Nuovo porto commerciale la parola ai cittadini Ostacoli e prospettive della conclusione dei lavori
Confronto sul nuovo porto commerciale. “Pensare globalmente ed agire localmente” attraverso un processo multisettoriale e partecipativo che dia vita ad un piano strategico a lungo termine per la gestione delle problematiche attinenti le politiche messe in campo per il futuro del Porto di Molfetta. È con questa prerogativa che la Commissione esecutiva del Forum di Agenda XXI – di concerto con l’Amministrazione Comunale – ha organizzato un’articolata Sessione di lavoro, Intergruppo pubblica sul tema. Nella sala Finocchiaro della Fabbrica di San Domenico hanno svolto parte attiva anche associazioni ed imprese che – nel mese di gennaio e attraverso un avviso pubblico – furono invitate ad elaborare idee, progetti, proposte utili a trarre beneficio dall’operatività del Porto. Ad aprire la tavola rotonda – Cosimo Sallustio, (nella foto con il sindaco Natalicchio e l’avv. Laforgia) coordinatore cittadino di Agenda XXI – che ci ha tenuto a sottolineare come il Forum sia una strumento per fare delle raccomandazioni all’Amministrazione Comunale senza la pretesa di avere la ricetta risolutiva del problema ma assolutamente consapevole di poter fornire, attraverso un tavolo di concertazione, degli spunti di riflessione frutto delle idee di attori e portatori di interesse che vivono da vicino il dramma di un’opera ad oggi ancora incompiuta. Bisognerebbe dunque cancellare o quantomeno lenire i pregiudizi al fine di andare tutti nella stessa direzione, ovvero verso uno sviluppo sostenibile del Porto cittadino. A seguire – l’intervento del Sindaco di Molfetta – Paola Natalicchio che ha parlato del binomio partecipazione – futuro, un accostamento che si pone come base di una sfida difficile cheprima di tutto deve preoccuparsi di “dissequestrare” il dibattito sul nuovo Porto commerciale che non deve essere percepito come una zavorra ma anzi come un voler rimarcare l’identità di una città che trova il suo riflesso più vero ed autentico in quello specchio d’acqua che l’avvolge. Dunque non si tratta solo di un futuro legato alle logiche e prospettive commerciali potenzialmente sviluppabili ma ci sono almeno altre tre grosse partite da giocare. In primis si è fatto cenno ad una destinazione turistica attraverso l’idea di realizzare approdi, sviluppare la diportistica ed incentivare la presenza di sport nautici. La seconda prospettiva pone grande attenzione alla nostra marineria, un tempo gloriosa ed oggi decimata da vicissitudini di varia natura e cambiamenti epocali. Ma nonostante tutto – come ha sottolineato la Natalicchio – se ne sente ancora il battito, pulsione vitale di un settore che si sta riconvertendo attraverso, ad esempio, la vendita diretta del pescato che azzera la filiera e dal produttore va direttamente in casa del consumatore. Non ultima per importanza è la questione attinente i cantieri navali che andrebbero rivisti a livello infrastrutturale in modo tale da recuperarli e creare in città ulteriori posti di lavoro. Un progetto visionario in tale direzione è già stato redatto dall’ing. Francesco Samarelli – progettista del Comune di Molfetta – e prevede che il primo intervento sia volto al recupero del Cantiere Tattoli, oggi in condizioni di massimo degrado ma le cui potenzialità future potrebbero rivelarsi di assoluto interesse. In realtà, vista la vicenda giudiziaria – di cui ha tenuto una summa esplicativa l’avv. Michele Laforgia – non è facile farsi un’idea diversa. Infatti dopo l’approvazione del progetto nel settembre 2006 fu indetta una rapida gara d’appalto che fu vinta il 5 marzo 2007 dalla cooperativa C.m.c. di Ravenna per un importo pari a 56milioni di euro. Con il susseguirsi del tempo, oltre alla mancata consegna dell’opera ultimata – prevista per il 2012 – ci sono state una serie di proroghe e ben due perizie di variante, una delle quali ha introdotto un surplus di costi pari a 8milioni di euro e che in ogni caso non hanno