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Nino Freda ci ha lasciato all’improvviso Ex consigliere comunale dei “Comunisti italiani”
15 luglio 2001

All’improvviso, colpito da ictus, ci ha lasciato Nino Freda, 58 anni, sposato, due figlie, docente di educazione fisica ed ex consigliere comunale dei Comunisti italiani. Nino Freda è stato un personaggio particolare nello scenario politico locale. Comunista da sempre ha dedicato la sua vita allo sport e alla politica: fu tra i promotori del gruppo Manifesto a Molfetta, poi transitato nel Pdup, quindi nel Pci, successivamente in Rifondazione Comunista ed infine nei Comunisti italiani di Cossutta. Amico di tutti, anche degli avversari politici, con i quali, però, non scendeva mai a compromessi, Nino Freda (nella foto con Mimì Spadavecchia in una pausa del consiglio comunale) era benvoluto per il suo carattere gioviale e simpatico e soprattutto per la sua grande disponibilità e generosità, confermata al momento della morte con la donazione degli organi. Una camera ardente è stata allestita presso il Liceo Scientifico, la scuola dove insegnava. Nino Freda resterà un esempio di coerenza e di onestà per tanti giovani e un amico insostituibile per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e amarlo. Alla famiglia vanno le condoglianze del direttore e della redazione di “Quindici”. Un amico di “Quindici” Nino Freda era un amico del nostro giornale QUINDICI, che ha sostenuto e incoraggiato, ritenendolo uno strumento utile di dibattito e un importante mezzo di informazione per la crescita democratica della nostra città. E’ stato sempre prodigo di consigli e qualche volta di critiche. Era un vecchio amico, uomo buono, modello di onestà, coerenza politica e fedeltà a un ideale senza tentennamenti, né lusinghe di potere. In un panorama politico affollato di voltagabbana, il suo resta un esempio luminoso per tutti, soprattutto per i giovani che hanno molto da imparare dalla sua fede incrollabile e dalla sua grande generosità e altruismo, espressi fino all'ultimo con la donazione degli organi. Gli diciamo grazie per il sorriso che ha saputo regalare a tutti, anche nei momenti difficili. Ci mancherà. (fds) Un ricordo di Minguccio Bellifemine “Amico di tutti, con una grande umanità” Nino è venuto a mancare lunedì 16 luglio; è stato tumulato mercoledì. Ci siamo conosciuti alle scuole superiori nell’autunno del ’57: insieme una cavalcata di quarantatré anni, dai bisticci e dagli ardori degli adolescenti fino ai discorsi gravi sull’eutanasia per quando si sarebbe fatto sera per noi. Temeva l’agguato del destino, la forza misteriosa e incontrollabile che avrebbe potuto incatenarci ad un letto, ad una sedia a rotelle, magari muti, incapaci delle più banali e quotidiane azioni. Questo enigma l’ha risolto in ventiquattr’ore lui che odiava fanfare e messinscena. Con Nino e la comitiva abbiamo vissuto le difficoltà della scuola classista degli anni ’50 quando i figli dei lavoratori e degli artigiani si affacciavano a nuove responsabilità nella società italiana. La selezione era durissima, ci fecero neri ma resistemmo, uscimmo in pochi ma forti. Negli anni ’60 allievo sott’ufficiale alla scuola di Spoleto e il diploma ISEF tra studio, contestazioni e bisogno di libertà, conobbe la dolce Liliana, la compagna della sua vita che gli ha dato le due preziose figlie, Valeria e Silvana. Queste gioie familiari le ha sempre condivise. In amicizia e impegno politico non vedeva fratture, viveva con entusiasmo e spirito unitario. Il nostro percorso politico iniziò con coscienza dopo il fallito tentativo di Tambroni, nel 1960, di associare il MSI nel sostegno al governo. Sempre nella storia della Sinistra, non ci siamo più separati. Viveva la militanza con istinto e intelligenza e non c’è libro che possa insegnartelo. La battaglia per la giustizia, la verità, l’eguaglianza non l’aveva mummificato nella vecchia cultura. Sotto la spinta delle straordinarie relazioni che aveva intrecciato, aveva assimilato, fondendole, nuove culture. Attraverso Liliana, Valeria e Silvana oltre che dei tanti giovani che ha allevato a scuola, in palestra, sui