MOLFETTA - Rimuovere l’immagine stereotipata della Sicilia mafiosa e le convinzioni di cosa significhi essere siciliani sono gli obiettivi che Gaetano Savatteri, scrittore e giornalista che ha collaborato con il Tg3 e che appartiene alla redazione di ‘Matrix’, persegue nei suoi romanzi, ultimo dei quali intitolato ‘Non c’è più la Sicilia di una volta’, che viene presentato dall’autore stesso nella Galleria Patrioti molfettesi davanti alla libreria ‘Il Ghigno’ in occasione del quinto appuntamento del Festival ‘Storie Italiane’, organizzato dalla stessa libreria.
Dopo l’introduzione della prof.ssa Isa de Marco del “Ghigno”, spetta a Vito Santoro, docente di Letteratura e cinema presso l’Università degli studi di Bari ‘Aldo Moro’, dialogare con un autore che dimostra perizia nelle descrizioni dettagliate presenti nei suoi testi che, oltre a volgere lo sguardo sul territorio siciliano dal punto di vista geografico, lo attraversano anche dal punto di vista storico, culturale e sentimentale (Nella foto, Santoro, Isa de Marco e Savatteri).
A rappresentare il cambiamento sociale che ha caratterizzato la Sicilia a partire dal 92 è il protagonista del romanzo, Saverio Lamanna, il quale, una volta tornato in Sicilia, riscopre nella sua terra una prigione in quanto vi rimane disoccupato: ed è questa una metafora dell’alto tasso di disoccupazione siciliano e, più in generale, italiano.
Non è da dimenticare neanche che nel periodo compreso tra gli anni 70 e gli anni 90, in cui le stragi e le uccisioni erano pane quotidiano, la Sicilia non era il luogo ideale per sorridere: niente comici, niente barzellette, niente battute. Anni difficili da cui la Sicilia si è ripresa, ha avuto un riscatto: peccato che nessuno ne abbia parlato; si è fermi alle sconfitte di cui racconta Tomasi ne ‘Il Gattopardo’ e Sciascia nei suoi testi: ragion per cui Savatteri ha dato al suo romanzo il tono di una commedia che riuscisse a suscitare l’ilarità dei lettori e che permettesse ai siciliani di ritrovare la propria identità. Quell’identità che non è ferma agli anni precedenti, che non si limita ai cannoli o al dialetto, ma che rispecchi appieno l’essere siciliano.
Un aspetto importante su cui l’ autore ironizza è quello comunicativo: i giornalisti e gli addetti stampa presenti in ‘Non c’è più la Sicilia di una volta’ sono persone che comunicano molto senza dire nulla; in questo modo Savatteri vuole trasmettere che fare il giornalista sia più faticoso che fare il muratore.
‘Mi hanno rimproverato di aver inserito troppo dialoghi nel romanzo, che riscontra diverse affinità con una sceneggiatura, ma personalmente ritengo che la vita sia fatta di dialoghi, di conversazioni spontanee in cui non sono previste pause e ho voluto mostrare la realtà’.
Una realtà che va messa a nudo, che non prescinde da ciò che è stato già scritto; anche se si è già parlato di qualcosa, ed è questo il caso della Sicilia, bisogna parlarne ancora.
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Sara Fiumefreddo