permesso la consegna devi lavori previsti nel 2015. Ma allora come nasce il processo penale che ha portato all’arresto dei lavori? L’attenzione sulle criticità a livello penale è stata posta dall’AVCP (Autorità di vigilanza sui contratti pubblici) che ha focalizzato l’attenzione su due aspetti lampanti. Il primo riguarda la modalità con cui si è espressa la gara d’appalto: da regolamento avrebbero potuto partecipare solo aziende che avevano un particolare tipo di draga ma delle due partecipanti solo una ne era in possesso con l’aggravante che questo strumento è rimasto inutilizzato per la presenza di ordigni bellici sul fondale marino. In questa maniera si è violato il principio della concorrenza perché è stato realizzato un bando su misura. In più c’è stata anche la violazione delle norme contrattuali poiché, a lavori iniziati, le aree sono risultate inaccessibili. Una leggerezza, se così la si vuol chiamare, del tutto inammissibile ed evitabile se a monte – appaltante e appaltatore – avessero verificato con scrupolo e dovizia la fattibilità della zona (area peraltro notoriamente conosciuta dai più per la presenza di materiale bellico). Da questo momento in poi si ferma tutto, parte l’inchiesta con ben 36 capi d’imputazione cha vanno dall’associazione a delinquere all’abuso d’ufficio, dalla turbativa d’asta alla violazione ambientale. Il contratto quindi viene ritenuto illecito dalla Procura, dal Tribunale, dal Gip e dall’ANAC con l’effetto che i lavori non possono proseguire e con la prospettiva futura di una rielaborazione dello stesso per recuperare in maniera lecita le redini di tale opera. Per questa ragione, l’attuale Amministrazione – ritornando sulla questione – ha affidato il progetto nelle mani del Consiglio dei Lavori Pubblici e ha chiesto all’ANAC una situazione contrattuale con procedura semplificata attraverso comunque una gara d’appalto. In ogni caso il processo penale ha tracciato una strada per indicare il da farsi e soprattutto per capire in che direzione agire. Certamente bisognerebbe, come ha ben detto l’ing. Mario Mega accrescere la conoscenza collettiva sul tema ed accordarsi sulla destinazione da attribuire al Porto di Molfetta che secondo l’Autorità Portuale del Levante – di cui è segretario – non sarebbe prioritariamente di stampo commerciale. Dopo i pareri spiccatamente tecnici è intervenuto il prof. Leonardo De Giglio in rappresentanza dell’associazione SAILORS, il cui motto è “il porto che vogliamo, che possiamo, che ci piace”. Una sorta di indagine su più fronti che ha coinvolto tutti i portatori di interesse e che ha portato allo sviluppo di un progetto condiviso da presentare all’Amministrazione entro metà marzo. Dopo l’intervento del comandante del porto Cap. di fregata (CP) Flavio Stefano Lagrasta, è stata affrontata un’altra questione interessante – alla luce della memoria storica dell’assetto del Porto raccontata da Sergio de Candia attraverso le immagini del Piano Regolatore Portuale – che riguarda l’importanza di mantenere intatto il tratto costiero senza stravolgerne le connotazioni storiche, come ha suggerito il prof. Emanuele Colonna. In ultimo, l’ing. Francesco Samarelli ha approfondito la questione relativa alla risistemazione dei cantieri navali e a cui aveva fatto cenno in Sindaco in apertura della conferenza. Dopo una serie di rilevazioni tecniche ed un approfondito studio, ing. Samarelli ha ipotizzato due possibili scenari. Il primo prevede una prospettiva e breve-medio termine e prevede valutazioni sulla sicurezza ed eventuali interventi sugli stabili dell’area cantieri, degli adeguamenti delle reti urbane e l’implementazione dei sistemi antincendio, il trattamento delle acque meteoriche e oleose, il ripristino del piano suolo delle aree esterne ai cantieri e il recupero dell’ex stabile ex Tattoli. Il secondo scenario è a lungo termine, invece e prevede il trasferimento dell’area cantieri e la riconversione della stessa in un’ “area obiettivo” utile ad un processo di rigenerazione urbana.