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Nucleare, per saperne di più: incontro a Molfetta
11 marzo 2011

MOLFETTA - L'energia nucleare è una fonte di energia alternativa molto controversa. Essa è certamente un'energia pulita in quanto le centrali nucleari non immettono nell'ambiente alcuna sostanza inquinante, né anidride carbonica né ossido di azoto nè zolfo, inoltre il nucleare, non usando combustibili fossili, riduce la dipendenza di petrolio dai paesi esteri. Ma al pari di questi numerosi vantaggi, vanno considerati i rischi elevati delle centrali nucleari. In caso di incidenti, le radiazioni di una centrale atomica comportano decessi per tumori e leucemie indotte, inoltre le scorie nucleari sono molto difficili da stoccare. I sottoprodotti della reazione di fissione sono, infatti, fortemente radioattivi ed hanno un lunghissimo tempo di decadimento. In ultimo, vi è il problema della localizzazione delle centrali che incontra molteplici resistenze da parte dei cittadini.
In Italia, con il referendum del 1987 la popolazione si espresse contro il nucleare, ma oggi tale decisione è stata rivista e un accordo Italia Francia ha determinato la ripresa del nucleare come fonte di energia alternativa. Per saperne di più, ed invitare ciascuno a pensare con la propria mente  Venerdì 11 marzo, presso la "Sala Benardetta"  della Parrocchia Immacolata di Molfetta alle ore 19:30, si terrà  un incontro aperto alla cittadinaza sul delicato tema dell'energia nucleare.
L'incontro è organizzato dal gruppo giovani della Parrocchia, Interverrà il Dr. Marco Papagallo del dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Bari.


 

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Il disastro di Bhopal. – I prodotti della Union Carbide, colosso dell'industria chimica statunitense, si limitavano inizialmente al campo dell'illuminazione: pile elettriche, lampade per l'illuminazione stradale e fari per automobili; durante la seconda guerra mondiale invece fornì ai militari americani maschere antigas e partecipò alla costruzione della bomba atomica. Dopo tale periodo intraprese la produzione di un pesticida che avrebbe dovuto sostituire l'ormai obsoleto DDT: il suo nome Experimental Insecticide Seven Seven, meglio conosciuto come Sevin, e i suoi componenti principali il MIC (isocianato di metile) molecola fortemente reattiva, e il fosgene, gas tristemente famoso per essere stato utilizzato nella prima guerra mondiale come arma chimica. Conquistato il mercato del Sudamerica, la Union Carbide si rivolse a quello indiano, ma anziché esportare il prodigioso prodotto come fin lì aveva fatto, decise di costruire una fabbrica sul posto, scegliendo per questo la città di Bhopal (India). L'investimento non diede però i frutti sperati: l'impianto, che divenne operativo solo nel 1980 (dopo quasi 14 anni) produceva solo un quinto del quantitativo di Sevin previsto, e i numerosi incidenti che da subito si verificarono ne fecero preventivare lo smantellamento. In questo clima la manutenzione si fece sempre più scarsa , e questo fu principalmente il motivo della più grande catastrofe ambientale del mondo avvenuta nella notte tra il 3 e il 4 dicembre del 1984. Il generale cattivo stato di efficienza dell'impianto consentì infatti che quattrocento litri di acqua, durante una procedura di pulizia standard, entrassero in contatto con il MIC. La reazione chimica che ne scaturì sprigionò una nube tossica larga quasi cento metri, composta essenzialmente da acido cianidrico e fosgene, che spinta dal vento si abbattè sulla città, senza lasciare alcuna via di scampo per i suoi abitanti: 20.000 i morti; 500.000 sopravissuti che ancora oggi ne sopportano le conseguenze.
L'impianto nucleare di FUKUSHIMA in Giappone, Paese che ha per primo nella storia dell'umanità, ha patito i danni di un'esplosione (due, per la verità) nucleare e che nella sua Costituzione fa preciso riferimento al rifiuto dell'arma nucleare, ha avuto un'esplosione in uno, forse due dei suoi reattori. Reattori costruti dai Giapponesi, con "l'occhio" alla tragedia di 66 anni fa, quindi con criteri certamente d'avanguardia IN UN PAESE CIVILISSIMO (ad elevatissimo rischio sismico) DOVE UN SISMA GRANDE COME QUELLO DELL'AQUILA, AVREBBE PRODOTTO SOLO QUALCHE TRASCURABILE PROBLEMINO, dopo questo terremoto (dicono di grandezza oltre 9 sulla scala Richter!) ha subito danni che si rivelano sempre più ...seri (un eufemismo). Da noi, in Italia, Paese a sismicità elevata, leggiamo, dopo i fatti accaduti IN GIAPPONE che, ripeto non è l'Italia, e dove se uno è accusato di aver intascato tangenti di qualche migliaio di euro, si dimette e chiede scusa, cosa dichiara la Maggioranza compatta? "L'Italia va avanti sulle centrali" Adesso, qualcuno mi accuserà di voler fare "terrorismo psicologico" (io, poi), accostando questo INCIDENTE, che non si sa ancora che cosa porterà, alla demagogia anti governativa. Non è così, io credo che propRio adesso, sull'onda dell'emozione per questi fatti imponderabili? (io dico di no), i terremoti piccoli o grandi nelle zone ad alto rischio ci sono sempre stati e ci saranno sempre ci saranno, quindi mi pare un'occasione essellente, PER CHI DECIDE IL FUTURO DELLA NAZIONE E DELLE SUE GENTI, DI FERMARSI UN MOMENTO ED AL DI LA DEGLI INTERESSI DI SCHIERAMENTO, FACCIA UN'ANALISI SERIA DEL COSTO BENEFICIO DI UNA SCELTA CHE POTREBBE ESSERE SI' RISOLUTIVA (dubbio) MA CERTAMENTE, ALLA LUCE DELLA REALTA' LOCALE POTREBBE RISERVARE TRAGEDIE INIMMAGINABILI.

