubblica di Trani. Una lettera contenente la “Richiesta di annullamento parziale dell'art. 33.2 delle N.T.A. del P.R.G. (sottozone B2) e della delibera di C.C. n. 64/2005 (approvazione P.U.E. comparto B2.2 ex opificio Pansini Legnami)”. La lettera è stata firmata dai rappresentanti di Laboratorio Città partecipata, Archeoclub, ARCI/Cavallo di Troia, Casa dei Popoli, Cittattiva, L'Altra Campagna, Legambiente, Movimento del Buon Governo e Passioni di sinistra e, come preannunciato, spedita oggi ai destinatari prima indicati. Nella missiva si ricostruisce la vicenda legata soprattutto all'area di Pansini Legnami e si chiede alla Regione di intervenire ed alla Procura di avviare un'inchiesta. Di seguito riportiamo il testo della lettera: “Con raccomandata prot. n. 1712/2 del 24/02/2006, l'Assessorato all'Urbanistica e Assetto del Territorio della Regione Puglia comunicava al Comune di Molfetta che l'articolo 33.2 della N.T.A., nella sua formulazione finale, benché approvata dalla Giunta Regionale con delibera n. 527 del 10/05/2001, era in netto contrasto con quanto osservato dalla Relazione-parere del Comitato Urbanistico Ristretto del 07/12/1999 per ciò che riguardava la sorte dei vecchi manufatti industriali, meritevoli di essere conservati per il loro contenuto tecnologico-architettonico, e risultava del tutto illegittimo, non solo nel quadro normativo nazionale e regionale vigente ma anche all'interno del P.R.G., per ciò che riguarda le nuove volumetrie per attività direzionali e commerciali e l'assenza delle relative aree a standard. Negli ultimi giorni del mese di giugno, attraverso una Dichiarazione di Inizio Attività (D.I.A.), tutti i manufatti industriali dell'ex opificio Pansini Legnami, la maggior parte dei quali in buono stato di conservazione come si evince dalla documentazione fotografica allegata, sono stati rasi al suolo e l'area dell'ex opificio liberata dalle macerie. A parere degli scriventi, buona parte di quei manufatti in muratura di tufo, caratterizzati da una copertura di tegole di laterizio sostenuta da un'orditura in legno con capriate di notevole valore storico ed estetico, era meritevole di conservazione attraverso operazioni di manutenzione straordinaria e restauro. Il D.P.R. n. 380 del 06/06/2001 all'art. 23 (Disciplina della denuncia di inizio attività) prescrive che la D.I.A. è efficace, per gli immobili sottoposti a tutela, solo dopo trenta giorni dal rilascio del relativo atto di assenso del dirigente dell'ufficio comunale competente. Con quello che appare come un vero e proprio colpo di mano, nel caso in esame si è operata la demolizione dei manufatti industriali – pur in presenza di un intervento regionale che evidenziava al Sindaco e al Dirigente del Settore Territorio del nostro Comune il contenuto della norma prima citata profondamente illegittimo e lesivo del pubblico interesse – prima ancora che venisse affrontata la vicenda della eventuale revisione normativa. Purtroppo, è da sottolineare che fino ad oggi la Regione, alle osservazioni di cui si è già parlato, non ha fatto seguire alcun atto concreto, come quello della revoca della norma in questione per autotutela, che pure nella raccomandata citata veniva presentato come possibile. Pertanto, in conclusione, almeno fino a quando la vicenda della questione normativa non sarà stata definita completamente, si chiede al Sindaco della nostra città di impedire, nell'interesse di tutti, compresi i soggetti privati interessati all'edificazione di quel comparto (il caso di Punta Perotti dovrebbe insegnare qualcosa), ogni ulteriore attività edificatoria in considerazione anche della responsabilità che in tal senso la Regione assegna al nostro Comune al terzultimo paragrafo della già citata raccomandata. All'Assessorato Regionale all'Urbanistica si chiede di non indugiare oltre e di provvedere al più presto alla revoca per autotutela della norma in questione - all'epoca così frettolosamente e improvvidamente approvata - per impedire che nel frattempo la comunità molfettese, in ossequio a una norma della quale evidentemente anche la Regione è responsabile, possa essere afflitta da interventi edificatori illegittimi e disastrosi per gli esiti urbanistici della città, e consentire così un sereno riesame della questione emersa, per ricercare con spirito costruttivo una soluzione che, nel rispetto delle leggi, renda coerenti i legittimi interessi di alcuni privati con quelli altrettanto legittimi dell'intera comunità. Poiché in questa storia, comunque la città ha sofferto danni notevoli (la distruzione di alcuni manufatti di archeologia industriale meritevoli di essere conservati, e la realizzazione nel comparto B2.3 di edifici che debordano dagli allineamenti preesistenti per invadere strade e marciapiedi a causa delle grandi quantità di volumi illegittimi che la famigerata norma in questione ha consentito), e probabilmente ne subirà ancora per effetto della richiesta di risarcimenti da parte dei soggetti privati interessati a questa vicenda, si invia la presente comunicazione alla Soprintendenza Regionale dei Beni Storico-Artistici per metterla al corrente dell'accaduto e porla così in condizione di prendere le iniziative che riterrà opportune, e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, perché si ritiene che la vicenda dell'introduzione furtiva – all'epoca la città era priva del consiglio comunale e perciò non fu possibile esercitare il controllo democratico – di una norma urbanistica, così incredibilmente sbagliata sul piano tecnico e legislativo, e così clamorosamente lesiva degli interessi pubblici in favore di quelli di alcuni soggetti privati, contenga gli elementi necessari, sul piano penale, per giustificare un'inchiesta”.
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