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Open day all'ITCG di Molfetta: come sarà la scuola di domani
19 gennaio 2009

MOLFETTA - “Il 20,6% dell'utenza scolastica abbandona la scuola prima di aver ultimato i 5 anni di scuola superiore o addirittura prima di aver conseguito una qualifica professionale. Si tratta di 1/5 dei ragazzi iscritti alle scuole medie superiori ed è un tasso insostenibile per un Paese civile quale l'Italia”. Le parole del prof. D'Itollo, preside del Liceo “Fiore” di Terlizzi, ci permettono di capire quale sia lo status quo della scuola italiana, in particolare di quella meridionale: uno stato impietoso, se si tien conto che, secondo la normativa UE, entro il 2010 il tasso di coloro che evadono la scuola dovrebbe limitarsi al 10%. Allora, è bene capire quali cambiamenti subirà la scuola italiana nel prossimo futuro (in riferimento alla fine del biennio di sperimentazione e all'introduzione di alcuni punti della Riforma Gelmini) e quali sono i suoi punti deboli e i rischi che si corrono: questi i temi caldi della conferenza stampa “Open day Molfetta”, tenutasi nell'Istituto ITCG Salvemini, dove sono intervenuti, oltre al prof. Antonio D'Itollo, anche la prof.ssa Cecilia Pirolo, preside dell'ITC “Romanazzi” di Bari e il prof. Sabino Lafasciano, preside dell'ITCG di Molfetta (nella foto: Pirolo,Lafasciano, D'Itollo). La scuola italiana, per oltre 75 anni, non ha subito riorganizzazioni nella propria struttura, ma a partire dal 2000 si sono avvicendate ben 4 riforme, che hanno portato incertezza e confusione: per questo motivo è bene porre un punto fermo per rispondere in termini pratici alle sollecitazioni europee per la risistemazione dei titoli dei curricula delle scuole superiori. Secondo il prof. D'Itollo “la scuola italiana degli ultimi anni ha perso di vista quello che è il suo compito principale, ovvero promuovere la conoscenza, le competenze e la qualità, secondo quanto emerge dall'art. 34, essere un vero e proprio ascensore sociale, che crei la tanto invocata mobilità sociale”. E per concretizzare questo proposito ciò che occorre è “la riduzione della strozzatura tra scuole medie e medie superiori, operando una verticalizzazione dell'istruzione”, ovvero superare la frammentazione e la divisione delle discipline, magari eliminando l'esame tra medie e superiori o dando a questo un valore completamente diverso dall'attuale. Ad esempio, conoscere la lingua madre significa aver acquisito le giuste competenze di utilizzo, per evitare il ritorno del gergo e del volgare; o ancora, conoscere una lingua straniera non vuol dire conoscerne solo la letteratura, ma avere la padronanza della lingua stessa per poterla utilizzare nella comunicazione frontale. Tuttavia, non è questo l'unico problema che affligge la scuola: “l'istruzione del Sud, rispetto a quella del Nord e del Centro Italia, è molto lacunosa”, ha affermato la prof.ssa Pirolo, “poiché sono assenti le corrette metodologie ed è mancante l'integrazione scuola-lavoro e la scuola stessa non sembra oggi in grado di motivare adeguatamente gli alunni, soprattutto quelli meno impegnati, che, abbandonati a se stessi, abbandonano la scuola. Un esempio palese di questa situazione è l'assenza in Puglia di un Osservatorio del Lavoro”. Le conseguenze sono la bassa competenza, l'ignoranza crescente e lo sviluppo zero dell'economia meridionale. Secondo il prof. D'Itollo, è necessaria non solo una maggiore attenzione all'utenza, “perché gli studenti studiano solo per il compito o l'interrogazione, si ingozzano di conoscenza e dopo qualche giorno la rigettano”, ma anche l'unificazione dei livelli di competenza (padroneggiamento ed uso teorico e pratico della conoscenza), la sintesi delle discipline e la loro interdisciplinarità. Riqualificazione dell'offerta formativa vuol dire anche compiere un cambiamento di mentalità nell'utenza e nel corpo docenti, che oggi è priva delle giuste competenze, a causa del cattivo funzionamento e mancato adattamento ai cambiamenti da parte degli organi di formazione del corpo insegnate. Il maggiore livore prospettato dalla Riforma Gelmini, il riordino dei licei e il rilancio dell'istruzione media dovrebbero essere le basi da cui partire per una ristrutturazione dei curricula scolastici, evitando che la scuola non sia una monade isolata e che l'autonomia di cui godono gli enti scolastici non sia un reale ostacolo alla crescita e alla mobilità sociale dei ragazzi.
