La Maturità 2019 è una novità per tutti, persino per chi, abituato a stare dall’altra parte della cattedra e a valutare prove scritte e orali, si ritrova alle prese con nuove griglie nazionali, nuovi crediti da convertire, buste da preparare in vista del colloquio orale e prove miste. Miste quanto le opinioni che i docenti hanno a proposito della nuova tipologia di esami di Stato che entrerà in vigore proprio nel 2019. “Quindici” ha intervistato alcuni docenti del Liceo Classico “Leonardo da Vinci” di Molfetta per mettere in luce la situazione di un istituto italiano tipo alle prese con le novità. Come valuta la simulazione della prima prova? Il cambiamento è necessario? Cosa sta facendo per preparare i suoi alunni alla nuova tipologia di esami? Condivide questa modalità appieno o non la approva? Cosa pensa della nuova tipologia di colloquio orale: sono queste le domande a partire dalle quali si sono espresse due docenti di italiano e latino del Liceo Classico “Leonardo da Vinci” di Molfetta. Prof.ssa Marta Giancaspro: «La simulazione della prima prova andava fatta nonostante ci fossero state già alcune anticipazioni: era giusto che gli alunni entrassero nel campo dell’esame e osservassero quali fossero queste novità inerenti al testo argomentativo che è impostato diversamente rispetto al saggio breve. È stato interessante vedere come hanno reagito i ragazzi alle tipologie B e C. Ritengo sia stato necessario anche guardare assieme a loro gli indicatori, abituarli alla gestione del tempo e alla nuova valutazione in centesimi. Il cambiamento è ormai in vigore e bisogna adeguarvisi. Questa nuova prova abitua più ad un’analisi critica e alla sintesi, prerogativa che gli studenti del classico molto spesso non hanno. Per il colloquio orale siamo ancora in fase di preparazione perché bisogna abituare gli studenti a un nuovo modo di strutturare il colloquio e dobbiamo capire assieme a loro come agire. Io e le colleghe stiamo cercando di trovare dei temi in comune e, soprattutto, stiamo cercando di avvicinare i ragazzi alla cittadinanza attiva. É molto importante il rapporto tra noi docenti perché permette al consiglio di classe di prendere decisioni univoche per il colloquio, sul quale non è stata fornita molta chiarezza. Io condivido qualche cambiamento, specialmente per quanto riguarda le due prove scritte perché gli alunni devono imparare ad avere un approccio diverso con la traduzione, in cui il saper analizzare il testo e il saper confrontarsi con l’autore sono aspetti fondamentali. Per il colloquio, invece, sono più scettica perché temo che tutto si concluderà con un’interrogazione, ma ne apprezzo l’interdisciplinarità che lo accomuna con le due prove. I commissari sono abituati ad un altro tipo di esame: formarsi in vista di queste novità è stato difficile per tutti, docenti compresi. Quello che mi aspetto da parte dei miei ragazzi sono l’entusiasmo e la curiosità». Prof.ssa Marianna Turtur: «La simulazione della prima prova prevedeva testi stimolanti e vari, io mi sono subito posta il problema dell’impatto che avrebbe avuto sui ragazzi e ho avuto conferma del fatto che hanno potuto lavorare serenamente. Durante il precedente compito in classe avevamo seguito una linea abbastanza simile a queste proposte e ho visto i miei alunni procedere senza difficoltà. Per un motivo ben preciso io, sin dall’inizio dell’anno scolastico, ho dato peso a certi aspetti piuttosto che ad altri: per esempio si fa leva molto sull’analisi testuale, alla quale ho abituato i ragazzi in classe, fornendo loro un metodo. Le nuove proposte non hanno colto gli studenti impreparati o privi di strumenti; la scelta fra ben sette tracce va incontro alle esigenze più variegate che ciascuno ha di esprimersi. Queste tracce implicano sicuramente più competenze che conoscenze: si tratterà di questo anche per il colloquio orale. Sono le competenze il filo conduttore dei nuovi esami di Stato: esse sono senza dubbio espressione di una formazione corretta che possa preparare al meglio per gli studi universitari. Il cambiamento può non essere necessario ma può essere opportuno perché cambiare vuol dire mettere gli studenti di fronte ad un momento di crisi che prima o poi ci sarebbe stato e a cui abbiamo dovuto adeguarci tutti; ma come sostiene Albert Einstein, “la crisi è un momento di crescita”. Io sono d’accordo con questa modalità, ma al momento il mio è un “essere d’accordo” concettualmente: sono