1°Parte. - Nel suo brillante testo, l'astrofisico inglese Martin Rees afferma onestamente: “qualsiasi previsione per la metà del secolo è nel regno delle congetture e degli scenari”. Tuttavia non si astiene dall' esaminare, con molta cautela, le possibilità di minacce, di origine naturale oppure antropica, che gravano sul futuro del nostro pianeta e dell'umanità. Per quelle di origine naturale si può formulare una probabilità basata sulla serie storica degli eventi, siano essi di natura cosmica (asteroidi, comete) o terrestre (vulcani, terremoti, siccità). Gli eventi indotti dall'uomo (guerre, impatto economico e ambientale) sono maggiormente imprevedibili. Sommando tra loro le probabilità di questi due ordini di eventi, Rees giunge a stimare che l'umanità abbia una probabilità del 50% di sopravvivere al XXI secolo. Al fine di orientarci nell'ardua impresa di delineare e valutare possibili e plausibili scenari futuri, come quello preconizzato da Rees, possiamo partire da un modello relativamente semplice, proposto nel 1973 da Barry Commoner, Paul Ehrlich e John Holdren, noto come modello IMPACT, secondo una successiva versione aggiornata. La relazione funzionale I = I (PAT), comunemente scritta nella forma I = PAT, dice che l'impatto I sul pianeta dipende da tre variabili fondamentali: la popolazione P, lo stile di vita A, ovvero i consumi procapite, e il fattore tecnologico T. prima ancora di chiederci come varieranno queste grandezze nei prossimi decenni, è bene stabilire quanto può valere I oggi, avvalendoci di specifici indicatori ambientali. (continua)
2°Parte. - Un indicatore particolarmente utile per calcolare I è l'impronta ecologica, definita da Wackernagel e Rees in “L'impronta ecologica (2000) come “uno strumento di calcolo che ci permette di stimare il consumo di risorse e la richiesta di assimilazione di rifiuti da parte di una determinata popolazione umana o di una certa economia e di esprimere queste grandezze in termini di superficie di territorio produttivo corrispondente”. Si stima che l'attuale impronta ecologica totale dell'umanità superi il 30% il territorio realmente disponibile. Stiamo quindi intaccando il capitale naturale non rinnovabile e, stando alle previsioni del WWF, questa tendenza potrebbe culminare nel 2050 con un impronta che supererà di quattro volte quella totalmente disponibile. In altre parole, a quella data occorrerebbero quattro pianeti per far fronte alle esigenze dell'umanità. Un altro importante indicatore per stimare l'impatto globale sulla biosfera è la frazione dei prodotti di fotosintesi, nota anche come PPN (Produzione Primaria Netta), di cui si appropria l'umanità in competizione con altre specie viventi. Paul Ehrlich, insieme ad alcuni collaboratori, ha valutato che la popolazione umana si appropria del 41% del potenziale terrestre di PPN e sovente esercita una pesante interferenza sul restante 60%. Inoltre si appropria di circa il 25% del potenziale acquatico di PPN. Studi più recenti tendono a confermare che sostanzialmente tali stime che evidenziano come l'impatto umano sia “prossimo” alla capacità totale del pianeta” anche se potrà essere ridotta man mano che si renderanno disponibili nuovi rilevamenti via satelliti. (fine)