campi sportivi, si era avvicinato con convinzione al mondo del volontariato. Per Nino, come per tanti di noi, la presenza di don Tonino Bello non è passata invano. Ma al centro di tutto c’era per lui l’organizzazione, il “partito comunista”, anche quando la spinta al rinnovamento a Molfetta, nella società italiana, ne aveva offuscato il ruolo. Ho faticato non poco per convincerlo ad uscire allo scoperto in politica, preferiva lavorare intensamente, con assoluta integrità morale, per la causa e per gli altri. È stato Consigliere Comunale, bravo e stimato. Nino aveva la rara capacità di rapportarsi con naturalezza, celiando con le battute, a cose, persone, animali di strada. L’idea che esistessero poveri e sfruttati lo feriva nella sua umanità perché riteneva che tutti abbiamo bisogno degli altri. Trovava le parole giuste per i bambini, i giovani, gli ambienti che frequentava. Trasformava i suoi molteplici interessi in “case”. La sua famiglia, il partito, la scuola, il Consiglio Comunale, il circolo del bridge, il supermercato, la strada era tutto trasformato in casa. Ormai ne parlavamo con poche parole; l’intesa nasceva dagli sguardi e dai silenzi significativi. Se però mi si chiede che cosa gli permetteva di unificare tanti mondi, la risposta sarebbe: il valore che attribuiva all’umanità. Ciao Nino, è finita prima la tua giornata, sappi però che hai donato con disinteresse più di quanto ti abbiano dato. Minguccio Bellifemine
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I partiti sono diventati nidi di vipere; devi guardarti alle spalle, essere attento, soprattutto quando rivesti una qualche responsabilità, a interpretare gli sguardi, le parole, le espressioni che i Soloni della politica e i Lenin imperituri ti ammanniscono; insomma robaccia: posso dire che questo non sia mai accaduto con Nino Freda. Le sue battute taglienti e le sue pernacchie valevano e valgono nel ricordo, mille volte di più delle analisi noiose, strampalate e strabocchevoli di chi riteneva e, putroppo, ritiene di essere stato scelto dal destino per segnarci la via. Nei momenti elettorali, quando occorreva perdere la faccia, perchè magari un partito piccolo non poteva pretendere più di tanto, Nino non si tirava mai indietro; qualche altro invece, per così dire, curava di più la propria immagine. Era un lottatore senza infingimenti, uno che passava ore e ore, nelle lunghissime riunioni della passata esperienza di maggioranza, a discutere con personaggi dal profilo politico-morale impresentabile e poi sbottava in un liberatorio: "Ma chi... me lo fa fare!. Esilaranti e perfette erano le imitazioni e il verso di non pochi tromboni politici, alleati ed avversari. E giù risate, quando proponeva efficacissime illustrazioni di tic e facce di resistibilissime pretese di grandezza di pensiero di alcuni politici locali. I voti -diceva- si conquistano salendo e scendendo i portoni. Era uno dei pochi che lo facesse, e in maniera pulita. Insieme a Mimì Spadavecchia, aveva il pregio di incazzarsi, mentre altri credevano, in ossequio a Machiavelli, che la politica dovesse essere una scienza, e come tale infarcita di misura, compostezza, immagine, strategie e tattiche. Tutte balle. Aveva il pregio di non prendersi troppo sul serio; conosceva benissimo gli appetiti politici e non, di coloro con i quali ci si confrontava, e in questo, almeno per me, è stato una maestro. Conosceva benissimo la storia e le questioni che agitavano l'esperienza Minervini, quella di Guglielmo ovviamente; ed era un piacere ascoltarlo nelle sue analisi, vere perchè vissute in prima persona, le quali poi divenivano racconti su vizi privati e pubbliche virtù della classe politica molfettese. Fu molto amareggiato, quando in uno degli ultimi consigli comunali, prima della crisi, un noto politico molfettese,nonchè unto del Signore, gli chiese: "Ma chi ti paga?" E Nino di rimando: "Io non sono mai stato sotto padrone; non so tu!" L'ho visto al funerale di Nino, avrebbe potuto risparmiargli la sua presenza. Ne sono certo, lo avrà sbeffeggiato nella sua personalissima maniera.
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