Non a caso: libro a più voci per le vittime pugliesi di mafia
Il volume è stato presentato nelle scorse settimane presso il Museo Diocesano
MOLFETTA - Si è da poco conclusa un’apprezzata iniziativa nell’iniziativa “Rinascere dal dolore”, manifestazione promossa dall’AMEI, che ha visto la collaborazione della cooperativa FeArT, ente gestore del Museo Diocesano, di Libera e delle case editrici Nel Diritto Editore e lameridiana.
Quindici ha già narrato la genesi di questa iniziativa, legata all’opera-simbolo creata “Senza titolo” creata da Claudio Parmiggiani in onore di don Pino Puglisi e all’esposizione della scultura nelle sale del Museo Diocesano.
L’iniziativa ha visto altri due importnati appuntamenti: la presentazione del libro “Non a caso” e l’azione scenica “U parrinu”. In questa occasione Quindici si sofferma sulla presentazione del volume; in seguito si soffermerà sul coinvolgente spettacolo.
“Non a caso” è un libro a più voci, in cui si narrano quindici storie di persone uccise dalla mafia, per errore o perché non si sono voluti “girare dall'altra parte”.
Curatrice del volume, che vanta la prefazione di don Luigi Ciotti, è Daniela Marcone, vicepresidente di Libera nonché figlia di Francesco Marcone, direttore dell’Ufficio del Registro di Foggia, assassinato il 31 marzo 1995 perché ligio al dovere.
Daniela Marcone ha motivato la pubblicazione di questo libro affermando: «Sentivo che non c'era una elaborazione. Il settore Memoria di Libera ha la finalità di garantire il ricordo delle persone, diritto al ricordo è estremamente difficile da portare avanti. I familiari portavano avanti questo ricordo. Ciò che li univa era il dolore. Mi sono resa contro che era necessario iniziare a raccontare queste persone perché i loro sogni non andassero perduti».
«Necessaria una contestualizzazione seria di quanto accaduto con le mafie pugliesi – aggiunge – all'esterno della Puglia si conosce solo la Sacra Corona Unita (SCU) che, sia pure con delle differenze, è localizzata nel Salento. Poi ci sono il Gargano, il foggiano, il barese».
«Si crede che la mafia abbia un codice – prosegue – una sorta di codice d'onore, secondo il quale non uccidono né donne nè bambini, ma è falso».
«Ciò che mi ha ferito di più per la morte di mio padre – conclude amaramente – è stata l'indifferenza della comunità».
In effetti c’è molta confusione sul fenomeno mafioso in Puglia e non solo.
Antonio Pezzuto, nel volume, ha ricostruito una breve storia delle mafie in Puglia, tracciando una “mappa” del fenomeno mafioso.
«In realtà la SCU nasce con l'intento di espandersi in tutta la Puglia per contrastare l’avanzata dei napoletani di Cutolo, in realtà si installa solo in Salento e lambisce solo marginalmente la provincia di Taranto. Si formò anche la Famiglia Salentina Libera».
Pezzuto ha proseguito tracciando la storia di questa compagine mafiosa che, come le sue omologhe, lucra su pizzo, recupero crediti, Imposizione di servizio di guardiania. «Alcuni imprenditori "offrono" pagamenti prima che vengano richiesti per lavorare tranquillamente. In alcune aree i clan hanno messo le mani sul mercato ittico, in altre su giochi e scommesse».
Tra le storie narrate c’è quella di Giovanbattista Tedesco, vigilante all’acciaieria di Taranto ucciso nel 1989, poeticamente ripresa da Elisabetta Liguori. «Ho scoperto la storia dì G.B. Tedesco e ho lavorato d'istinto – ha spiegato – sono partita da una serie di suggestioni, dall’immagine di un righello quale emblema della rettitudine».
La vicenda evocata dai pensieri espressi per voce del figlio di Tedesco, tra l’altro, ha commosso i presenti anche grazie all’intensa interpretazione di Corrado Lagrasta del Teatro dei Cipis.
Anche Molfetta, però, è stata ferita da un lutto: l’omicidio del sindaco Gianni Carnicella il 7 luglio 1992. Un lutto, uno strappo che ha segnato un’intera generazione oltre che la città.
«È importante conservare la memoria – ha sottolineato Sergio Amato di Libera – ma lo è anche cercare di capire. Abbiamo una verità processuale ma c'è una verità storica che possiamo intuire, oltre quella processuale… quello che stava dando fastidio era, molto probabilmente, la politica di trasparenza e legalità che Carnicella stava operando ed era vista come un ostacolo dalla criminalità».
«Di questo Sindaco, di questa storia si sa pochissimo - ha aggiunto Daniela Marcone – siamo tutti responsabili. Spetta a noi, piano piano, ricucire questo strappo».
«Questo libro racconta gli “altri”, non i mafiosi – ha evidenziato Elvira Zaccagnino de Lameridiana – Pubblicare questo libro è una cosa che era giusto fare. È pensato per i ragazzi, per la scuola».
Un volume che cerca di ricostruire il vissuto di ognuno, di raccontarlo: «Se si raccontano solo i dati giudiziari, vengono fuori delle storie molto aride – ha aggiunto Elvira Zaccagnino – Il lavoro sulla memoria passa attraverso le emozioni».
E il volume riesce ad emozionare e a stimolare la coscienza critica di ciascuno.
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Autore: Isabella de Pinto