Un catalogo di disastri. – 1957, Windscale, G.B. per un incendio nel reattore contaminati 800 kmq. di terra. Almeno 20 morti per cancro. – 1958, Urali, Urss: per l'esplosione di un deposito di scorie si contaminò la terra. Centinaia di morti. – 1968, Detroit, Usa: parte del nucleo di un reattore autofertilizzante si surriscaldò e si fuse. Ingenti i danni. – 1969, Colorado, Usa: un deposito di scorie si incendiò spontaneamente, emettendo plutonio. – 1972, New York, Usa: un impianto al plutonio dovette essere chiuso per sempre dopo un'esplosione. – 1975, Browns Ferry, Usa: un operaio provocò, con una candela, che mandò in tilt 5 sistemi di emergenza. – 1976 Windscale, G.B.: con un mese di ritardo, fu denunciata la perdita di 2 milioni di litri di acqua radioattiva. – 1979, Harrisburg, Usa: l'errore di un tecnico provocò un gravissimo incidente al nocciolo che distrusse un reattore. – 1981, Windscale, G.B.: nube di iodio 131 nella campagna del Cumberland. I rifornimenti locali di latte contaminati. – 1986, Cernobyl, Urss: finora il più grave incidente nucleare. Incendio del nocciolo ed evacuazione di 135.000 persone. Si parla di oltre 2.000 morti. Se ne pagano i danni umani ancora al momento. Quanto durano le radiazioni? Il “tempo di dimezzamento” delle sostanze radioattive è il periodo che occorre perché metà della loro radioattività svanisca. Per alcuni elementi è abbastanza breve: quello dello iodio 131, per esempio, è di 8 giorni, e dopo 50 giorni il calo dell'attività supera il 90%. La radioattività in un reattore ha un tempo di dimezzamento di 24 mila anni. Dopo 50 mila anni hanno perso solo tre quarti della radioattività, e sono ancora letali. Ma se il periodo di dimezzamento del plutonio 239 sembra lungo, pensate a quello dell'uranio238: 4 milioni di anni e mezzo.
-26 aprile 1986. – Prima una nota scarna della Tass, poi un annuncio di radio Mosca, infine la richiesta ufficiale di aiuto a tedeschi e svedesi. Cominciarono così i giorni della paura, quando in tutta l'Europa si diffuse l'allarme per l'”incendio nucleare” che si era sviluppato nella centrale di Chernobyl. Si parlò di duemila morti e di centinaia di feriti, ma per l'effetto delle radiazioni il bilanciò della strage si rivelò di proporzioni più ampie di quelle quantificate: gli effetti tragici si ripercossero anche negli anni successivi. Mentre in Italia si proibiva il consumo di latte e verdura, in tutto il mondo tornava con forza la grande questione: si può credere ancora in questa forma di energia? Italia: venerdì 2 maggio il ministero per la Protezione civile aveva emanato le disposizioni relative all'emergenza creata dall'incidente di Cernobyl, in particolare il ministero raccomandava di non bere acqua piovana, di lavare accuratamente la frutta, di non mangiare verdura fresca a foglia, di dare ai bambini solo latte in polvere o a lunga conservazione confezionato prima del 2 maggio, di nutrire il bestiame con foraggio secco. A poche ore di distanza da queste, giungevano dal ministero della Sanità altre disposizioni: veniva proibita per quindici giorni la vendita di verdure fresche a foglia e la somministrazione di latte fresco ai bambini fino a dieci anni e alle donne incinte. La maggior preoccupazione degli esperti non riguardava l'inquinamento dell'aria ma quello del suolo. La tragedia di Cernobyl ha posto all'attenzione dell'opinione pubblica di tutto il mondo una serie di interrogativi sul presente e il futuro dell'energia nucleare. Poche le certezze. Molti i dubbi.

L'industria nucleare è malata. Lungi dal fornire una energia abbondante e a buon mercato, capace di soddisfare il nostro fabbisogno in aumento, si è rivelata una fonte energetica costosa, che comporta numerosi e ardui problemi tecnici, e inaccettabili rischi ambientali. Le scorie radioattive, che hanno un lungo tempo di dimezzamento, sono una minaccia per il presente e il futuro. Nel 1970 gli esperti prevedevano che entro il 1985 sarebbero state in funzione nell'Europa occidentale più di 200 centrali nucleari. Nel 1983 la cifra prevista per il 1985 era scesa a 73. Lo stesso è accaduto in tutto il mondo: da un totale di 600 si è scesi sotto i 200. L'industria nucleare, nonostante l'entusiasmo di chi all'inizio la sosteneva, si è infilata in un vicolo cieco. L'aumento dei costi reali e la preoccupazione della gente hanno contribuito a produrre questa situazione. Si sono sprecati molti miliardi di dollari, soprattutto negli USA, per progetti che sono stati abbandonati prima di essere completati. Le aziende elettriche hanno scoperto che è più facile e meno costoso ridurre la domanda incoraggiando la gente a usare meglio l'energia, piuttosto che costruire nuovi impianti per soddisfare una domanda crescente. Un altro pericolo è rappresentato dalla proliferazione degli armamenti atomici, i quali, oltretutto, possono anche cadere in mano a terroristi. L'era nucleare potrebbe risultare, inaspettatamente, di breve durata. Forse l'idea che l'elettricità prodotta dai reattori nucleari sia a buon prezzo è sfumata, ma molti leader continuano a credere che siano soprattutto le centrali nucleari a poter fornire la grande quantità di energia che considerano assolutamente necessaria a garantire la futura stabilità sociale. Sono convinti che quando le riserve di petrolio diminuiranno, un'industria nucleare ben consolidata servirà a impedirci di cambiare il nostro tenore di vita, e ci offrirà il mezzo per migliorare il tenore di vita di tutta la popolazione del mondo.

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