certa che le competenze integrano le conoscenze, questa è la strada migliore da percorrere. In molte università, specie all’estero, si ragiona così: abituarsi a ciò sin dalle superiori può essere molto significativo. È importante sottolineare come queste prove mirino anche ad una migliore conoscenza della lingua italiana, come si evince dagli stessi indicatori di valutazione. Ogni docente compie delle scelte per sperimentare e personalmente credo che, oltre a questo genere di riforme, bisognerebbe considerare una distribuzione diversa del programma didattico per poter arrivare all’attualità nell’ultimo anno e, quindi, per poter stimolare il piacere della lettura anche di autori contemporanei con cui creare collegamenti. Si potrebbe pensare a questo per portare la novità perché tutto si affida a quello che si riesce a trasmettere per il piacere dell’apprendimento e per la comprensione della società in cui viviamo. É importante lo studio della letteratura italiana, e straniera, per parlare di noi stessi. Il mio lavoro va verso un allenamento che prevede la capacità di rispondere in maniera pertinente ai quesiti, la comprensione delle consegne ma soprattutto la comprensione della realtà da esprimere in maniera elaborata e strutturata. Basta prendere atto di questo e procedere in questa direzione». Come valuta la simulazione della seconda prova? A suo parere il cambiamento degli esami di Stato è una necessità? Quali sono, secondo lei, gli obiettivi con cui i tutti questi cambiamenti sono stati apportati? Cosa sta facendo per preparare i suoi alunni alla nuova tipologia di esame? È radicale il cambiamento dello svolgimento dei programmi didattici rispetto all’impostazione precedente? Condivide appieno questa modalità di svolgere gli esami oppure ha delle critiche a riguardo? Qual è il suo parere in merito al nuovo colloquio orale? Queste, invece, le domande rivolte alle docenti coinvolte nella seconda prova scritta della maturità 2019. Prof.ssa Emilia de Ceglia e prof. ssa Eleonora Sciancalepore, docenti di Latino e Greco: «Questa simulazione mostra, ancora una volta, come gli “esperti” del Ministero vivano in un pianeta in cui la scuola si fa sui libri degli Accademici, ma non si frequenta. Già molti hanno rilevato che, per chi conosce la tempistica dello svolgimento dei programmi, Tacito è un autore improponibile in questa fase dell’anno scolastico, non tanto per la difficoltà morfosintattica del testo proposto, quanto per il profilo letterario dell’autore, generalmente non ancora affrontato. Lasciando da parte le polemiche relative all’ormai famosa Livia Drusilla, madre di Tiberio e non sua nuora, alcune imprecisioni relative alla punteggiatura hanno potuto creare confusione nell’interpretazione del brano; non è, infatti, di secondaria importanza, se si apre con le virgolette un discorso diretto, capire dove questo abbia termine e, generalmente, il segnale sono le virgolette chiuse: ebbene, queste mancavano. Quanto ai quesiti, a nostro parere erano posti in maniera fumosa (quanti studenti avranno colto la differenza tra “considerazioni morali e moralistiche”?) e si sarebbero potute trovare più facilmente le argomentazioni richieste nelle parti di testo che, invece, sono state omesse. Infine, l’ultimo quesito ruotava intorno al “termine centrale dell’argomentazione di Terenzio” cioè obsequium, tanto centrale da non essere presente nel testo latino, ma nel post-testo in traduzione. Sicuramente la formula dell’Esame di Stato andava rivista alla luce di una riforma basata sulla verifica delle competenze acquisite durante il corso di studi e, a tal fine, la tipologia di prova proposta è valida. Quello che è inaccettabile è che questa riforma sia stata attuata ad anno scolastico abbondantemente avviato, in maniera poco più che estemporanea; non si è trattato di una riforma strutturale, andata a regime dopo un triennio in cui gli studenti siano stati abituati alle nuove modalità di verifica, ma sembra pensata essa stessa con un “procedimento euristico” (quello che si chiede agli alunni nello svolgimento della prova stessa), che troverà soluzione, per docenti e studenti , solo alla prova dei fatti, cioè all’esame vero e proprio. Tra l’altro - e non è un aspetto secondario - solo a giugno scopriremo “euristicamente” se il brano da tradurre sarà dal Latino o dal Greco. Per preparare i nostri alunni ad affrontare questo esame stiamo impostando le lezioni con modalità laboratoriali