Autore: Marcello la Forgia
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Credo che incontri come questi, dovrebbero essere davvero frequenti in tutte le zone d'Italia, e contribuire insieme a una riflessione che può essere utile alle famiglie. Purtroppo, quando si parla si parla di giovani, di famiglia, e di mass-media, non credo che ci siano delle ricette e non credo che nessuno di noi sia in grado di dare una indicazione compiuta e valida per tutti e quindi in un'unica direzione per dire come si fa. Occorre evitare di cadere in sterili semplificazioni: i voti, l'educazione civica, la lotta ai fannulloni. Panacea per tutti i mali della scuola e della società, mali di cui la scuola è il parafulmine, il muro basso di inadempienze che stanno altrove. Ma viene spontaneo chiedersi: si può definire con un voto il comportamento di una persona? L'educazione civica è una scoperta del Ministro Gelmini? O non è stata piuttosto sempre in primo piano nella scuola che attraverso la vita comune e gli ambienti di apprendimento ha quotidianamente insegnato ai giovani stare insieme, a dare risposte, collaborare, partecipare, criticare, essere solidali, comprendere la società multiculturale. Sembra che tutta la problematica della formazione dei giovani giostri su semplici, banali punti, che distraggono i lettori dai reali problemi dei giovani fragili, bombardati dalla cattiva televisione, incerti sulle loro scelte future. Sappiamo che attraversiamo una congiuntura economica sfavorevole, ma non si può far passare una necessità economica per riforma pedagogica. Secondo alcuni, la causa di tutto questo grande problema che abbiamo davanti è che siamo davanti a una crisi della verità, che è una verità a tutto campo e siamo quindi, davanti a una crisi di concetti. Abbiamo le idee abbastanza confuse, e tutto contribuisce a renderle ancora più confuse. Noi siamo probabilmente invece prigionieri di una menzogna che ci fa schiavi e di menzogne, ce ne sono tante, compresa la menzogna mediatica, di cui siamo abbastanza vittime, inconsapevoli vittime. C'è un pensiero unico che domina il mondo che è questa globalizzazione, che spesso si fonda su non verità, se non proprio su menzogna, cui abbiamo fatto tutti un po' il callo, di cui non ci rendiamo più conto della portata. L'economia domina la politica. Noi siamo dell'idea che adesso l'uomo ha un potere illimitato e lo stiamo trasmettendo ai nostri figli; la scienza ha un potere illimitato ed è priva di qualsiasi vincolo etico. Siamo in un mondo in cui la verità non è più la verità dell'autorevolezza, perchè l'autorevolezza viene solo dall'esperienza e ne fa testo il fatto che in televisione, ovunque si vada, c'è una ricerca spasmodica di testimonianza e di testimonianze a volte mirate, a volte manipolate, a volte fallaci, a volte insignificanti: siamo passati dall'esperienza dell'autorità, all'autorità dell'esperienza. C'è una cultura che sta emarginando e mettendo in un angolo la famiglia. C'è un'ideologia che dice che l'uomo può vivere benissimo solo per se stesso, il lavoro, i rapporti, il sesso, il successo, la carriera, le vacanze, e che quindi la famiglia non è più così indispensabile. Se noi non affrontiamo questi nodi, il rapporto, poi, della famiglia con i media è automaticamente falsato. C'è una percezione debole della vita e del suo senso. anche se detto così può sembrare uno slogan. Poi quando ci sono i casi drammatici di cronaca allora ci si chiede "la famiglia dov'è?" Dobbiamo convincerci che la famiglia è importante, molto importante ma, alla luce dei fatti, nella scuola, nella vita sociale, in politica, nei media, la famiglia non c'è. Perchè nessuno ha e sta' insegnando che la famiglia è la vera e grande risorsa del paese. Le famiglie sono sempre soggetti deboli, perchè le famiglie non sanno più educare e quindi, non sapendo educare, sono espropriate persino dei loro compiti che sono quelli proprio di educare, crescere i figli e assumersi l'onere del lavoro di cura. Detto questo si passa ovviamente al discorso dei media, che non è un problema piccolo, è un grosso problema che va affrontato con una grande serietà. Dovremmo imparare tutti a non essere sudditi, ma ad essere dei cittadini. Siamo troppo abituati ad essere dei sudditi ed è vergognoso che le famiglie, abbandonate a sè stesse, molto spesso, a loro volta, abbandonino i figli davanti alla televisione per ore, ed un bambino che accede alla prima elementare abbia negli occhi 12000 omicidi. La vita non ha più senso. Smettiamo di pensare di essere le vittime di questo sistema: siamo anche carnefici. Facciamo un passo indietro e torniamo a educarci per diventare dei cittadini.
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