per sollecitare le loro capacità logico-argomentative. Le verifiche scritte da gennaio seguono la tipologia proposta per l’esame, ma già negli anni scorsi gli alunni sono stati abituati ad integrare la traduzione con domande di comprensione. A febbraio è stata svolta la prima simulazione della seconda prova e nell’ultima parte dell’anno scolastico sarà attivato un corso di potenziamento in cui è prevista anche una simulazione del colloquio. Fondamentale è il confronto costante e la collaborazione con tutti i docenti del Consiglio di Classe, in particolare tra i colleghi delle due discipline caratterizzanti oggetto della seconda prova d’esame. Soprattutto, stiamo cercando di trasmettere serenità agli alunni, dimostrando che, con l’esercizio e le competenze tecniche già acquisite, saranno perfettamente in grado di affrontare serenamente questa prova. Rispetto all’impostazione precedente, il cambiamento non è radicale, perché le scelte didattiche operate andavano già in direzione della centralità del testo e della sua analisi interpretativa a livello lessicale, retorico, stilistico al fine di cogliere nessi testuali, intertestuali ed extratestuali. In vista del nuovo Esame di Stato la prassi didattica da ora in poi dovrà, purtroppo, privilegiare i testi in prosa, a scapito della poesia. Le competenze traduttive dovranno essere integrate con quelle proprie dello studio letterario per conseguire un obiettivo sicuramente di altissimo livello, vicino a quello specialistico universitario. Ma quanti brani d’Autore riusciremo ad analizzare in quattro ore settimanali di Latino e tre di Greco? Sul colloquio stendiamo un velo pietoso. L’idea delle tre buste è, a dir poco, grottesca. Abbiamo, comunque fiducia nel buon senso della Commissione (che non sarà formata da alieni, ma da docenti che vivono le nostre stesse perplessità) e nelle capacità dei nostri alunni, che sicuramente saranno messi nelle condizioni migliori per affrontare serenamente questa prova». Ma ad esprimersi per il Liceo Classico non sono state solo le docenti coinvolte nella prove scritte. Prof.ssa Maddalena Salvemini, docente di Filosofia e Storia: «Perché? É questa la mia risposta immediata: la vecchia riforma funzionava benissimo e ad insegnarmelo è stata la mia esperienza da docente. Personalmente avrei abolito gli esami di Stato perché il senso degli esami così come era stato pensato con la Riforma Gentile del 1923 non è più in atto. Credo che la valutazione dello studente derivi da ciò che ha fatto durante il percorso quinquennale. La struttura della prima prova, per esempio, era davvero ottima; la scomparsa delle tracce di storia non mi vede per niente d’accordo con questa nuova tipologia. Il cambiamento mi rende perplessa, ma non del tutto contraria. Io ritengo che questo esame abbia la sua validità perché serve a verificare la capacità dell’alunno di gestire le sue conoscenze non come contenuti di materie scolastiche, ma come patrimonio personale. Avrei voluto indicazioni più chiare prima perché il percorso di preparazione agli esami non inizia nel secondo quadrimestre del quinto anno. Ci stiamo attrezzando per individuare macro aree e collegamenti per calibrare le ultime verifiche orali in questa direzione. Sono sinceramente dispiaciuta per il primo alunno che fungerà da cavia, ma cercheremo di preparare tutto al meglio affinché gli alunni possano affrontare la prova con sicurezza. Le informazioni riguardo al colloquio orale sono state vaghe: se i commissari esterni avranno altre idee rispetto a quelle da noi elaborate dovremmo trovare un punto di incontro. Mi trovo a favore dell’inserimento della cittadinanza nel nuovo colloquio orale: i tempi che corrono richiedono sempre più sapere cosa significhi veramente essere cittadino perché lo stiamo dimenticando, enfatizzando invece la dimensione individuale. In merito all’alternanza, invece, credo che se per tre anni è stata fatta come parte aggiuntiva del percorso di studi è giusto che ogni alunno debba trarne delle conclusioni esponendo ciò che ha appreso». Prof.ssa Marta Spaccavento, docente di lingua straniera: «Non mi trova assolutamente d’accordo il cambiamento degli esami di Stato nel corso dell’anno scolastico. Non sento di potermi esprimere appieno a favore o contro tutte le novità che ci sono: io sono coinvolta per quanto riguarda il colloquio orale, sul quale le indicazioni fornite sono state davvero scarse». © Riproduzione riservata